di Carlo Emilio Gadda
Riassunto:
Sei tratti o capitoli del romanzo uscirono sulla rivista Letteratura tra il 1946-47. Per insistenza dell’editore Livio Garzanti, Gadda riprese l’opera nel 1955 e la rielaborò, pur senza contemplarla; l’edizione in volume uscì nel 1957. Siamo a roma, al tempo del fascismo. Si parte da un furto di gioielli, perpetrato ai danni della contessa Menegazzi; a esso segue, pochi giorni dopo, un misterioso omicidio. Entrambi i delitti, che potrebbero essere collegati tra loro, avvengono nel Marzo 1927 in un condominio borghese di via Merulana 219, vicino al Colosseo: uno di quei palazzi dove abitano i pescicani, gente arricchitasi con i commerci illegali durante la Prima guerra mondiale. La vittima è Liliana Balducci, non più giovanissima ma ancora piacente, ritrovata con la gola tagliata nel suo appartamento. E’, o meglio era, una conoscente di famiglia del commissario dottor Francesco (Ciccio) Ingravallo, molisano, giovane e stimato funzionario comandato alla mobile, già incaricato dalle indagini per il furto, dovrà ora indagare anche sull’omicidio. All’inizio Ingravallo sospetta del cugino della vittima, Valdarena; poi però lo scagiona. Le ricerche si soffermano allora sulle numerose giovani donne di cui Liliana, non potendo avere figli, amava circondarsi: nipoti adottate e domestiche, sulle quali riversava attenzioni materne e un po’ morbose. L’indagine, così, si allarga dall’ambiente borghese al mondo povero e colorito della periferia romana. L’ultimo capitolo mostra una perquisizione nella catapecchia di Assunta Crocchiapani, ultima cameriera in casa Balducci. Bella e impudente, Assunta rigetta le accuse che Ingravallo le muove; qui termina il romanzo.
Grazie alla trama poliziesca, il Pasticciaccio fu il primo libro a rendere Gadda popolare presso i lettori. Ma la scelta del genere giallo rispondeva non tanto al desiderio di un intreccio avventuroso e ricco di suspence, quanto all’esigenza di mostrare la complessità ( e la sostanziale inconoscibilità) della vita e del mondo. Per Gadda, dice il critico Gian Carlo Roscioni, scrivere un romanzo equivale ad aprire un istruttoria, a indagare le ragioni di una cospirazione (di circostanze più che di individui), a dipanare una matassa di intricati e interrelati incidenti. Perciò l’immagine di Ingravallo è un inchiesta conoscitiva sulla realtà, allargata a 360 gradi per inseguire le infinite diramazioni delle cose (in particolare, i gioielli della Menegazzi), senza però pervenire alla conclusione. Non si saprà mai che ha assassinato la signora Liliana: risolvere il mistero e individuare il colpevole significherebbe mettere ordine nell’inestricabile guazzabuglio della realtà, cosa del tutto impossibile. Così come ciascun avvenimento ha non una causa, ma infinite concause, il delitto di via Merulana non ha un solo autore, ma molti: da Mussolini (che, con la sua demenziale politica di ordine pubblico, determina il contesto del delitto) ai vicini di casa della vittima, dai parenti ai conoscenti, ai conoscenti dei conoscenti… La storia è la realtà rimangono labirintiche, inafferrabili, anche se, al fondo del racconto, resiste la nostalgia dell’ordine e del bene originario: è ciò che accomuna Ingravallo al suo autore.
La narrazione riveste anche un chiaro intento politico: la vicenda è ambientata nella Roma fascista, tra numerosi riferimenti satirici al regime, beffeggiato attraverso le allusioni a un Buce (il Duce) privo di stile e intelligenza, definito via via gallinaccio, testa di morto in bombetta o in pennacchi, quer tale nato scemo. L’elemento satirico investe, oltre alla politica, la vita quotidiana con i suoi numerevoli personaggi: i pescicani e i ladruncoli, le persone della buona borghesia e i venditori del mercato, lo stesso commissario e i suoi poliziotti.
