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Il babbo di Kafka

In poche battute Landolfi sa sviluppare narrazioni perfettamente compiute e significative. Qui l'incubo che affiora (il ritorno del padre dispotico) prende le fattezze mostruose di un orribile insetto, così come avveniva nel celebre racconto kafkiano La metamorfosi (1915). La situazione generale si spiega alla luce del rapporto conflittuale che unì Kafka al genitore, come emerge dalla celebre Lettera al padre (1919). Landolfi riflette su tutto ciò, dandone una sua personalissima interpretazione.

Temi: la trasfigurazione fantastica della realtà, l'incubo che affiora, l'insanabile conflitto padre-figlio.
Anno: 1942.

Analisi del testo
Per comprendere il racconto di Landolfi dobbiamo tenere presenti due testi di Kafka: la Lettera al padre a La metamorfosi. Dalla lettera apprendiamo che il padre di Kafka, Hermann, fu un vero e proprio despota: ex soldato, corpulento e autoritario, depositario agli occhi del figlio di ogni verità, cercò di fare del ragazzo un carattere forte, senza intuire la delicata sensibilità e la vocazione del figlio per la riflessione e la lettura. Ritroviamo in parte questi elementi anche nel celebre racconto kafkiano La metamorfosi, dove il padre reagisce con insofferenza e prepotenza all'improvvisa trasformazione in insetto del figlio Gregor: gli scaglia contro una mela, che lo ferisce gravemente, e con rabbia lo insegue nella stanza.
Ma nel racconto di Landolfi, le parti misteriosamente si sono invertite: adesso è il padre a essersi trasformato in un mostruoso insetto; tuttavia, nonostante la trasformazione, sembra ancora minacciare il figlio, come in passato. Che diamine ho fatto ancora? si chiede Kafka, davanti a quella grossa testa di ragno con gli occhi iniettati di sangue per la rabbia. Il ricordo va irresistibilmente alle scenate che, senza un chiaro motivo, il padre soleva fargli, e che sono ritratte nella Lettera al padre.
Poi però il padre ragno si volge indietro e scompare: Landolfi cita direttamente una scena della Metamorfosi, nella quale Gregor, il figlio insetto, cerca di placare la rabbia paterna scomparendo nella sua stanza e cercando di causare il minor fastidio possibile alla famiglia. Uscirà dalla sua stanza tana solo dopo parecchio tempo: come Gregor, anch'egli mostra un'aria implorante, quasi a chiedere perdono e amore al figliuolo. Ma il Kafka del racconto di Landolfi lo uccide senza pietà, inseguendolo con rabbia, precisamente come accadeva, a parti invertite, nella Metamorfosi.
In tal modo il racconto di Kafka viene completamente rovesciato:
  • nella Metamorfosi Kafka aveva attribuito a se stesso i caratteri di un insetto inutile e noioso, gli stessi aspetti che suo padre attribuiva a lui;
  • qui invece il mostro è il padre: come a dire che è il figlio ad averlo ridotto così, con la sua avversione (esplicitata nella Lettura al padre) verso quella figura paterna.
A nulla varrà l'uccisione, sul finale, del ragno spaventoso: infatti, Kafka credeva d'essersene liberato per sempre, ma si sbagliava, perché tanti altri ragni (cioè conflitti inconsci e sensi di colpa) rimanevano nel vecchio maniero: sono altrettante incarnazioni dei suoi incubi e forse anche dei sui rimorsi di figlio poco affettuoso.
Ritroviamo nel racconto due aspetti tipici di Landolfi:
  • il gusto per la citazione e per il gioco letterario (nel richiamo a Kafka e ai suoi testi);
  • la disposizione alla stravaganza, a un mostruoso che si svolge in uno spazio domestico, ma che non per questo risulta meno inquietante. Parole e situazioni comuni si accendono come in un incubo, tanto più angoscioso, perché rivestito di apparente normalità.



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