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Ifigenia in Aulide, Euripide

In questo brano Ifigenia ha ormai scoperto il suo tragico destino e invoca, insieme alla madre e al piccolo fratello, pietà dal padre, irremovibile nella sua terribile decisione. E' il dramma del conflitto fra i sentimenti più intimi e personali e la ragion di Stato, che si impone alla volontà dei singoli individui e li piega alle sue necessità.

Riassunto della trama
Ifigenia è la sventurata figlie di Agamennone e di Clitennestra, coinvolta suo malgrado nelle vicende che preludono alla guerra di Troia. La flotta greca sta per salpare dal porto di Aulide, sotto il comando di Agamennone, per vendicare l'affronto di Paride, il rapitore della bellissima Elena, moglie di Menelao.
La dea Artemide, in collera con il re, fa spirare un vento contrario, che impedisce alla flotta di salpare. L'indovino Calcante, interpellato, annuncia che per placare la collera della dea è necessario sacrificare Ifigenia. Preso il pretesto di far sposare Ifigenia con Achille, Agamennone si fa raggiungere dalla famiglia in Aulide, dove, spinto dai suoi doveri di capo supremo della flotta greca, deve acconsentire al sacrificio della figlia. Inizialmente Ifigenia invoca pietà, ma poi accetta la sua sorte per il bene della Grecia. Proprio quando il sacrificio sta per consumarsi, Artemide salva la ragazza e la sostituisce con una cerva che viene sacrificata al suo posto.


Testo
Ifigenia: Se avessi, padre, la voce di Orfeo che incantava le pietre portandole appresso e con le parole stregassi chi voglio, lo fare; ma le parole sagge che io dico non possono altro che suscitare le lacrime. Io piego ai ginocchi tuoi, supplice il mio corpo che un giorno mia madre ti partorì; non m'uccidere prima del tempo; dolce è vedere la luce, non mi costringere a vedere le cose sottoterra.
Per prima io t'ho chiamato padre e tu figlia, per prima seduta sui tuoi ginocchi, ho dato e ricevuto soavi tenerezze; e tu dicevi: Ti vedrò, o figlia, felice nella casa di un uomo degno di noi vivere un giorno, e fiorire?.
E a mia volta, sospesa al tuo collo che ora tocco con la mano: Ed io t'accoglierò nella mia casa, vecchio, con dolci abbracci e ti ricambierò la fatica d'avermi cresciuta. Io di questo conservo memoria, tu l'hai perduta e vuoi darmi la morte...
Guardami dunque, e dammi un bacio perché morendo abbia di te un ricordo se non vuoi dare retta a ciò che dico.
Fratello, per quanto piccino, soccorri i tuoi cari e piangi insieme a me, supplica il padre che tua sorella non muoia. Anche i bimbi hanno un sentore dei mali. Guarda; tacendo ti prega, o padre, anche lui, abbi pietà di me, risparmiami. In due t'imploriamo, io già grande lui piccolo; ti stiamo entrambi cari...

Agamennone: Io conosco ciò che ispira pietà e il contrario; io amo i miei figli, non sono pazzo; osare queste cose è atroce per me; atroce anche non osarle; devo. Tu vedi questo esercito di navi e i capi degli Achei cinti di bronzo che non avranno libero il passaggio a Troia, se io non t'uccido, come dice Calante, e non potranno espugnare la nobile città.
Un amore folle ha preso l'esercito greco di navigare al più presto alla terra dei barbari e far smettere tosto i rapimenti di donne greche. Se non rispettassi i voleri d'Artemide, a me e voi darebbero morte, e all'altre mie figlie, là in Argo. Non sono già schiavo di Menelao non ho accondisceso ai suoi voleri, ma l'Ellade tuta, ch'io voglia e non voglia, m'impone d'ucciderti: di essa io sono più debole.
Bisogna per quanto sta in noi, che essa sia libera e i Greci non stiano sotto i barbari, le loro donne non siano rapite di forza.
(Agamennone esce bruscamente).

Clitennestra: O figlia, o me misera per la tua morte, ti sfugge il padre e ti abbandona ad Ade.

Ifigenia: Ahimé, madre... non c'è più luce per me, non più il raggio del sole.

Da   Euripide, Ifigenia in Aulide, trad. di G. Paudano, Sansoni



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