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Capitolo 22 I Promessi Sposi - Riassunto

Riassunto del ventiduesimo capitolo (cap. XXII) del romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.



Dove: nel castello dell'innominato, nel paese dove il cardinal Federigo Borromeo è in visita pastorale.

Quando: dicembre 1628, la mattina successiva all'arrivo di Lucia nel castello dell'innominato.

Chi: l'innominato, la vecchia, Il cappellano crocifero, Federigo Borromeo.



Sintesi


L'innominato decide di incontrare il cardinal Federigo Borromeo
Il bravo incaricato di scoprire il motivo dello straordinario concorso di folla nel fondovalle riferisce che tutti i paesani stanno andando a vedere l'arcivescovo di Milano, cardinal Federigo Borromeo, in visita pastorale in quei luoghi. L'innominato decide allora di incontrare quell'uomo capace di ispirare tanta serenità alle persone. Prima di uscire dal castello, si arma di tutto punto, quindi entra nella stanza dove Lucia, raggomitolata in un angolo, sta ancora dormendo. Alla vecchia ordina di avvertire Lucia, al suo risveglio, che egli si è allontanato, ma al suo ritorno farà quanto la fanciulla desidera.


L'innominato scende a valle e chiede di parlare con il cardinale
Percorsa, a piedi e senza seguito, la strada che lo separa dal paese in cui si trova il cardinale, l'innominato chiede di avere un colloquio con lui. Il cappellano crocifero, stupefatto e a malincuore, si incarica di presentare la richiesta a Federigo Borromeo.


La biografia di Federigo Borromeo
Per informare il lettore sul nuovo personaggio, il narratore apre una digressione che, occupando la restante parte del capitolo, riassume la vita di Federigo Borromeo, cugino di quel Carlo che sarà elevato all'onore degli altari e appartenente a famiglia nobile e ricca. Nato nel 1564, Federigo entra in seminario nel 1580 e nel 1595 diventa arcivescovo di Milano. Al di là di questi dati storici, il Manzoni insiste soprattutto sul ritratto morale dell'uomo e del sacerdote, sulle sue doti di coerenza assoluta fra parole e fatti, sull'idea di un cristianesimo militante inteso come povertà di vita, carità e servizio degli umili, sulla sua figura di dotto, fondatore della Biblioteca Ambrosiana e autore di molti libri. Per tanti aspetti diverso e superiore alla sua epoca, Federigo ne condivide tuttavia alcuni errori, ai quali il narratore dedica soltanto un breve cenno. La digressione si chiude nella conclusione del capitolo.


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