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Purgatorio Canto 1 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto primo (canto I) del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Catone, illustrazione di Gustave Doré

Venuti fuori dalla voragine infernale, Dante e Virgilio si trovano sulla spiaggia di un'isola situata nell'emisfero antartico, nella quale si eleva la montagna del purgatorio. Inizia il secondo momento del viaggio di Dante nell'oltretomba, durante il quale argomento del suo canto sarà la purificazione delle anime prima di salire in paradiso: necessaria è perciò la protezione delle Muse, che egli invoca prima che la sua poesia affronti il tema dell'ascesa alla beatitudine eterna. L'alba è prossima e i due pellegrini procedono in un'atmosfera ormai limpida e serena; dove brillano le luci delle quattro stelle che furono viste solo da Adamo ed Eva prima che fossero cacciati dal paradiso terrestre, situato per Dante sulla vetta del monte del purgatorio. Volgendo lo sguardo verso il polo artico Dante scorge accanto a sé la figura maestosa di un vecchio: è Catone Uticense, che Dio scelse a custode del purgatorio. Poiché egli li crede due dannati fuggiti dall'inferno, Virgilio spiega la loro condizione e prega che venga loro concesso di entrare nel purgatorio, promettendo a Catone di ricordarlo alla moglie Marzia, che si trova con Virgilio nel limbo. Il vecchio risponde che una legge divina separa definitivamente le anime dell'inferno da quelle ormai salve; ma non è necessaria nessuna lusinga, dal momento che il viaggio è voluto da una donna del cielo. Infine Catone ordina a Virgilio di cingere Dante con un giunco (simbolo d'umiltà) e di detergergli il volto da ogni bruttura infernale. I due pellegrini si avviano verso la spiaggia del mare per compiere i due riti prescritti da Catone.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 1 del Purgatorio. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Ora la piccola nave del mio ingegno (poetico),
che lascia alle proprie spalle un mare così crudele,
alza ormai le vele per percorrere acque più tranquille (miglior);
e tratterò in versi (canterò) del secondo regno (il Purgatorio),
dove l’anima umana si purifica (si purga)
e diventa degna di salire in Paradiso (ciel).
Ma qui la poesia, che cantava il regno dei morti (morta), risorga,
o sante Muse, poiché sono vostro,
e Calliope alzi un po’ il tono della poesia (alquanto surga)
accompagnando (seguitando) il mio canto con quell’armonia (suono)
da cui le Piche disgraziate (misere) ricevettero
un colpo tale che disperarono di trovare perdono.
Un gradito (Dolce) colore azzurro simile a uno zaffiro orientale,
che si concentrava diffondendosi (s’accoglieva) nell’aspetto sereno
dell’aria (mezzo), tersa fino all’orizzonte (primo giro),
ricominciò a dare ai miei occhi la gioia,
non appena io uscii dalle tenebre (aura) infernali (morta),
che mi avevano rattristato (contristati) gli occhi e il petto.
Il bel pianeta (Venere) che invita (conforta) ad amare
faceva risplendere (rider) tutta la parte orientale del cielo,
offuscando la costellazione dei Pesci, che era in congiunzione (scorta) con esso.
Io mi girai dalla parte destra, e guardai con attenzione
l’altro polo (l’emisfero antartico), e vidi quattro stelle
che non furono mai viste da nessuno fuorché dai primi uomini (prima gente).
Il cielo sembrava godere delle loro fiamme:
oh, terre settentrionali impoverite (vedovo),
poiché non vi è concesso di vederle!
Appena io mi distolsi (fui partito) dal guardarle,
rivolgendomi un poco verso l’altro polo,
dalla parte in cui la costellazione dell’Orsa maggiore (’l Carro) era già tramontata,
vidi accanto a me un vecchio (veglio) solitario,
dall’aspetto (in vista) degno di tanta venerazione (reverenza),
che nessun figliuolo ne deve una maggiore al padre.
Aveva la barba lunga e brizzolata (di pel bianco mista),
come (simigliante) i capelli, che gli scendevano
sul petto in due bande (doppia lista).
I raggi delle quattro sante stelle (luci) adornavano (fregiavan)
talmente il suo viso di luce,
che io lo vedevo come se il sole fosse davanti a lui.
«Chi siete voi che risalendo a ritroso (con tro al)
il fiume sotterraneo siete fuggiti dall’eterno carcere (l’Inferno)?»,
disse facendo ondeggiare la veneranda barba (oneste piume).
«Chi vi ha guidati, o che cosa vi fece luce (lucerna),
per uscire fuori dalla tenebra (notte) profonda
che rende sempre buia la voragine dell’Inferno?
Le leggi infernali sono quindi da voi violate (rotte)?
oppure in cielo è stata fatta una nuova legge (consiglio),
che permette a voi dannati di venire alle rocce (grotte) che custodisco (mie)?».
A questo punto la mia guida mi afferrò (mi diè di piglio)
e con parole e con le mani e con cenni
mi fece inginocchiare e chinare gli occhi in segno di reverenza (reverenti mi fé le gambe e ’l ciglio).
Dopo (Poscia) rispose a lui: «Non sono venuto di mia iniziativa (Da me):
una donna scese dal cielo e per le sue preghiere (prieghi)
aiutai (sovvenni) costui con la mia compagnia.
Ma poiché (da ch’) è tuo desiderio che si dichiari meglio (più si spieghi)
quale sia veramente (com’ella è vera) la nostra condizione,
non può essere che il mio volere (mio) si neghi a te.
