Fermo restando che Pirandello resta unico nella grandiosità e universalità della sua opera, soprattutto per quanto riguarda il teatro, senz'altro possiamo confrontare Pirandello con due scrittori: uno, Giovanni Verga, che lo ha preceduto, è stato fortemente ammirato da Pirandello stesso; l’altro, Italo Svevo, che gli è stato contemporaneo, ha un po’ condiviso, con l’autore agrigentino, la sorte di una tardiva scoperta da parte del pubblico e della critica. Per quanto riguarda Verga, Pirandello sembra riprendere il motivo di fondo di una rappresentazione della “vera” condizione umana (e per questo Verga è definito “scrittore di cose”) e il verismo costituisce il lontano punto di partenza dell’arte pirandelliana. Per quanto riguarda Italo Svevo, a parte la coincidenza di un successo che, come per Pirandello, viene raggiunto alcuni anni dopo la pubblicazione delle prime opere, quando nella società si creano le condizioni per apprezzare le tematiche proposte dall'arte pirandelliana e sveviana, con lui Pirandello ha in comune l’analisi della crisi esistenziale dell’uomo contemporaneo. Come dopo farà Svevo nella sua Coscienza di Zeno, anche Pirandello, ne Il fu Mattia Pascal, dissolve in parte il personaggio nei flussi della memoria e, ancora come Svevo, si sofferma sulla psicanalisi, la nuova scienza che pretende di razionalizzare la psiche umana.