Riassunto:
La poesia contemporanea abbandona l’eteronomia tipica della
poesia tradizionale (cioè l’idea che il poeta debba comunicare, con i suoi
versi, un messaggio positivo ai lettori). Adotta invece una visione autonoma:
dal Simbolismo in poi essa esprime anzitutto un sentimento di disillusione, di
fragilità, di solitudine. Dunque la poesia novecentesca rinuncia alla
tradizionale figura del peota-vate: i poeti si sentono ora incapaci di offrire
messaggi validi per tutta la società; preferiscono defilarsi, denunciando i
falsi valori della cultura di massa. Persiste però, a tratti, un desiderio di
rintracciare segni di verità e di speranza nel grigiore della vita quotidiana.
Le scuole, gli autori e le opere
Fondatori della lirica contemporanea furono i simbolisti
francesi (Rimbaud, Mallarmé), eredi di Baudelaire. In Italia la funzione di
caposcuola venne assolta da Pascoli e in parte da D’Annunzio. A inizio
Novecento i crepuscolari e i lirici della Voce portarono importanti novità:
entrambi sperimentarono una poesia poco sonora e più vicina all’essenzialità.
In seguito si affermò la poesia rivoluzionaria di Ungaretti, che nell’Allegria
sperimentò una lirica fatta di nudità verbale e di sillabazione interiore della
parola. In Europa intanto si sviluppava una linea simbolista, che conduceva
ricerche di poesia pura (Valéry), testimoniando il malessere e il caos della
società contemporanea (Eliot). I più vicini al Simbolismo europeo furono gli
ermetici (Quasimodo, Luzi, il giovane Sereni). A loro si accostò il Montale
delle Occasioni e della Bufera. Estraneo all’Ermetismo rimase invece Saba, il
cui Canzoniere cercava una colloquialità più distesa e vicina alla concreta
realtà della vita quotidiana. Affine al modello di Saba fu la poesia di Sandro
Penna, la cui essenzialità e brevità però da vicino anche i modelli ermetici.
Le tecniche espressive
La poesia contemporanea rinuncia alle strofe tradizionali,
alle rime, all’eloquenza e alla retorica, ancora vive nell’Ottocento. Adotta di
preferenza il verso libero e più in generale un linguaggio allusivo, che
suggerisce appena, senza dichiarare. Poiché punta sull’essenzialità e la
brevità, valorizza molto immagini simboliche e figure retoriche quali
l’analogia e la metafora, che lasciano spazio all’immaginazione del lettore. In
tal modo la poesia novecentesca tende a crearsi una propria lingua speciale,
lontana dal linguaggio quotidiano e spesso difficile decifrazione.