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Riassunto: L'Iliade, Omero


L'Iliade, scritta mescolando leggende e ricordi di un lontano passato tramandati grazie al costume di aedi o cantori di andare di città in città a cantare le imprese degli eroi e degli dei, è un poema in 24 libri che narra gli ultimi giorni della guerra combattuta dagli anche (i greci) contro Ilio (nome greco della città di Troia).


L'antefatto
Secondo gli storici, la guerra di Troia ebbe luogo perché questa città, dominando l'estremità nord-occidentale dell'Asia Minore, costituiva un grave ostacolo per l'espansione della potenza militare e commerciale dei greci, in atto nel XIII secolo a.C. verso l'Asia Minore e il mar Nero. Fu proprio per liberarsi del controllo dei troiani che gli achei, sotto la guida del re di Micene, iniziarono la lunga lotta che si concluse con la caduta e la distruzione di Troia.
Nell'Iliade invece si fa risalire l'origine della guerra di troia a fatti leggendari.
La Terra, oppressa dal peso di troppi uomini, si rivolse a Zeus perché l'alleggerisse di tanto peso. Il padre degli dei fece scoppiare una guerra contro Tebe che provocò la morte di molti uomini, troppi però ne restavano ancora. Allora Zeus colpì la Terra con fulmini e inondazioni, ma gli fu suggerito che per provocare guerre e morti fra gli uomini sarebbe bastata una bellissima donna. Ecco in che modo.
Durante il banchetto di nozze di Teti, ninfa marina, e Peleo, re della Tessaglia, la Discordia, dea non invitata alle nozze, gettò sulla mensa una mela d'oro con la scritta alla più bella.
Era, Atena, e Afrodite si contesero la mela, considerandosi ciascuna superiore alle altre in bellezza.
Poiché nessun dio voleva essere arbitro della contesa, Zeus decise che avrebbe pronunciato il giudizio un mortale, Paride, figlio del re di Troia Priamo e di Ecuba, che appena nato, era stato abbandonato sul monte Ida, perché un oracolo aveva predetto che sarebbe stato causa della rovina della città. Paride, cresciuto come pastore e ignaro delle sue origini, interpellato, mentre pascolava il suo gregge, dalle tre dee splendenti e bellissime, assegnò la mela ad Afrodite che gli aveva promesso la più bella tra le donne mortali, Elena. Era e Atena, che gli avevano promesso rispettivamente il potere e la saggezza, escluse dalla scelta, giurarono di vendicarsi.
Paride, recatosi a troia e fattosi riconoscere dal padre, fu inviato per un'ambasciata a Sparta; qui fece innamorare, con l'aiuto di Afrodite, la bella Elena, moglie di Menelao, re di Sparta, e la persuase a seguirlo a Troia. Per vendicare l'offesa fatta a Menelao dichiararono guerra a Troia tutti i re greci, tra cui il re di Micene Agamennone, fratello del re offeso, che prese il supremo comando della spedizione; Achille, il più forte dei greci; il re di Salamina Aiace Telamonio; Diomede, re di Argo; Ulisse, re di Itaca; Patrclo, amico indivisibile di Achille e Nestore, re di Pilo, il più vecchio e assennato dei greci.
Ulisse non avrebbe voluto andare alla guerra per non lasciare soli la sposa Penelope e il figlioletto Telemaco, si era finto pazzo, ma Palamede, re d'Eubea, aveva svelato la finzione mettendogli davanti all'aratro il piccolo Telemaco. Ulisse poi, insieme con Diomede, aveva smascherato Achille, nascosto dalla madre, che sapeva che a Troia avrebbe perso al vita, in vesti femminili tra le figlie del re di Sciro.
Camuffato da mercante, Ulisse aveva mostrato alle fanciulle monili, gioielli e armi; Achille aveva svelato la sua identità afferrando subito con forza una spada.
Riuniti gli achei nel porto di Aulide, per ottenere dagli dei propizi alla partenza della flotta, Agamennone acconsentì a sacrificare alla dea Artemide la figlia Ifigenia, sostituita all'ultimo momento dalla stessa dea con una cerva. Giunti nella Troade, i greci si accamparono sul lido antistante la città.


La vicenda
Durante il decimo e ultimo anno di guerra, mentre gli achei sono accampati sulla spiaggia di fronte a Troia (Ilio) che resiste all'assedio, tra il valoroso Achille, capo dei mirmidoni, e Agamennone, il comandante della spedizione, scoppia un'aspra contesa: Agamennone pretende che gli venga data Briseide, schiava di Achille, in sostituzione della sua schiava Criseide che è costretto a restituire al padre Crise, sacerdote di Apollo, per far cessare una terribile pestilenza scatenata dal dio nel campo acheo. Achille, sconvolto dall'ira, si ritira nella sua tenda rifiutandosi di continuare a combattere. Si lamenta poi dell'affronto subito con la madre, la dea marina Teti, che prega Zeus di vendicare il figlio favorendo i troiani.
Achei e troiani tornano a combattere: tra gli eroi greci si distinguono per il valore delle imprese Menelao, Aiace, Diomede e Odisseo (Ulisse) e tra i troiani Paride ed Ettore, primogenito di Priamo, re di Troia, il più valoroso difensore di Ilio.
Guidati da Ettore, i troiani sconfiggono ripetutamente i loro avversari respingendoli fino alle navi.
Dopo che sono giunti ad appiccare il fuoco ad alcune di queste, Patroclo, il più caro amico di Achille, lo supplica perché gli permetta di scendere in battaglia indossando le sue armi, sicuro di seminare il terrore tra i nemici facendosi credere Achille.
Nella terrificante armatura dell'amico, Patroclo fa strage di troiani e, dimenticando ogni prudenza nell'esaltazione della lotta, affronta Ettore, che lo uccide e lo spoglia delle armi.
Disperato per la morte dell'amico e deciso a vendicarlo, Achille torna in battaglia con indosso nuove armi fabbricate per lui dal dio Efesto  e semina morte fra i nemici, i quali cercano rifugio dentro le mura della città.
Ettore, solo, fronteggia con coraggio Achille in un terribile duello, ma soccombe di fronte alla forza del guerriero acheo e al volere del Fato. Ucciso Ettore, Achille fa scempio del suo cadavere trascinandolo per tre volte, legato al suo carro, intorno alle mure di Troia, sotto gli occhi di Ecuba e Priamo.
Questi, distrutto dal dolore, si reca nella tenda di Achille con ricchi doni per riscattare il cadavere del figlio e dargli una degna sepoltura.
Achille, commosso dalle parole accorate di Priamo che gli ricorda il vecchio padre Peleo, accetta la richiesta e si intrattiene con lui in un banchetto ospitale.
Le solenni onoranze  funebri in onore di Ettore chiudono il poema.
Su Troia incombe ormai la rovina.



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