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Sistema dei personaggi nei Promessi Sposi

Analisi dettagliata del sistema dei personaggi dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.


I buoni e i cattivi

È costituito dai personaggi e dai loro rapporti reciproci che, nel caso dei Promessi sposi, sono guidati da due azioni fondamentali, opprimere o essere oppressi. Da una parte, si trovano gli oppressi, Renzo e Lucia; dall'altra, gli oppressori, don Rodrigo e l'Innominato. Sia gli uni sia gli altri hanno degli "aiutanti", che appartengono alla sfera religiosa: fra Cristoforo e il cardinale Borromeo, positivi; don Abbondio, complice per paura, e Gertrude, la monaca di Monza, complice perché non ha la forza morale per ribellarsi al male, e dunque entrambi negativi.



I conflitti

Nella prima parte del romanzo, l'antagonismo è tra Renzo e don Rodrigo; il conflitto ha per oggetto il possesso di Lucia: il primo la ama sinceramente, mentre il secondo ne è semplicemente incapricciato. L'opposizione tra i due si colloca quindi sul piano della giustizia, che Renzo invoca appassionatamente e che don Rodrigo calpesta, ma esprime anche un conflitto di carattere sociale, perché il signorotto è talmente superiore al filatore di seta che essi non si incontrano mai, se non quando il primo è in punto di morte. In tutto il corso della narrazione, don Rodrigo è il destinatario di minacce e propositi di vendetta solo immaginati.

Nella seconda parte, invece, domina il conflitto tra Lucia e il suo rapitore, l'Innominato, un contrasto che si risolve positivamente perché i due si incontrano. Se, nel caso di Renzo e don Rodrigo, il rapporto rimane quello tra l'oppresso e l'oppressore, in questa situazione esso si rovescia ed è l'oppresso che prega per l'oppressore, è Lucia che prega per l'Innominato. La conversione, poi, farà di quest'ultimo un aiutante dei due giovani.



Costruzione dei personaggi

Anche le figure dei religiosi presentano rapporti simmetrici: don Abbondio e fra Cristoforo non si incontrano mai, così come accade per Gertrude e il cardinale. Gli ecclesiastici sostengono, nel romanzo, una funzione di mediatori tra i personaggi che non hanno rapporti reciproci: a don Abbondio toccano le minacce dirette ai due promessi sposi; fra Cristoforo affronta don Rodrigo al posto di Renzo che, per vari motivi, non può presentarsi al palazzotto del rivale.
Si può dire che questi personaggi, oltre naturalmente a quelli "minori", si prestino a essere riuniti in gruppi che rappresentano varie forme di autorità: il potere sociale (don Rodrigo, l'Innominato, gli uomini politici), sempre negativo; il potere spirituale vero (fra Cristoforo ,e il cardinale Borromeo che rappresentano la Chiesa buona) e il potere spirituale falso (don Abbondio e la monaca di Monza, che incarnano la Chiesa cattiva). Le relazioni che intercorrono tra queste e altre figure servono all'autore per rappresentare i rapporti di forza, lo scontro tra le forze opposte che agiscono costantemente nella società e nelle esistenze: basti pensare, nel cap. V, all'accoglienza e al colloquio di fra Cristoforo con don Rodrigo, dove si scontrano due diverse concezioni di vita e due interessi contrastanti. Tuttavia, Manzoni è pessimista al riguardo: egli è infatti convinto che con il solo intervento umano non si potrà cambiare nulla (le leggi contro i malvagi ci sono, ma c'è sempre qualcuno pronto a suggerire scappatoie; la violenza e l'ingiustizia sono radicate profondamente nel cuore umano e ci vuole una fatta superiore per distruggerle).

Nella costruzione dei personaggi, l'autore opera con modalità diverse, a seconda dell'importanza del ruolo da essi svolto nella vicenda narrata. Prendiamo il caso di figure di primo piano, come padre Cristoforo o la monaca di Monza: la descrizione, precisa e circostanziata, mette in evidenza i tratti fisici e quelli psicologici. Per entrambi, entra in funzione una digressione che spiega al lettore il motivo del loro aspetto e del loro comportamento. Analogo è il caso dell'Innominato, salvo per il fatto che le pagine dedicate al suo passato e alla sua attuale esistenza precedono la descrizione fisica.
La presentazione dei caratteri esteriori e interiori permette inoltre all'autore di approfondire la conoscenza dell'epoca, di denunciarne i mali (che sono poi, sostanzialmente, quelli di ogni epoca), le storture del pensiero e del costume che hanno inciso in modo indelebile sulla vita di alcuni personaggi: Ludovico non sarebbe diventato un religioso, con il nome di fra Cristoforo, se lo scontro con un nobile per ridicole questioni di etichetta (chi avrebbe dovuto cedere per primo il passo all'altro) non lo avesse spinto a uccidere un uomo; Gertrude non sarebbe mai diventata suora, rovinando la propria esistenza e quella di altri, se il privilegio del maggiorascato, in base al quale il patrimonio familiare doveva essere ereditato interamente dal figlio maggiore, non avesse richiesto la sua entrata in convento.

Il XVII secolo, indagato nell'articolazione delle classi sociali (aristocrazia, clero, popolo), delle idee politiche (nei capitoli dedicati alle vicende milanesi), dei grandi fatti storici (carestia, guerra e peste) e della mentalità (la superstizione, il fanatismo, il fenomeno degli untori ecc.), finisce per diventare anch'esso un personaggio, costantemente sullo sfondo e variamente sfaccettato, ma sostanzialmente negativo, dominato da una concezione feroce del potere (Renzo e Lucia sono "stritolati" dagli ingranaggi spietati di una società che non risparmia nessuno) e incarnato in un'umanità corrotta e degradata (gli avvocati e gli uomini politici disonesti, le autorità incompetenti, i signori arroganti e sfruttatori).

Per quanto riguarda i personaggi minori, infine, ognuno di essi è colto in una serie di atteggiamenti, di sfumature della personalità che lo disegnano con caratteristiche "tipiche", riconoscibili, senza per questo farne una macchietta, una caricatura.



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