Trama:
Il racconto la lettera U (Manoscritto d'un pazzo) costituisce uno degli esempi più interessanti della narrativa scapigliata e della sua speciale attenzione alle situazioni assurde, abnormi, marginali.
Il protagonista soffre di una devastante ossessione, che lo terrorizza ogniqualvolta ha a che fare con la lettera U. Ogni tentativo di superare questo stato di incubo risulterà vano e il personaggio, divenuto pazzo, morirà in manicomio. Il racconto viene presentato sotto forma di diario manoscritto, in modo da proporre una storia vera, spiegabile scientificamente (o quanto meno, documentabile) pur nella sua assurdità. La scrittura di Tarchetti riproduce fedelmente la crescente alienazione del protagonista: l’ossessività delle ripetizioni e l’introduzione di una rilevante innovazione grafica, la riproduzione della lettera U in grandezze differenti, corrispondono allo sviluppo dell’ossessione nella psiche.
Temi: la rivelazione del lati più abnormi e terrificanti di realtà in apparenza comuni, l’emergere dell’allucinazione e della follia, l’impossibilità di condurre un’esistenza normale.
Analisi del testo
Il racconto narra la vicenda di un uomo divenuto folle a causa dell’ossessiva presenza, nella sua vita, dell’odiata lettera U. Egli concepisce per questa vocale un’avversione tale da abbandonare una dopo l’altra tre donne, che pure amava, colpevoli però di portare un nome nel quale figura la U. Alla fine l’uomo si rassegna: ne sposa una, Ulrica, fiducioso di poterla convincere, un giorno, a cambiare nome. Non ci riesce, però. E allora colpisce rabbiosamente la moglie, fino a essere ricoverato in un manicomio, dove si spegnerà senza più vincere questa ossessione per la U.
Proprio all’inizio del racconto la serie di domande ci rivela subito la condizione alterata dell’io narrante. Man mano che la narrazione procede, l’alterazione diviene vera e propria ossessione psichica. La scrittura riproduce tale ossessione ripetendo i medesimi aggettivi e infittendo le domande. Sono espedienti con i quali l’io narrante vuole portare il suo interlocutore, il potenziale lettore del suo manoscritto, sul suo stesso terreno, mostrandogli tutti gli orrori provocati dalla lettera U: precisamente tale movimento di ricerca di consenso caratterizza la prima parte del racconto.
Nella seconda parte, l’io narrante passa a raccontare la propria vita: l’obiettivo, qui, non è più far aderire il lettore alle proprie convinzioni, quanto mostrare il crescere del terrore per la lettera U. La narrazione assume tratti paradossali e grotteschi, come rivela la scelta della moglie in rapporto al nome. Nel finale il protagonista raggiunge l’apice della follia: arriva a ergersi a salvatore (incompreso) del mondo, considerando ingrati coloro che non lo capiscono e lo giudicano pazzo. Perciò le frase diventano sentenziose e perentorie; si moltiplicano inoltre i punti esclamativi, già ampiamente ricorrenti nella prima parte del racconto.
Importante è poi l’ultima frase: il narratore esterno riprende il sopravvento e riporta il racconto a una dimensione di normalità. Il punto di vista è ora quello scientifico, di chi annota tutta l’infelicità connessa a una condizione di malattia mentale: la secchezza dell’osservazione sembra quella del medico che chiude la cartella clinica. Non c’è spazio per alcuna ironia.
Il racconto la lettera U (Manoscritto d'un pazzo) costituisce uno degli esempi più interessanti della narrativa scapigliata e della sua speciale attenzione alle situazioni assurde, abnormi, marginali.
Il protagonista soffre di una devastante ossessione, che lo terrorizza ogniqualvolta ha a che fare con la lettera U. Ogni tentativo di superare questo stato di incubo risulterà vano e il personaggio, divenuto pazzo, morirà in manicomio. Il racconto viene presentato sotto forma di diario manoscritto, in modo da proporre una storia vera, spiegabile scientificamente (o quanto meno, documentabile) pur nella sua assurdità. La scrittura di Tarchetti riproduce fedelmente la crescente alienazione del protagonista: l’ossessività delle ripetizioni e l’introduzione di una rilevante innovazione grafica, la riproduzione della lettera U in grandezze differenti, corrispondono allo sviluppo dell’ossessione nella psiche.
Temi: la rivelazione del lati più abnormi e terrificanti di realtà in apparenza comuni, l’emergere dell’allucinazione e della follia, l’impossibilità di condurre un’esistenza normale.
Analisi del testo
Il racconto narra la vicenda di un uomo divenuto folle a causa dell’ossessiva presenza, nella sua vita, dell’odiata lettera U. Egli concepisce per questa vocale un’avversione tale da abbandonare una dopo l’altra tre donne, che pure amava, colpevoli però di portare un nome nel quale figura la U. Alla fine l’uomo si rassegna: ne sposa una, Ulrica, fiducioso di poterla convincere, un giorno, a cambiare nome. Non ci riesce, però. E allora colpisce rabbiosamente la moglie, fino a essere ricoverato in un manicomio, dove si spegnerà senza più vincere questa ossessione per la U.
Proprio all’inizio del racconto la serie di domande ci rivela subito la condizione alterata dell’io narrante. Man mano che la narrazione procede, l’alterazione diviene vera e propria ossessione psichica. La scrittura riproduce tale ossessione ripetendo i medesimi aggettivi e infittendo le domande. Sono espedienti con i quali l’io narrante vuole portare il suo interlocutore, il potenziale lettore del suo manoscritto, sul suo stesso terreno, mostrandogli tutti gli orrori provocati dalla lettera U: precisamente tale movimento di ricerca di consenso caratterizza la prima parte del racconto.
Nella seconda parte, l’io narrante passa a raccontare la propria vita: l’obiettivo, qui, non è più far aderire il lettore alle proprie convinzioni, quanto mostrare il crescere del terrore per la lettera U. La narrazione assume tratti paradossali e grotteschi, come rivela la scelta della moglie in rapporto al nome. Nel finale il protagonista raggiunge l’apice della follia: arriva a ergersi a salvatore (incompreso) del mondo, considerando ingrati coloro che non lo capiscono e lo giudicano pazzo. Perciò le frase diventano sentenziose e perentorie; si moltiplicano inoltre i punti esclamativi, già ampiamente ricorrenti nella prima parte del racconto.
Importante è poi l’ultima frase: il narratore esterno riprende il sopravvento e riporta il racconto a una dimensione di normalità. Il punto di vista è ora quello scientifico, di chi annota tutta l’infelicità connessa a una condizione di malattia mentale: la secchezza dell’osservazione sembra quella del medico che chiude la cartella clinica. Non c’è spazio per alcuna ironia.