La scintillante, divagante prosa di Gadda sdoppia e triplica i piani delle cose, adeguandosi pienamente al pasticciaccio del titolo, nodo o groviglio o gnommero (gomitolo in romano) come lo ha chiamato l’autore. Esso è metaforicamente sia l’omicidio ce si è consumato in via Merulana sia il caos della realtà, percepibile anche sul piano linguistico: la confusione davvero espressionistica, dei dialetti e degli eventi valorizza per lo più le tinte grottesche, laddove nella Cognizione, il registro dominante era quello lirico-tragico.
SOPRALLUOGO SULLA SCENA DEL DELITTO da “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, capitolo 2
Il brano si articola attorno a 4 nuclei narrativi.
1. Il commissario Ciccio Ingravallo viene informato dell’assassinio della signora Balducci: il cadavere è stato ritrovato dal cugino e giace ancora disteso sul pavimento di casa.
2. Il commissario giunge in via Merulana, dove si è radunata una piccola folla, e sale nell’appartamento.
3. Segue l’accurata descrizione del cadavere insanguinato della vittima: la signora Balducci giace supina e gli abiti le lasciano scoperta buona parte del corpo; spica una profonda ferita d’arma da taglio alla gola.
4. Ingravallo sgrida gli agenti, perché qualcuno ha sparso il sangue della vittima sul parquet tutt’attorno.
Il sopralluogo del commissario non è semplicemente un atto dovuto, una routine professionale. E’ un gesto che produce in lui sofferenza e pietà. Egli conosceva la vittima, e non solo: forse ne era, o ne era stato l’amante. Adesso osserva il corpo seminudo della donna con rimpianto, con desiderio, ma anche conoscendo una sorda rabbia verso l’assassinio. Nulla lascia indifferente Ingravallo: la passione che egli mette nel suo lavoro, così come lo sforzo di osservare le cose con razionalità, sono le stesse qualità con cui il romanziere indaga la vita e il mondo degli uomini. Fin da questa pagina intuiamo che nulla sfugge all’occhio indagatore del protagonista del romanzo. Il suo è però uno sguardo analitico più che sintetico, portato a cogliere i mille aspetti della realtà, più che a stringere quei particolari in una coerente visione d’assieme. Questo aspetto sarà caratteristico dell’intero racconto.
Riassunto:
Sei tratti o capitoli del romanzo uscirono sulla rivista Letteratura tra il 1946-47. Per insistenza dell’editore Livio Garzanti, Gadda riprese l’opera nel 1955 e la rielaborò, pur senza contemplarla; l’edizione in volume uscì nel 1957. Siamo a roma, al tempo del fascismo. Si parte da un furto di gioielli, perpetrato ai danni della contessa Menegazzi; a esso segue, pochi giorni dopo, un misterioso omicidio. Entrambi i delitti, che potrebbero essere collegati tra loro, avvengono nel Marzo 1927 in un condominio borghese di via Merulana 219, vicino al Colosseo: uno di quei palazzi dove abitano i pescicani, gente arricchitasi con i commerci illegali durante la Prima guerra mondiale. La vittima è Liliana Balducci, non più giovanissima ma ancora piacente, ritrovata con la gola tagliata nel suo appartamento. E’, o meglio era, una conoscente di famiglia del commissario dottor Francesco (Ciccio) Ingravallo, molisano, giovane e stimato funzionario comandato alla mobile, già incaricato dalle indagini per il furto, dovrà ora indagare anche sull’omicidio. All’inizio Ingravallo sospetta del cugino della vittima, Valdarena; poi però lo scagiona. Le ricerche si soffermano allora sulle numerose giovani donne di cui Liliana, non potendo avere figli, amava circondarsi: nipoti adottate e domestiche, sulle quali riversava attenzioni materne e un po’ morbose. L’indagine, così, si allarga dall’ambiente borghese al mondo povero e colorito della periferia romana. L’ultimo capitolo mostra una perquisizione nella catapecchia di Assunta Crocchiapani, ultima cameriera in casa Balducci. Bella e impudente, Assunta rigetta le accuse che Ingravallo le muove; qui termina il romanzo.