Questi non vide mai la sera che precede la morte (l’ultima);
però a causa del suo traviamento (follia) le fu così vicino (sì presso),
che sarebbe bastato poco perché la raggiungesse.
Così, come ho detto, sono stato mandato in suo soccorso
per salvarlo (per lui campare); e non vi era nessun’altra strada
da seguire se non questa che ho intrapreso.
Ho fatto vedere a lui tutti i dannati dell’Inferno (tutta la gente ria);
e adesso ho intenzione di fargli vedere quelle anime
che si purgano sotto la tua custodia (balìa).
Come io abbia fatto a guidarlo (tratto) fin qui, sarebbe (saria) troppo lungo da raccontare;
dal cielo scende una virtù che mi aiuta
a condurlo alla tua presenza e ad ascoltarti.
Ora ti prego di approvare (ti piaccia gradir) il suo arrivo:
egli è alla ricerca della libertà, che è così preziosa,
come sa bene chi per lei rinuncia alla vita.
Tu lo sai bene, perché la morte non ti fu amara
in Utica, dove lasciasti il corpo (vesta) che nel giorno
del Giudizio universale (gran dì) sarà così luminoso (chiara).
Le leggi (editti) eterne non sono violate (guasti) a causa nostra (per noi),
perché questi è vivo e io non sono legato dalla giurisdizione (me non lega) di Minosse;
ma sono del cerchio (il Limbo) in cui si trovano gli occhi casti
della tua Marzia, che nell’aspetto (’n vista) ti prega ancora,
o anima (petto) santa, che la consideri (tegni) tua moglie:
per il suo amore, dunque, accogli la nostra preghiera (a noi ti piega).
Lasciaci andare per le sette cornici da te custodite (tuoi ... regni);
io riferirò a lei della tua gentilezza,
se ti degni di essere ricordato (mentovato) laggiù nell’Inferno».
«Marzia fu così gradita ai miei occhi fino a quando (mentre ch’)
io fui sulla terra», egli disse allora, «che le concessi (fei)
tutte le cose gradite (grazie) che ella volle (volse) da me.
Ora che dimora al di là del fiume infernale (l’Acheronte),
non può più commuovermi (muover), per quella legge
che fu fatta quando uscii fuori (del Limbo).
Ma se, come tu dici, una donna del cielo ti permette di andare (move) e ti guida (regge),
queste lusinghe non sono necessarie (non c’è mestier):
è pienamente sufficiente che me lo chieda nel suo nome (per lei).
Va’ pure, dunque, bada di cingere costui
con un giunco liscio (schietto) e di lavargli il viso,
in modo da cancellare (stinghe) da esso (quindi) ogni traccia di sporcizia (sucidume);
perché sarebbe sconveniente (converria) presentarsi con gli occhi offuscati (sorpriso)
da qualche nebbia davanti al primo angelo (ministro),
che è di quelli che stanno in Paradiso.
Questa piccola isola tutt’intorno, nel punto più basso (ad imo ad imo),
laggiù dove si infrange l’onda,
produce (porta) giunchi sul molle terreno fangoso (limo):
nessun’altra pianta che mettesse rami con foglie (fronda)
o avesse un fusto rigido (indurasse), vi potrebbe crescere,
perché non si piega ai colpi (non seconda) delle onde.
Poi non ritornate (reddita) per questa strada;
il sole, che ora sta sorgendo, vi farà vedere (mosterrà) dove affrontare (prendere)
il monte per una più facile ascensione (salita)».
Quindi scomparve; e io mi alzai in piedi
senza dir nulla, e mi accostai tutto stretto (mi ritrassi)
alla mia guida, e rivolsi i miei occhi a lui.
Egli cominciò: «Figliuolo, segui i miei passi:
volgiamoci (volgianci) indietro, perché da questa parte la pianura discende (dichina)
fino al suo punto (termini) più basso».
L’alba spingeva via vittoriosamente (vinceva) l’ultima ora della notte (l’ora mattutina)
che fuggiva innanzi a essa, tanto che in lontananza
riconobbi il tremito delle onde del mare (marina).
Noi andavamo attraverso il solitario (solingo) pianoro,
come un uomo che ritorna verso la via smarrita e a cui,
finché non la raggiunge, sembra di fare un cammino (ire) inutile.
Quando noi giungemmo là dove la rugiada resiste (pugna)
al calore del sole, perché sta in un luogo (in parte) in cui,
all’ombra (ad orezza), evapora (si dirada) lentamente,
il mio maestro pose dolcemente ambedue le mani aperte (sparte)
sull’erba tenera: per cui io, che compresi subito
il significato (fui accorto) della sua operazione (arte),
rivolsi verso di lui le mie guance segnate di lacrime (lagrimose);
lì mi rese interamente visibile (discoverto)
quel colore che l’Inferno aveva offuscato.
Andammo poi sulla spiaggia (lito) deserta,
che non vide mai essere vivente (omo) navigare le sue acque,
che sia poi stato in grado (sia poscia esperto) di fare l’esperienza del ritorno.
In questo luogo (Quivi) mi cinse (con il giunco) nel modo desiderato dalla volontà divina (altrui piacque):
oh meraviglia! perché come egli scelse
l’umile pianta, essa rinacque tale e quale all’istante (subitamente)
nel luogo dove l’aveva strappata (svelse).



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