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Capitolo 14 I Promessi Sposi - Riassunto

Riassunto del quattordicesimo capitolo (cap. XIV) del romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.


Dove: a Milano

Quando: il tardo pomeriggio e la sera dell'11 novembre 1628.

Chi: la folla, Renzo, uno sbirro, l'oste e gli avventori della luna piena.



Sintesi

La folla, finito l'assedio alla casa del vicario, si disperde
Allontanatasi la carrozza di Ferrer, con a bordo il vicario di Provvisione, la folla comincia a disperdersi, mentre i soldati riprendono il controllo della situazione.


Renzo tiene un pubblico discorso
Renzo va alla ricerca di un'osteria; capitato in un crocchio, si improvvisa oratore, pronunciando un discorso in cui l'entusiasmo di essersi sentito protagonista in quella storica giornata si mescola con il ricordo cocente dei torti subiti: l'argomento è il tema di una giustizia che obblighi anche i potenti al rispetto delle leggi. Alcuni lo approvano, altri lo criticano, ma Renzo continua a sentirsi euforico e si affida al primo venuto per farsi condurre in un'osteria. Arrivato davanti a un'insegna con la luna piena, Renzo decide che quell'osteria fa per lui, nonostante il suo accompagnatore voglia indurlo a proseguire.


Renzo all'osteria della luna piena
L'osteria è piena di uomini che giocano a carte, mangiano e bevono. L'oste, scorgendo i due nuovi avventori, ha un moto di stizza, perché sa che io sconosciuto con cui Renzo si accompagna è uno sbirro. Renzo ordina del vino e dello stufato e manifesta l'intenzione di fermarsi a dormire. L'oste, allora, gli chiede le generalità, adducendo a motivo l'esistenza di una grida che lo impone, ma si scontra con il rifiuto di Renzo il quale proclama che le gride non contano nulla e che perciò egli non fornirà il suo nome. Poco dopo, tuttavia, sarà lui stesso a dichiarano allo sbirro (il sedicente Ambrogio Fusella), cadendo nella trappola — una proposta di distribuire il pane in proporzione all'entità del nucleo familiare — che costui gli ha teso. Il vino bevuto in abbondanza conduce Renzo — che non v'era abituato — a parlare e gridare, accompagnando con gesti sempre meno controllati i suoi discorsi. Da essi emerge la sua dolorosa esperienza, ma egli è ormai diventato lo zimbello degli avventori.


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