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Non chiederci la parola - Montale: parafrasi, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "Non chiederci la parola" di Eugenio Montale: testo, parafrasi, analisi del testo, figure retoriche e commento.

La poesia "Non chiederci la parola" è stata scritta da Eugenio Montale nel 1923 e fa parte dell'omonima sezione della raccolta Ossi di seppia.


Testo

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.



Parafrasi

Non chiederci la parola, che definisca con precisione sotto tutti gli aspetti,
il nostro animo privo di certezze, e a lettere che lo chiariscano
rendendolo luminoso come il fiore dello zafferano: perduto in mezzo ad un prato polveroso.
Ah l'uomo che se ne va' sicuro,
d'accordo con se stesso e con gli altri.
E la sua ombra non viene toccata che dal sole nel periodo più caldo dell'estate;
proiettata su un muro privo di intonaco.
Non domandarci la formula che possa rivelarti nuove prospettive di conoscenza del mondo,
bensì una distorta sillaba secca come un ramo.
Solo questo possiamo dirti oggi,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


Parafrasi discorsiva

Non chiederci la parola che definisca con precise idee, da ogni parte, il nostro modo di essere privo di un'identità, e lo possa dichiarare in modo che risplenda con lettere luminose come un fiore giallo di zafferano, perduto in mezzo ad un prato impolverato. Beato l'uomo che se ne va sicuro di sé in armonia con se stesso e con gli altri e non si cura della sua ombra che il caldo stampa su un muro scalcinato. Non chiederci la formula che possa illuminarti, aprirti sul significato del mondo, ma dici solo qualche sillaba imprecisa, secca come il ramo di un albero. Oggi noi possiamo dirti solamente questo: quello che non siamo, quello che non vogliamo.



Spiegazione per parola

  1. Squadri: renda regolare e uniforme (opposto a informe del verso successivo), plasmandolo attraverso la fede in qualche valore o ideale.
  2. Lo dichiari: lo renda chiaro e luminoso.
  3. Croco: zafferano, pianta dai pistilli giallorossi.
  4. L'ombra sua: la parte oscura di sé, quel groviglio caotico in cui la parola poetica non può portare ordine. Il conformista, soddisfatto di sé e perfettamente integrato nel mondo, non si rende conto di questo lato negativo dell'esistenza.
  5. Canicola: la calura estiva.
  6. Mondi possa aprirti: possa rivelarti la verità, aprendoti nuovi universi di conoscenza.
  7. Storta...secca: in corrispondenza con l'animo nostro informe.



Analisi del testo

Schema metrico: tre quartine formate da versi di varia lunghezza e con rime ABBA, CDDC, EFEF. La rima D è imperfetta perché ipermetra (amico/canicola).
Il componimento è costruito con una struttura circolare. Le strofe 1 e 3 si corrispondono simmetricamente: il primo verso è costituito da un ottonario + un settenario, il secondo è un doppio settenario, gli ultimi due sono endecasillabi; esse si oppongono perciò alla strofa 2, che si presenta con quattro versi disuguali, rispettivamente di 10-9-12-11 sillabe.

Temi: un paesaggio di aridità e di solitudine – il vuoto dei valori e la mancanza di certezze - l'errore di chi presume di aver capito tutto e di essere padrone della propria vita – il ruolo della poesia: testimoniare la crisi.

La prima strofa mette in contrapposizione due modelli di poesia:
  • da una parte il modello della poesia retoricamente intonata dei poeti-vati ottocenteschi;
  • dall'altra parte, i poeti della nuova generazione caratterizzati da un animo informe: essi perciò non possono offrire una parola risolutiva (al v. 9 Montale riprenderà il concetto, parlando di formula che mondi possa aprirti): infatti un animo informe non si lascia facilmente definire dalle parole.
Dunque la poesia non può avere una funzione consolatoria, non può più fornire immagini belle ma fini a se stesse, come il fiore splendido di colori in mezzo a un prato polveroso dei vv. 3-4. I versi di Montale offriranno al lettore solo sillabe – neanche parole – storte e secche (il contrario del fiore lietamente colorato).

