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Riassunto: Eugen Onegin, Puskin


In chiave sottilmente ironica, Puskin ci fa la descrizione della vita arida e fatua del <<giovin signore>>. Eugenio Onieghin, annoiato di tutto e di tutti, impegnato soltanto a compiere, con grazia e finezza, quelle mosse previste dalla vita e del bel mondo, l'unico capace di consacrare eroe anche chi può sfoggiare soltanto una brillante superficialità.
Il tono del brano è caratterizzato da una lieve ironia che però non è tutto il romanzo che, anzi, è una seria descrizione della società russa, in particolare della piccola nobiltà, con frequenti allusioni, ma senza polemica, al mondo popolare e contadino.
E' importante ricordare che, nella lingua originale, il romanzo è in versi.
La figura di Eugenio Onieghin ha molte somiglianze con il giovin signore del Parini, ma in lui prevale soprattutto l'aristocratica apatia che lo rende incapace di compiere azione buone e cattive. L'eroe pariniano lo abbiamo visto frenetico nelle sue giornate impegnatissime di obblighi socialei che, pur nella loro inutilità, lo fanno sentire attivo e vitale. Onieghin è apatico, abulico, un uomo inutile come ne vedremo molti nei romanzi della generazione del tardo Ottocento, pago della sua ignoranza e impegnato soltanto ad apparire superficialmente assai migliore di quello che è. Anche la sua arte amatoria, che Puskin modellò sul Don Giovanni di Byron, è ricca di piccoli espedienti da salotto, capace dei più bassi pettegolezzi e delle più insidiose adulazioni, manca però di autentici impeti passionali.
La narrazione è condotta sempre con tono rapido, senza indulgere nei particolari, ma con la sicurezza di ritrarre dal vero ambienti, mentalità, abitudini di una precisa classe sociale, quella della jeunesse dorèe di Pietrourgo che Puskin stesso frequentava. Si può ben dire che Puskin è già un abile e distaccato osservatore della realtà, e in questo senso la sua opera segna il superamento dei canoni rigidamente romantici, per orientarsi verso un più concreto e disincantato realismo. Ne è testimonianza il brano presentato dove il tono ironico rende più agile, distaccata e obbiettiva la descrizione.


Abbiamo premesso che Puskin è un poeta che ama attingere alle tradizioni popolari della Russia, ma sa anche interpretare le aspirazioni del momento storico in cui si vive. Di questo abbiamo un esempio nella seguente breve lirica, scritta nel 1826, all'indomani del moto decabrista a cui il poeta non poté partecipare, ma di cui condivise le idee. Egli si rivolge ai deportati nelle miniere della Siberia per elogiarne gli ideali e incoraggiarne la speranza: un giorno il loro sacrificio avrà la giusta ricompensa nella conquista della libertà e della fraternità per tutti gli uomini.

Testo "Nel profondo delle miniere"
Nel profondo delle miniere siberiane
conservate la superba pazienza,
non sarà vana la vostra dolorosa fatica
e l'alta aspirazione dei pensieri.

Della sventura sorella fedele,
la speranza nell'oscuro sottosuolo
sveglierà l'ardire e l'allegria,
giungerà il momento desiderato:

L'amore e l'amicizia fino a voi
arriveranno attraverso i cupi catenacci,
come nelle vostre tane d'ergastolo
arriva la mia libera voce.

I pesanti ceppi cadranno;
le prigioni crolleranno - e la libertà
vi accoglierà gioiosamente all'uscita,
e i fratelli vi renderanno la spada.



Analisi del testo
L'interpretazione dei versi può essere chiarita in chiave allegorica: i sentimenti di solidarità e di amicizia non conoscono confini e ostacoli e possono arrivare ai prigionieri dovunque. Ma i versi si possono riferire anche al fatto ch il poeta fece recapitare realmente questa lirica ai deportati, tramite la principessa Maria Volkonskaja che raggiunse il marito in Siberia; in questo senso le parole acquistano un significato più concreto.



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