Se non che ben presto l’impegno grandissimo, l’ardentissima sete di sapere, uno smodato desiderio di gloria posero il fanciullo tra i libri della ricca biblioteca paterna; e cominciarono quegli anni di studio disperatissimo in capo ai quali Giacomo Leopardi si ritrovò dotto da sbalordire, autore di una tragedia, di traduzioni liriche dal latino al greco, di saggi critici ed eruditi e poeta, ma anche irrimediabilmente deformato nel corpo a causa della rachitide e nell’anima per un immedicabile tristezza. Fu colpito anche da una malattia agli occhi che lo costrinsero a rinunciare alla lettura, il giovane sprofondò in meditazioni e s’incupì.
Visse a Firenze fino al settembre del 1833; da Firenze andò a Napoli accompagnato da Antonio Ranieri. Parte a Napoli e parte in una villetta di Torre del Greco, alle favole del Vesuvio, il Leopardi trascorse gli ultimi anni di vita. Il 14 giugno 1837 la morte lo liberò dai suoi mali.