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2° capitolo, Sul fondo, Se questo è un uomo - Riassunto

Riassunto:
Il capitolo descrive i primi giorni trascorsi dall’autore ad Auschwitz. Dopo il viaggio nel vagone merci e il disbrigo delle formalità dell’arrivo (spogliazione di tutti gli effetti personali, rasatura, tatuaggio del numero di matricola ecc.)), i prigionieri entrano nella routine quotidiana del Lager.
La narrazione di Se questo è un uomo è spesso frammentaria, perché le sequenze narrative sono regolarmente inframmezzate da riflessioni e considerazioni. Nel capitolo letto prevale il livello del racconto, costruito intorno a due sequenze principali.
La prima sequenza, più descrittiva, s’incentra sulle modalità di funzionamento del Lager. Vengono via via passati in rassegna i seguenti elementi:
*La popolazione del campo: prigionieri e carcerieri;
*Le regole elementari di comportamento, stilate in un codice non scritto, ma da conoscere necessariamente per evitare ulteriori prepotenze, da parte sia dei sorveglianti sia degli altri prigionieri;
*Il regolamento ufficiale del campo, favolosamente complicato, suddiviso in proibizioni e obblighi;
*Le circostanze normalmente irrilevanti, che qui diventano problemi: per esempio il problema delle scarpe, che possono divenire strumenti di tortura per chi le indossa, di condanna e di morte;
*Infine il lavoro, un groviglio di leggi, di tabù e di problemi, l’io-narrante su quanto ha esposto. Esse si raccolgono intorno a due nuclei:
*L’ipotesi di un futuro, intorno a cui si concentrano le speranze dei nuovi arrivati, ma a cui i veterani del Lager non hanno neppure la forza di pensare;
*L’autoritratto del protagonista, che lascia emergere i segni del decadimento fisico e spirituale (anche l’accenno agli italiani che rinunciano a ritrovarsi ogni domenica sera in un angolo del Lager).
Gli internati devono apprendere il più rapidamente possibile il regolamento del Lager: un apprendistato terribile, che Levi descrive con la precisione e l’oggettività che caratterizzano il suo stile. Le vessazioni sono fisiche e morali: viene annullata la dignità dei prigionieri e la loro identità; sono cancellati i ricordi, ogni forma di pensiero e opinione (rispondere Jawohl, non fare mai domande, fingere sempre di avere capito). Il lager riduce le persone a non-persone, a esistenze umiliate, costrette a convivere con l’assoluta precarietà, e a difendersi in ogni momento dagli istinti peggiori che quell’ambiente scatena (bisogna portarsi dietro tutto e dovunque).
Emerge dal paso la domanda, che è anche il tema di fondo di tutto il romanzo: questi prigionieri, così annientati nel corpo e nello spirito, possono ancora definirsi uomini?
Levi ritiene di sì, ma solo a patto che ciascuno di loro sappia conservare, dentro di sé, un barlume di umanità: la forza morale di restare se stessi pur in quell’orrore.



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