Quest'episodio è visto con lo sguardo e con l'animo di una dama che mette in rilievo la leggiadria, la grazia della cagnetta, le sue moine, quel morso lieve ingentilito dal dente d'avorio, tutto ciò in contrasto con la rozzezza del serve addirittura empio, sacrilego ed audace, agli occhi della dama pur sempre appartenente al mondo plebeo.
Ora ricorda quel giorno, oh, giorno, quando la giovane cagnetta allevata dalle Grazie, scherzando quasi infantilmente, morse il piede spregevole di un servo, lasciando lieve segno col suo dente d'avorio; ed il servo osò mandarle un calcio che la fece rotolare tre volte, e per tre volte scosse il pelo e dalle narici delicate soffiò la polvere irritante. Quindi incominciò a guaire come se dicesse aiuto.
L'Eco impietosito fa risuonare l'invocazione nelle volte dorate; dalle stanze situate più basse i servi addolorati salirono, dalle stanze più alte si precipitarono le damigelle. Tutti accorsero, spruzzarono di essenza il volto della dama già svenuta; quando rinvenne era ancora presa dall'ira contro il servo, dal dolore per la cagnetta, fulminando il servo con lo sguardo, chiamò tre volte con flebile voce la cuccia: questa le corse al seno e col suo linguaggio sembrò chieder vendetta; e lo avesti vergine cuccia allevata dalle Grazie. Il servo empio tremò rendendosi conto dell'accaduto e udì ad occhi bassi la sua condanna. Non gli valsero a niente vent'anni di servizio esemplare e lo scrupolo con cui adempia ai suoi incarichi per lui invano si pregò e si promise; se ne andò privo di livrea che un giorno lo rendeva più privilegiato rispetto alla massa. Invano sperò in un nuovo padrone, perché le dame inorridiscono l'autore di una cosa tanto crudele.
L'ex servo ridotto a giacere su una strada con la moglie e i figli a chiedere l'elemosina; e tu, o vergine cuccia, dea placata dal sacrificio umano ti ergesti superba della vittoria conseguita.
Nel “Giorno” il Parini si finge precettore di un giovane signore e lo accompagna e lo guida nelle futili occupazioni d'una intera giornata, introducendosi in tal modo nell'ambiente sfarzoso, ma vuoto e meschino, della nobiltà oziosa del '700. Si rivela fin dall'inizio la sottile e continua ironia che a volte si solleva verso un pungente sarcasmo. Il “Giorno” ha assunto dall'ideologia illuministica del tempo di Parini la carica morale e polemica. Nel poema si esprimono le stesse convinzioni e gli stessi motivi delle odi: l'eguaglianza degli uomini, la simpatia per gli umili, il disdegno per ogni vacuità, per l'ipocrisia, per gli uomini oziosi, il desiderio di un'umanità migliore.