Grazie alla trama poliziesca, il Pasticciaccio fu il primo libro a rendere Gadda popolare presso i lettori. Ma la scelta del genere giallo rispondeva non tanto al desiderio di un intreccio avventuroso e ricco di suspence, quanto all’esigenza di mostrare la complessità ( e la sostanziale inconoscibilità) della vita e del mondo. Per Gadda, dice il critico Gian Carlo Roscioni, scrivere un romanzo equivale ad aprire un istruttoria, a indagare le ragioni di una cospirazione (di circostanze più che di individui), a dipanare una matassa di intricati e interrelati incidenti. Perciò l’immagine di Ingravallo è un inchiesta conoscitiva sulla realtà, allargata a 360 gradi per inseguire le infinite diramazioni delle cose (in particolare, i gioielli della Menegazzi), senza però pervenire alla conclusione. Non si saprà mai che ha assassinato la signora Liliana: risolvere il mistero e individuare il colpevole significherebbe mettere ordine nell’inestricabile guazzabuglio della realtà, cosa del tutto impossibile. Così come ciascun avvenimento ha non una causa, ma infinite concause, il delitto di via Merulana non ha un solo autore, ma molti: da Mussolini (che, con la sua demenziale politica di ordine pubblico, determina il contesto del delitto) ai vicini di casa della vittima, dai parenti ai conoscenti, ai conoscenti dei conoscenti… La storia è la realtà rimangono labirintiche, inafferrabili, anche se, al fondo del racconto, resiste la nostalgia dell’ordine e del bene originario: è ciò che accomuna Ingravallo al suo autore.
La narrazione riveste anche un chiaro intento politico: la vicenda è ambientata nella Roma fascista, tra numerosi riferimenti satirici al regime, beffeggiato attraverso le allusioni a un Buce (il Duce) privo di stile e intelligenza, definito via via gallinaccio, testa di morto in bombetta o in pennacchi, quer tale nato scemo. L’elemento satirico investe, oltre alla politica, la vita quotidiana con i suoi numerevoli personaggi: i pescicani e i ladruncoli, le persone della buona borghesia e i venditori del mercato, lo stesso commissario e i suoi poliziotti.
La scintillante, divagante prosa di Gadda sdoppia e triplica i piani delle cose, adeguandosi pienamente al pasticciaccio del titolo, nodo o groviglio o gnommero (gomitolo in romano) come lo ha chiamato l’autore. Esso è metaforicamente sia l’omicidio ce si è consumato in via Merulana sia il caos della realtà, percepibile anche sul piano linguistico: la confusione davvero espressionistica, dei dialetti e degli eventi valorizza per lo più le tinte grottesche, laddove nella Cognizione, il registro dominante era quello lirico-tragico.
SOPRALLUOGO SULLA SCENA DEL DELITTO da “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, capitolo 2
Il brano si articola attorno a 4 nuclei narrativi.
1. Il commissario Ciccio Ingravallo viene informato dell’assassinio della signora Balducci: il cadavere è stato ritrovato dal cugino e giace ancora disteso sul pavimento di casa.
2. Il commissario giunge in via Merulana, dove si è radunata una piccola folla, e sale nell’appartamento.
3. Segue l’accurata descrizione del cadavere insanguinato della vittima: la signora Balducci giace supina e gli abiti le lasciano scoperta buona parte del corpo; spica una profonda ferita d’arma da taglio alla gola.
4. Ingravallo sgrida gli agenti, perché qualcuno ha sparso il sangue della vittima sul parquet tutt’attorno.
Il sopralluogo del commissario non è semplicemente un atto dovuto, una routine professionale. E’ un gesto che produce in lui sofferenza e pietà. Egli conosceva la vittima, e non solo: forse ne era, o ne era stato l’amante. Adesso osserva il corpo seminudo della donna con rimpianto, con desiderio, ma anche conoscendo una sorda rabbia verso l’assassinio. Nulla lascia indifferente Ingravallo: la passione che egli mette nel suo lavoro, così come lo sforzo di osservare le cose con razionalità, sono le stesse qualità con cui il romanziere indaga la vita e il mondo degli uomini. Fin da questa pagina intuiamo che nulla sfugge all’occhio indagatore del protagonista del romanzo. Il suo è però uno sguardo analitico più che sintetico, portato a cogliere i mille aspetti della realtà, più che a stringere quei particolari in una coerente visione d’assieme. Questo aspetto sarà caratteristico dell’intero racconto.