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Paradiso Canto 19 - Figure retoriche

Tutte le figure retoriche presenti nel diciannovesimo canto del Paradiso (Canto XIX) della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del diciannovesimo canto del Paradiso. In questo canto, le numerose anime che formano l'immagine dell'Aquila iniziano a parlare come se fossero un'unica anima, come se a parlare fosse l'Aquila stessa. Ed essa senza che fosse necessario per Dante aprire bocca, scioglie il suo dubbio riguardante coloro che non hanno mai commesso peccato ma che non hanno ricevuto il battesimo in quanto nel luogo in cui vivevano non era arrivato il messaggio cristiano. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 19 del Paradiso.



Le figure retoriche

La bella image = perifrasi (v. 2). Cioè: "la bella immagine o la santa immagine", per indicare l'aquila. 

Parea ciascuna rubinetto in cui raggio di sole ardesse sì acceso, che ne’ miei occhi rifrangesse lui = similitudine (vv. 4-6). Cioè: "ognuna delle anime appariva come un rubino colpito da un raggio di sole, talmente splendente da rifletterne la luce nei miei occhi".

Lo rostro = sineddoche (v. 10). La parte per il tutto, il becco anziché l'aquila. 

Giusto e pio = endiadi (v. 13). Cioè: "giusto e devoto o misericordioso".

 Son io = anastrofe (v. 13). Cioè: "io sono".

Così un sol calor di molte brage si fa sentir, come di molti amori usciva solo un suon di quella image = similitudine (vv. 19-21). Cioè: "come da molti carboni ardenti si diffonde un unico calore, così dalle molte anime di quell'immagine usciva un unica voce". 

Di quella image = perifrasi (v. 21). Per indicare l'Aquila.

Il gran digiuno che lungamente m’ha tenuto in fame, non trovandoli in terra cibo alcuno = perifrasi (vv. 25-27). Per indicare il grande dubbio che da lungo tempo lo faceva stare in ansia poiché sulla Terra non riusciva a trovare una risposta.     

Ben so io = anastrofe (v. 28). Cioè: "io so bene, io so per certo".

Altro reame = perifrasi (v. 28). Cioè: "altra gerarchia angelica". Per indicare i Troni nel cielo di Saturno.

Divina giustizia = anastrofe (v. 29). Cioè: "giustizia divina".

Sapete ... sapete = iterazione (v.31 - v.32). Ripetizione della stessa parola.

Quasi falcone ch’esce del cappello, move la testa e con l’ali si plaude, voglia mostrando e faccendosi bello, vid’io farsi quel segno = similitudine (vv. 34-37). Cioè: "come un falcone, quando si toglie il cappuccio, scuote la testa e sbatte le ali, manifestando il desiderio di volare e pavoneggiandosi, così io vidi fare quell'aquila".

Voglia mostrando = anastrofe (v. 36). Cioè: "mostrando la voglia, mostrando il desiderio".

Quel segno = perifrasi (v. 37). Per indicare l'Aquila.

Divina grazia anastrofe (v. 38). Cioè: "grazia divina".

Colui che volse il sesto a lo stremo del mondo, e dentro ad esso distinse tanto occulto e manifesto = perifrasi (vv. 40-42). Per indicare Dio.

Occulto e manifesto = antitesi (v. 42). Cioè: "cose visibili e invisibili" oppure "comprensibili e incomprensibili".

‘l primo superbo = perifrasi (v. 46). Cioè: "il primo peccatore di superbia", per indicare Lucifero.

Quel bene = perifrasi (v. 50). Per indicare Dio.

La mente di che tutte le cose son ripiene = perifrasi (vv. 53-54). Cioè: "la mente di Dio che è presente in tutte le cose". Per indicare Dio.

Possente / tanto = anastrofe e enjambement. Cioè: "tato forte, tanto potere".

Suo principio = perifrasi (v. 56). Per indicare Dio creatore.

Però ne la giustizia sempiterna la vista che riceve il vostro mondo, com’occhio per lo mare, entro s’interna = similitudine (vv. 58-60). Cioè: "Perciò la capacità di comprendere degli esseri umani penetra nella giustizia divina come l'occhio nel mare".

