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Odissea Libro XIX - Analisi temi e personaggi

Analisi dei temi trattati, il tempo, lo spazio, il narratore e descrizione dei personaggi del diciannovesimo libro dell'Odissea.

I temi

Tema centrale del canto è il riconoscimento: l’anziana nutrice Euriclea, grazie alla cicatrice di un’antica ferita di caccia del giovane Odisseo, riconosce nel mendico l’eroe ritornato: la vecchia nutrice, depositaria della memoria familiare e garanzia della continuità della casa, nella quale è sempre vissuta, riporta alla luce un momento della giovinezza di Odisseo, e quindi compie il primo passo verso il riconoscimento e la conquista dell’identità, che sarà completata dal particolare del
talamo nuziale (libro 23). Il diciannovesimo libro è però caratterizzato anche dalla preparazione della vendetta, la Mnesterophonìa, il fulcro di questa parte dell’opera. L’accumularsi di comportamenti oltraggiosi dei pretendenti, la tristezza di Penelope, i discorsi di Odisseo, che appaiono falsi al lettore (e al pubblico antico) preparano il momento dello svelamento, e quindi la vendetta, in un crescendo di attesa dell’evento.



Il narratore

A mano a mano che la vendetta si avvicina, il narratore esterno introduce alcuni elementi significativi, con una sapiente regia: così accentua la suspense nel dialogo tra Penelope e Odisseo, e prefigura lo scioglimento della vicenda nell’episodio di Euriclea, allentando la tensione sul finire del libro. Tuttavia, Odisseo stesso, continuando a inventare racconti sulla sua identità (come narratore di secondo grado), non rinuncia a presentarsi in prima persona, costruendosi un’identità falsa che deve, ancora una volta, salvarlo nel presente e garantirgli in un futuro ormai imminente uno svelamento pieno e sicuro.



Lo spazio

Le scene sono ambientate nella sala della casa di Odisseo, teatro della trasgressione dei pretendenti e del loro continuo oltraggio al re, che, secondo il poeta, danno in questo modo prova evidente della loro colpevolezza. Implicitamente il luogo è contrapposto sia alla reggia dei Feaci (dove Odisseo aveva trovato ospitalità e onore, ancor prima di rivelare la sua identità), sia alle residenze di Nestore e di Menelao (nelle quali Telemaco è stato ospitato con generosità). Naturalmente, la trasgressione del rituale dell’ospitalità, che richiama il macabro pasto del Ciclope, e la dissipazione dei beni di Odisseo, sono le colpe concrete dei pretendenti, contro le quali è diritto dell’eroe intervenire.



Il tempo

Il diciannovesimo libro occupa uno spazio temporale molto ridotto, ma dilatato dal racconto: è il terzo giorno, da quando Odisseo è tornato a Itaca, e il primo giorno che trascorre mendicando nella sua stessa casa. Il tempo, nella serata ormai sul finire, è ampliato dalle storie narrate da Odisseo, da Euriclea e da Penelope, che creano una pausa di attesa trepidante per l’epilogo, già prefigurato nella chiusa del libro.

L’ordine della narrazione
Questo libro è nuovamente caratterizzato dal ricordo (analessi): per confermare le sue parole, Odisseo richiama elementi dell’abbigliamento al momento della partenza; quindi Euriclea rievoca l’episodio della ferita del cinghiale legato anche all’imposizione del nome, in occasione della prima caccia del giovane, una sorta di prova di coraggio e di abilità con cui si entra nell’età adulta. Euriclea, testimone del passato, è la prima in grado di leggere in quel passato per illuminare il significato del presente.



I personaggi

Odisseo, ancora una volta, mente per prudenza, anche alla moglie, mostrando una straordinaria capacità di autocontrollo, tenendo a freno il desiderio di svelarsi, con una freddezza che quasi lascia deluso il lettore moderno, ansioso di un lieto fine ormai atteso e preparato da tempo. A lui si affiancano due figure femminili: Penelope ed Euriclea.
Entrambe si oppongono alle figure femminili incontrate finora, poiché, al contrario di Calipso, di Circe, di Nausicaa, rappresentano la fedeltà e la continuità della permanenza nella casa: sono il passato di Odisseo che si ricollega al suo presente, e non un tempo fugace, senza futuro.
Penelope è tanto simile al marito da potere essere definita “odissiaca”: come il marito, è incredula, prudente, circospetta; è dotata di un’astuzia particolare, che si esplica nel campo d’azione femminile, quello della tessitura. Penelope, che nella sua diffidenza può apparire ostile, è in realtà la versione femminile di Odisseo: come il marito ha molto sofferto e ha imparato a guardarsi dagli entusiasmi, dalla precipitazione e dagli impulsi. Nel primo dialogo con il marito, che non le si è ancora rivelato, attraverso una serie di affermazioni e di domande, si svela la sua indole, soprattutto il suo desiderio di sapere, cui si oppongono le menzogne necessarie di Odisseo.
Euriclea rappresenta l’anello più forte del legame col passato: è la nutrice, a cui è affidato il primo riconoscimento “spontaneo”, che gode di un rango domestico importante, poiché sovrintende all’economia della casa e al lavoro delle altre ancelle; grazie alla continuità della sua presenza. Ella ha un legame fortissimo con i suoi componenti: ama teneramente Telemaco e lo stesso Odisseo, che riconosce con un moto spontaneo di profonda felicità. Proprio la reazione di Euriclea, la sua gioia quasi rallentata dal lungo racconto, anima la scena e tiene vivo l’interesse: si comprende che una tappa importante è stata conquistata.


Gli dei
Significativa è in questo libro l’assenza di Atena: nel momento in cui Odisseo si trova di fronte alla moglie e alla nutrice, e riacquista per la prima volta la sua identità, gli dei sono di nuovo sullo sfondo. Si tratta di una conquista tutta umana e individuale; l’aiuto di Atena sarà di nuovo utile in seguito, quando Odisseo dovrà affrontare, con il figlio e pochi fedeli servi, tutti i Proci.



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