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Proclamazione della Repubblica e abolizione della Monarchia

In seguito alle sfortunate vicende militari del nostro paese nel corso della seconda guerra mondiale, il 25 luglio 1943 il re Vittorio Emanuele III revocò l’incarico di capo del governo a Mussolini e nominò al suo posto il maresciallo Pietro Badoglio. Questi demolì rapidamente il sistema costituzionale fascista: il partito fascista, le organizzazioni fiancheggiatrici, la camera dei fasci e delle corporazioni e il gran consiglio del fascismo furono soppressi.
La firma dell’armistizio con le potenze alleate (5 settembre 1943), resa però di pubblico dominio solo l’8 settembre portò l’Italia ad una divisione in due parti: le regioni meridionali e le isole occupate dagli anglo-americani rimasero sotto il controllo del governo Badoglio, mentre nel nord occupato dai tedeschi, si formò un governo fascista guidato da Mussolini che diede vita alla repubblica sociale italiana. Quest’ultima crollò nell'aprile 1945 sotto la spinta degli eserciti alleati e delle forze popolari della resistenza.
Intanto era stato deciso che la scelta della forma istituzionale dello stato (monarchia o repubblica) doveva essere fatta direttamente dal popolo mediante un referendum e che contemporaneamente doveva essere eletta a suffragio universale un’assemblea costituente per preparare la nuova Costituzione dello stato.
La duplice consultazione elettorale si svolse il 2 giugno 1946. Il referendum dette esito favorevole alla repubblica che ottenne 12.712.923 voti contro i 10.719.284 voti tenuti dalla monarchia. Fu pertanto proclamata la repubblica e venne insediato un capo provvisorio dello stato, nella persona di Enrico De Nicola, mentre l’assemblea costituente iniziava i suoi lavori che iniziavano nettamente dalle norme morali, religiose e di buona condotta. Esse infatti sono:

Coercitive, in quanto, oltre che obbligatorie per tutti, possono essere imposte dallo stato con la forza a chi si rifiuti di osservarle spontaneamente (es. il renitente alla leva è prelevato a casa dai carabinieri);

Generali, in quanto non si rivolgono a questo o a quel cittadino (dando luogo a particolari privilegi o a odiose discriminazioni), ma alla generalità delle persone (es: tutti i ladri sono penalmente perseguibili).

Astratte, in quanto ognuna di esse si riferisce a un caso ipotetico che diventa concreto e specifico solo nel momento in cui si verifica il fatto (es. la legge penale non dice Caio ha rubato e quindi deve essere arrestato bensì il ladro deve essere arrestato).

Bilaterali, in quanto stabiliscono rapporti giuridici tra due o più persone: nel momento in cui la norma impone un obbligo a un individuo, al tempo stesso attribuisce ad un altro individuo il diritto di pretendere che tale obbligo sia osservato (la norma morale e religiosa impone ai ricchi l’elemosina ma non dà ai poveri il diritto di pretenderla).



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