Dal sereno che non si turba mai = perifrasi (v. 64). Per indicare Dio.

Buoni / sono = anastrofe ed enjambement (vv. 73-74). Cioè: "sono buoni, sono virtuosi".

Colpa sua = anastrofe (v. 78). Cioè: "sua colpa".

Oh terreni animali! oh menti grosse! = esclamazione (v. 85). Cioè: "Oh, creature terrene! Oh, menti grossolane!".

La prima volontà = perifrasi (v. 86). Per indicare la volontà di Dio.

Quale sovresso il nido si rigira poi c’ha pasciuti la cicogna i figli, e come quel ch’è pasto la rimira; cotal si fece, e sì levai i cigli, la benedetta imagine, che l’ali movea sospinte da tanti consigli = similitudine (vv. 91-96). Cioè: "come la cicogna, dopo aver sfamato i suoi piccoli, vola sopra il nido, e come i piccoli, avendo mangiato, la osservano con gratitudine, così fece la figura dell'Aquila che muoveva le ali spinte da tanti spiriti, mentre io alzai lo sguardo verso di essa".

La benedetta imagine = perifrasi (v. 95). Per indicare l'Aquila.

Quali son le mie note a te, che non le ‘ntendi, tal è il giudicio etterno a voi mortali = similitudine (vv. 97-99). Cioè: "come tu non comprendi il canto che ti rivolgo, così la volontà divina è inconoscibile a voi mortali".

Incendi = iperbole (v. 100). Anziché dire semplicemente "lumi".

Nel segno che fé i Romani al mondo reverendi = perifrasi (vv. 101-102). Per indicare ancora una volta l'Aquila.

Al legno = metonimia (v. 105). La materia per l'oggetto, al legno anziché in croce.

Sovra Senna = sineddoche (v. 118). La parte per il tutto, s'intende la Francia.

Quel che morrà di colpo di cotenna = perifrasi (v. 120). Per indicare Filippo il Bello.

La superbia ch’asseta = metafora (v. 121). Cioè: "la superbia che alimenta la sete di potere".

Lo Scotto e l’Inghilese = perifrasi (v. 122). Per indicare i re di Scozia e d'Inghilterra.

Quel di Spagna = perifrasi (v. 125). Per indicare il re di Spagna Ferdinando IV.

Quel di Boemme = perifrasi (v. 125). Per indicare il re di Boemia Venceslao II.

 Ciotto di Ierusalemme = perifrasi (v. 127). Per indicare Carlo II d'Angiò, lo zoppo di Gerusalemme.

La sua bontate = sineddoche (v. 128). Il singolare per il plurale, buona azione anziché buone azioni.

L’avarizia e la viltate di quei che guarda l’isola del foco = perifrasi (vv. 130-131). Per indicare Federico II d'Aragona.

L’isola del foco = perifrasi (v. 131). Per indicare la Sicilia.

Ove Anchise finì la lunga etate = eufemismo (v. 132). Cioè: "dove Anchise morì".

Del barba e del fratel = perifrasi (v. 137). Per indicare Giacomo di Maiorca e Giacomo II di Sicilia.

Quel di Portogallo e di Norvegia = perifrasi (v. 139). Per indicare i re di Portogallo (Dionigi) e di Norvegia (Acone).

Quel di Rascia che male ha visto il conio di Vinegia = perifrasi (vv. 140-141). Per indicare il sovrano di Serbia Stefano Uroš.

Oh beata Ungheria, se non si lascia più malmenare! e beata Navarra, se s’armasse del monte che la fascia! = esclamazione (vv. 142-144).

Del monte che la fascia = perifrasi (v. 144). Per indicare la catena montuosa dei Pirenei che delinea i confini con la Francia.

Niccosia e Famagosta = metonimia (v. 146). Il contenente per il contenuto. Per indicare il Regno di Cipro.

Per la lor bestia = perifrasi (v. 147). Pe indicare Arrigo di Lusignano.

Si lamenti e garra = endiadi (v. 147). Cioè: "piange e grida".



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