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Novembre - Pascoli: parafrasi, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "Novembre" di Giovanni Pascoli: testo, parafrasi, analisi del testo, figure retoriche e commento.

La poesia Novembre è stata scritta dal poeta Giovanni Pascoli e fu pubblicata per la prima volta nel febbraio del 1891 sulla rivista fiorentina Vita nuova, sul finire dello stesso anno venne inclusa nella raccolta poetica Myricae. Il titolo originario della poesia era "San Martino" come l'omonima poesia a cui si è ispirato scritta da un altro noto poeta italiano, Giosuè Carducci.



Testo

Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...

Ma secco è il pruno e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno; solo, alle ventate
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l'estate,
fredda, dei morti.



Parafrasi

L’aria è limpida e splendente come fosse una gemma e il cielo luminoso come in primavera
Ti spinge a guardare se nei giardini sono fioriti gli albicocchi,
hai l’impressione di sentire dentro di te l’odore amarognolo del biancospino (prunalbo) che a primavera impregna l’aria
ma il biancospino è spoglio, senza foglie (ovvio siamo a Novembre)
i rami nudi appaiono neri sullo sfondo limpido del cielo (E’ una nota di tristezza)
senza voli di uccelli (vuoto)
e il passo risuona sul terreno indurito dal gelo, sembra all'interno vuoto scavato (cavo)
Dappertutto vi è un silenzio profondo tranne quando si sente un lieve frusciar di foglie scrollate dal vento
Tutto questo perché ci troviamo a novembre ed è l'estate di San Martino.


Parafrasi per parola:
GEMMEA: cioè tersa, trasparente come una gemma.
CHE TU: tanto che. Il poeta si rivolge a un tu generico: chiunque si comporterebbe così, perché sembra primavera.
PRUNALBO: biancospino.
PRUNO: i rovi e i cespugli privi di foglie
SEGNANO IL SERENO: solcano il cielo, con i loro rami nudi.
VUOTO: perché privo dei festosi voli degli uccelli, che svernano altrove.
CAVO: il terreno di campagna, indurito dal freddo, risuona sotto i passi come se fosse vuoto.
VENTATE: folate di vento.
L’ESTATE …DEI MORTI: chiamata popolarmente l’estate di San Martino, santo la cui festa cade l’11 novembre, spesso sono giorni di bel tempo. Ma novembre è anche il mese dedicato alla commemorazione dei defunti; nella fantasia del poeta i due eventi si assimilano.



Analisi del testo

Schema Metrico: strofe saffiche, composte da 3 endecasillabi e un quinario, con rime alternate (schema ABab)

La prima strofa presenta l’immagine di una giornata di straordinaria limpidezza e luminosità; sembra primavera, visto che lo sguardo, istintivamente, cerca gli albicocchi in fiore.
Nella seconda strofa subentra l’inganno: altri segnali (il ramo stecchito, il cielo senza uccelli, il terreno cavo ai passi umani) negano le apparenze iniziali.
Nella terza strofa abbiamo la dichiarazione conclusiva: la luce che pareva anticipare il risveglio primaverile si rivela essere gelida aria che annuncia il sopraggiungere dell’inverno. E’ l’estate … dei morti: dunque siamo all’inizio di novembre, come già il titolo dichiarava.
Lo svolgimento tematico e psicologico della poesia si attua dunque nel contrasto fra il principio e la conclusione: dai simboli della vita (la chiarezza del sole, la luminosità dell’aria) si giunge all’estremo opposto, dove la freddezza autunnale diventa un emblema della morte.
Il poeta ha ripreso un motivo lirico antichissimo (la vita umana passa veloce e poi muore, come le foglie d’autunno della poesia Soldati di Giuseppe Ungaretti), ma lo rilegge con la nuova sensibilità di chi denuncia l’inganno dei sensi, insufficienti di fronte a una realtà che delude e condanna alla solitudine e alla morte.



Figure retoriche

Assonanza in "e" e "o"

Allitterazioni in "s" e in "r": secco, stecchite (v. 5); nere, trame, segnano, sereno (v. 6); sonante (v. 7); sembra (v. 8).

Allitterazioni in "f, r g" nell'ultima strofa come il fruscio delle foglie.

Sinestesia: "cader fragile" e "odorino amaro"

Ossimoro: "estate fredda" (vv. 11-12).

Iperbato: "secco è il pruno", "stecchite piante", "vuoto il cielo", "sembra il terreno", "di foglie un cader fragile".

Anastrofe: "gemmèa l’aria", "l’dorino amaro senti".

Enjambements: "l’odorino amaro | senti nel cuore" (vv. 3-4).

Enjambements: "le stecchite piante | di nere trame" (vv. 5-6).

Enjambements: "cavo al piè sonante | sembra il terreno" (vv. 7-8).

Enjambements: "È l’estate, | fredda, dei morti" (vv. 11-12).

Ipallage: "di foglie un cader fragile" (v. 11).



Commento

Il testo è uno dei componimenti più rappresentativi della novità di Pascoli e della sua arte. Al paesaggio viene infatti assegnata una funzione di segno, di simbolo: i fenomeni naturali sono carichi di messaggi nascosti, che soltanto il poeta-fanciullo sa decifrare con la propria speciale sensibilità.
Ci sono certe giornate di novembre (oggi purtroppo sempre più rare) in cui il cielo ci appare di una luminosità talmente tersa da invitare a fermarla con una fotografia. E Pascoli ne ha fatto un ritratto poetico.
Qui non c’è la nebbia che avvolge le cose nel suo mistero, ma un cielo limpido e un sole chiaro. Pare di essere in primavera e, istintivamente, si cercano con gli occhi gli albicocchi in fiore, mentre si ha l’impressione di sentire il profumo del biancospino. È solo un'illusione: non è primavera, ma autunno avanzato e perciò il pruno è secco e le piante intrecciano sullo sfondo chiaro del cielo i rami spogli. Non guizzi di rondini, non cinguettii festosi, non morbidi prati, ma un cielo vuoto e un terreno gelido che risuona sotto i passi del viandante. È l’estate di San Martino; pochi giorni di sole e, poi, l’inverno: una breve illusione che svanisce in un cupo presagio di morte.



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