“Chi uccide un bambino spegne il sorriso di una fata”. Questa è forse la frase più famosa del cosiddetto Grande bimbo, Iqbal Masih. In classe abbiamo visto un film sulla vita di questo eroe pakistano e all'inizio faticavo a credere alla sua autenticità. Nato in Pakistan da una famiglia poverissima, per la quale ogni giorno andare avanti era un’impresa, a quattro anni viene venduto a un signore che promette ai genitori di Iqbal di custodirlo come se fosse suo figlio, a garantirgli il futuro che loro non avrebbero potuto dargli. I genitori, anche se a malincuore, accettano. Ma arrivato a casa del signore, Iqbal scopre un’amara verità. Viene incatenato e costretto per 12 ore al giorno a tessere tappeti, insieme a tanti altri bambini. Un giorno uscì di nascosto dalla fabbrica e partecipò ad una manifestazione del "Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato”, in cui Iqbal decise spontaneamente di raccontare la sua storia e la condizione di sofferenza degli altri bambini nella fabbrica di tappeti in cui lavorava. Gli avvocati del sindacato contribuirono a liberare lui e tutti gli altri bambini schiavi del lavoro minorile e lo indirizzarono allo studio e all'attività in difesa dei diritti dei bambini. Grazie a Iqbal, circa tremila piccoli schiavi poterono uscire dal loro inferno: sotto la pressione internazionale, il governo pakistano chiuse decine di fabbriche di tappeti.