Temi Svolti: Art. ambito socio-scientifico
Gli scienziati e gli esperti di climatologia da tempo hanno lanciato l’allarme: il Mediterraneo rischia di trasformarsi in un mare tropicale. Citano i dati relativi al rialzo della temperatura media delle sue acque, aumentata dal 1950 ad oggi di una misura tra i 0,2 e i 2,8 gradi centigradi e, in agosto, addirittura di 8 gradi. E’ una delle conseguenze del surriscaldamento della superficie terrestre dovuto al cosiddetto effetto-serra. Si scriva un articolo (il titolo, breve ma efficace, può essere Allarme Mediterraneo) che evidenze la gravità del problema ed i possibili rischi per il nostro Paese.Le previsioni degli esperti di climatologia, dati alla mano, prospettano uno storico e preoccupante cambiamento.
Allarme Mediterraneo
Il nostro mare rischia di trasformarsi in un bacino tropicale, con conseguenti stagioni più calde intervallate da violente precipitazioni che interessano tutte le regioni bagnate dalle sue acque. L’Italia non sarà immune dai pericoli di siccità, soprattutto nel Mezzogiorno, e di alluvioni, in particolare nel Settentrione.
I timori legati agli effetti immediati e futuri degli sconvolgimenti climatici, che attualmente stanno interessando la superficie del Pianeta e che trovano la loro causa nell'allargamento del buco nello strato d’ozono dovuto all'emissione sempre più massiccia dei cosiddetti “gas-serra”, riguardano anche il Mediterraneo che, se è, o almeno dovrebbe essere, al sicuro dagli attacchi dei violenti uragani che scuotono di frequente (ad esempio l’uragano Mitch, tanto per nominarne uno) le aree tropicali, non può dirsi altrettanto dal rischio di ritrovarsi, tra non molto tempo, con un livello d’acqua ed una temperatura media più alti.
I climatologi europei oramai da tempo discutono sull'entità dei dati a disposizione, elaborati in collaborazione con gli studiosi americani: da tali dati, risulta che la temperatura media del mar Mediterraneo, relativa però solo al mese di agosto, è aumentata, dal 1950 ad oggi, di ben 8 gradi, con un valore medio annuo salito di una misura che, a seconda delle zone, va da 0,2 gradi a 2,8.
Sono dati, questi, che mettono in allarme gli esperti, i quali hanno constatato come tale fenomeno, benché non possa comportare rischi di uragani, si basi pur sempre sul medesimo meccanismo originante questi ultimi, cioè sull'incremento del riscaldamento dell’aria prodotto dalla composizione dell’atmosfera alterata dall'inquinamento urbano.
E’ stato calcolato che la quantità di anidride carbonica (uno dei gas-serra più deleteri) presente nell'atmosfera a causa delle combustioni sempre più numerose dovute all'estendersi dell’industrializzazione e all'incremento degli autoveicoli con motore a scoppio circolanti, è aumentata costantemente negli ultimi anni, con un incremento, nell'ultimo mezzo secolo, del 20% variazione prodotta precedentemente in addirittura 100 milioni di anni.
Le cifre parlano chiaro: il Mediterraneo tende a trasformarsi in un mare tropicale, con stagioni estive caratterizzate da temperature molto alte, intervallate da brevi e violente precipitazioni. Quella che gli esperti chiamano tropicalizzazione del clima; investirà ovviamente anche l’Italia, in particolare regioni quali la Liguria ed il Friuli al Nord, la Toscana ed il Lazio al Centro, la Campania e la Calabria al Sud. Questo perché tali regioni sono tradizionalmente a rischio di alluvioni per la particolare conformazione del suolo e, in riferimento a Liguria, Toscana e Friuli, per la posizione geografica che occupano, addossate come sono, le tre regioni citate, a catene montuose (Appennino Ligure, Appennino Tosco-Emiliano, Alpi Carniche e Giulie, Alpi Apuane), fattori che favoriscono condizioni atmosferiche caratterizzate da enormi accumuli di energia e di vapor acqueo, da cui possono derivare abbondantissime precipitazioni.
Insomma, nel nostro Paese, così come in tutti quelli che si affacciano sul Mediterraneo, il detto non esistono più le mezze stagioni forse non sarà più un semplice luogo comune e dovremo abituarci a temperature tropicali al Sud ed a violenti acquazzoni al Nord.
Cosa forse anche sopportabile se non fosse per il fatto che, nel primo caso, il molto caldo è sinonimo di siccità per zone che dipendono ancora tanto dall'attività agricola e, nel secondo, i forti temporali fanno aumentare il livello dei fiumi, provocando alluvioni e inondazioni in aree geografiche che già in passato hanno dovuto fare i conti con tali calamità.
Insomma, secondo le previsioni dei climatologi, il Mediterraneo a breve non sarà più l’invidiata regione dalle temperature moderate e dalle stagioni tendenzialmente clementi, ma sarà investito anch'esso dal vento tropicale, da periodi di siccità prolungata, alternati a tempeste che, in poco tempo, scaricano tanta acqua che la terra non è in grado di assorbire.
Conseguenza di ciò, secondo il gruppo di scienziati organizzato dall’O.N.U., sarà l’aumento di una ventina di centimetri del livello d’acqua del Mediterraneo: il sale s’infiltrerà in alcune falde che assicurano il ricambio dell’acqua potabile, cambiando volto ad intere zone costiere.
Pensiamo a cosa potrà accadere alla Laguna veneta, al delta del Po o a molte spiagge dell’Italia meridionale, mentre già oggi ampie regioni della Spagna, della Corsica, della Grecia e dell’Italia meridionale si stanno inaridendo. Secondo le ricerche degli scienziati, solo nel nostro Paese, 11 mila chilometri quadrati potrebbero essere conquistati dal mare; i dati della Convenzione sulla desertificazione parlano invece di 27% del territorio italiano esposto ad un elevato rischio di erosione, mentre, nel frattempo, il caldo fa arretrare i ghiacciai alpini che, in 40 anni, hanno perso l’8% della loro superficie, arrivando a cedere fino a 40 metri l’anno.
Per evitare che la Terra sia ridisegnata dagli sconvolgimenti climatici, occorre ridurre al più presto la produzione dei “gas-serra”, responsabili del progressivo sfaldamento dell’ozono che protegge il Globo dai raggi ultravioletti. Ma occorre pure promuovere una cultura ecologica che insegni all'uomo contemporaneo, fin da piccolo, a rispettare l’ambiente in cui vive, non inquinandolo.
Urgono, infine, alcuni provvedimenti da adottare per la sicurezza. In primo luogo, c’è bisogno di notevoli investimenti finanziari per garantire un monitoraggio costante e previsioni del tempo sempre più dettagliate, soprattutto per le zone considerate maggiormente a rischio, con moderni laboratori per la meteorologia e la modellistica ambientale, collegati a radar satellite.
In secondo luogo, ogni Stato dovrà dotarsi di un centro di ricerche meteorologiche e d’elaborazione dati per previsioni e modelli riguardanti aree ristrette dove intense piogge, frane ed alluvioni sono ricorrenti.
In terzo luogo, va coinvolta l’ingegneria civile per adattare tutte le opere dell’uomo sul territorio (dalle sezioni e dagli argini dei torrenti e degli alvei dei fiumi minori alle strade, dalle fondamenta ai tetti ed alle grondaie delle abitazioni, dalle tubature fognarie ai piani bassi degli edifici) ai nuovi e più efficaci criteri di costruzione.