La seconda strofa presenta la satira dell'uomo che procede sicuro per la sua strada, nonostante i turbamenti della storia. L’immagine ha almeno due valenze. Anzitutto una chiara valenza politica (si ricordi che il componimento fu scritto nel 1923): la poesia montaliana divenne all'epoca un punto di riferimento per chi negava il fascismo e i suoi sterili dogmatismi;
Ma l’immagine dell’uomo-ombra ha un valore anche esistenziale: neppure chi crede di essere agli altri ed a se stesso amico è preservato, in realtà, da un destino di lacerazione e di fallimento.
Il poeta invece lo sa; egli è, per ora, l’unico consapevole del male di vivere, come Montale riassumerà in un altro osso breve della medesima serie.

Nella terza strofa sono rimasti famosi i due versi finali:
Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Non è più il tempo, dice Montale, dei miti consolatori o dei facili ammaestramenti; dobbiamo prendere coscienza della crisi storica in atto e della debolezza dell’arte stessa.

Sul piano tematico, la prima e la terza strofa affrontano il medesimo argomento, sottolineato dall'identico incipit negativo (Non chiederci la parola che / Non domandarci la formula che), mentre la seconda strofa presenta l’immagine (falsamente positiva) dell’uomo che se ne va sicuro.

Dal punto di vista dello stile, la lirica procede con un ritmo meditativo, da ragionamento in versi. Per enunciare la propria verità (la persuasione che non esiste alcuna verità certa) il poeta utilizza un linguaggio prosastico. Rinuncia perciò alle immagini poetiche, o ne fa poco uso. Una delle metafore presenti nel testo è il "croco /perduto in mezzo a un polveroso prato": un fiore solitario, che cresce nel deserto del mondo, e che richiama il fiore della ginestra leopardiana. Poetica è anche l’immagine della "storta sillaba e secca come un ramo", una delle più intense espressioni dell’aridità montaliana.



Figure retoriche

  • Enjambements: vv. 3-4 (croco/perduto); 7-8 (canicola/stampa).
  • Metafora: "lettere di fuoco" (v. 2).
  • Similitudine: "risplenda come un croco" (v. 3), "secca come un ramo" (v. 10).
  • Anafora:  ripetizione di "Non" a inizio verso (vv. 1 e 9).
  • Allitterazione della "r": (chiederci, domandarci, croco).
  • Allitterazione della "p": (perduto, polveroso, prato).
  • Allitterazione della "s": (sì, storta, sillaba, secca).
  • Antitesi: "squadri" (v. 1), "informe" (v. 2), "croco" (v. 3), "ramo" (v. 10).
  • Epifonema: "Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Consiste nell'esprimere un motto sentenzioso che, solitamente, chiude con enfasi un discorso.



Commento

Il componimento risale al 1923 e inaugura la sezione intitolata Ossi di Seppia: sono in tutto ventidue brevi liriche, scritte tra il 1921 e il 1925, che diedero poi il titolo all'intero libro. La lirica è una dichiarazione di poetica; Montale dichiara, come tutti i poeti del 900, ed anche per questo parla al plurale, di non essere in grado di offrire all'uomo, al lettore, un messaggio forte, un messaggio di certezza, di sicurezza, di verità. Per questo i poeti possono solamente parlare al negativo; possono solamente dare la testimonianza della sofferenza, del disagio esistenziale che attraversa l'uomo contemporaneo. È da notare, come già abbiamo detto, l'uso del correlativo oggettivo, cioè l'oggetto che simboleggia la condizione esistenziale del soggetto; inoltre c’è anche l'uso di suoni volutamente allitteranti, per dare l'idea di una sofferenza, di una fatica nell'espressione della propria intimità, del proprio modo di essere.
Con il suo paesaggio di aridità, e con la sua parodia dell'uomo che se ne va senza problemi, sicuro e che evita di porsi le domande fondamentali, Non chiederci la parola illustra con ammirevole sinteticità la condizione di solitudine e di amarezza spirituale in cui si muove l’umanità contemporanea. Non solo: Montale aggiunge che è finito il tempo in cui ai poeti si riconosceva l’ultima parola o la possibilità di soluzioni positive. La poesia di oggi non può che presentarsi come nuda (e fraterna) testimonianza della crisi in atto.



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