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Nascita Movimento Operaio

Riassunto:
La vita di fabbrica nell'Ottocento si rivelò per gli operai un esperienza sconvolgente. A differenza del passato, quando l’artigiano o il contadino potevano decidere liberamente il ritmo e la durata del lavoro, riposandosi se si sentivano stanchi, adesso bisognava adeguare i propri movimenti al ritmo delle macchine, eseguire gli ordini dei superiori, rispettare il regolamento interno per evitare multe e maltrattamenti, inoltre gli ambienti di lavoro non erano affatto igienici e sicuri, né vi era la possibilità di contrattare il salario e l’orario di lavoro.
E’ proprio nella fabbrica, tuttavia, che gli operai affratellati dalle sofferenze incominciano a riflettere sulla loro triste esistenza, incominciano a rendersi conto di condividere la stessa sorte, di avere interessi comuni, di appartenere alla stessa classe sociale, la classe operaia. Si comprende così che solo attraverso la solidarietà e l’unità si potranno migliorare le proprie condizioni di vita. Si potranno contrastare con successo lo sfruttamento a cui erano sottoposti i lavoratori da parte degli imprenditori.
Le prime organizzazioni sindacali (Trade Unions), sorte in Inghilterra, devono agire agli inizi della clandestinità, non solo perché gli imprenditori si rifiutano di assumere o licenziano i militanti, ma anche perché i governi li perseguitano come delinquenti comuni. A seguito di dure lotte, tuttavia, i lavoratori ottengono il riconoscimento delle organizzazioni operaie (diritto di associazione), rivendicano il diritto di sciopero, la riduzione della giornata di lavoro, una migliore tutela del lavoro anche per le donne e i fanciulli, la contrattazione del salario.
Questa presa di coscienza, questa consapevolezza della propria forza raggiunge gradatamente anche gli altri paesi europei investiti dalla rivoluzione industriale, nascono i sindacati per difendere gli interessi dei lavoratori che si organizzano anche in partiti per portare avanti le esigenze della classe operaia.
Sotto la spinta del pensiero di Karl Marx e Friedrich Engels, autori nel 1848 del Manifesto del partito comunista, si sviluppa in tutta Europa il movimento socialista che prevede in prospettiva l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e l’avvento di una società senza classi, senza sfruttati e sfruttatori.
I due autori infatti, dopo aver analizzato la divisione della società tra borghesia e proletariato, dopo aver teorizzato la lotta di classe come strumento per arrivare al rovesciamento violento di tutto l’ordine sociale finora esistente concludono affermando: “le classi dominanti tremino al pensiero d’una rivoluzione comunista. I proletari non hanno da perdervi che le loro catene. Hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi unitevi”.
In attesa di realizzare gli ideali rivoluzionari, il movimento socialista s’impegna per tutelare i diritti e gli interessi immediati dei lavoratori, mandando i propri uomini nei parlamenti, chiedendo con fermezza nuove leggi per la tutela del lavoro nelle fabbriche e per l’assistenza dei lavoratori. Anche nel mondo cattolico si pone il problema della questione sociale, ma il sorgere di un movimento operaio ispirato ai principi del Cristianesimo è in parte ritardato dalle posizioni reazionarie assunte per buona parte dell’Ottocento dalla Chiesa, che cercava di difendere tenacemente gli ultimi resti del potere temporale, opponendosi ad ogni idea di progresso. Molti cattolici tuttavia, laici e sacerdoti, sentirono in maniera viva il problema del lavoro, riscoperto anche attraverso una più attenta lettura dei testi evangelici, dove il lavoro, così disprezzato nel mondo antico, era stato riabilitato e collocato ai vertici della vita sociale. La presenza dei cattolici nella lotta politica e sindacale unita ad una più attenta lettura dei tempi, indusse il pontefice Leone XIII a pubblicare nel 1891, dopo aver vinto le resistenze della curia romana, l'enciclica Rerum novarum, in cui s'invitano i cattolici ad interessarsi dei problemi che affliggono gli strati più umili della società.
Leone XIII raccomanda di recare speranza agli operai, agevolare il loro cammino per riportarli "rinsaviti sulla strada della fede", da cui li ha allontanati il socialismo, offrire loro patrocinio e soccorso attraverso associazioni operaie di ispirazione cattolica: nello stesso tempo condanna i capitalisti che per il loro tornaconto opprimono il lavoratore, defraudandolo della "giusta mercede".



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