Commento:
Ugo Foscolo scrisse questo sonetto circa un anno dopo la morte del fratello Giovanni Dionigi che, non avendo potuto soddisfare un debito di gioco, l'8 dicembre del 1801 si era suicidato a Venezia. Il tragico avvenimento lasciò nell'animo del poeta una profonda ferita che le vicende della sua vita di esule resero sempre più dolorosa. Nei versi che ora leggiamo egli dà voce al suo immenso sconforto non solo per la immatura morte del fratello, ma anche perché le avverse circostanze, gli vietano di recarsi presso la sua tomba e di consolare la vecchia madre rimasta sola. Gli effetti domestici da lui fortemente sentiti lo trascinarono alla sconsolata constatazione dell'amaro destino che lo incalza: vede la sua vita contrastata dagli stessi affanni che portarono Giovanni al suicidio e desidera anch'egli trovare pace nella morte. Dal suo cuore son cadute tutte le speranze ed egli prega le <<straniere genti>>, fra cui morrà, di restituire le sue ossa alla madre mesta.
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