Storia del '900
Riassunto:
Quando il vecchio secolo muore e inizia il Novecento, in Europa e nel nord America, si è affermata la civiltà della macchina, della tecnica, della velocità. Le automobili sono prodotte in serie, viene inventato l'aeroplano che in pochi anni è in grado di trasvolare l'oceano. I trasporti e i collegamenti diventano più veloci e con essi si accelerano i ritmi del lavoro e della vita di tutti i giorni.
Protagonista di questo sviluppo è l'industria che cresce sempre più e ha bisogno di sempre maggiori sbocchi per le proprie merci.
Anche nel nostro paese, sia pure con ritardo, la modernizzazione avanza, le condizioni di vita e di lavoro migliorano, la società evolve, si riduce il numero degli analfabeti, nuovi ceti conquistano un modesto benessere e accedono alla cultura. Ma le tensioni, i conflitti, le disuguaglianze rimangono ancora molto forti. La miseria che colpisce il Meridione e, nel Settentrione, il Veneto e il Friuli, dà origine al fenomeno dell'emigrazione. Una massa imponente di italiani (circa otto milioni fra il 1901 e il 1913) è costretta a recarsi all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, in cerca di lavoro e di fortuna.
Inoltre è diventata più forte la competizione tra gli stati. Le potenze industriali si sono divise il mondo conquistando così mercati in cui vendere le merci prodotte dall'industria e territori da cui ricavare materie prime a basso costo realizzando in questo modo una politica di prestigio per acquisire posizioni di forza nei rapporti internazionali. Questo fenomeno, che viene chiamato imperialismo, si era sviluppato soprattutto negli ultimi decenni dell'Ottocento e ben presto porterà allo scoppio della prima guerra mondiale. In questa situazione, anche nella cultura e nella mentalità diffusa si affermano i concetti di potenza, conquista, dominio del più forte sul più debole, superiorità della razza bianca, supremazia della propria nazione sulle altre.
La rottura col passato
Riferendoci all'Italia, molti scrittori e artisti esprimono il bisogno di partecipare alla modernità e di contribuire alla trasformazione del mondo. Vogliono mettere la cultura al passo con le rapide innovazioni della tecnica e dell'industria. Ma non per aprirla a tutti, democraticamente, bensì spinti da un desiderio irrazionale, di controllo e dominio del mondo. Si afferma un tipo di intellettuale polemico, aggressivo, provocatorio.
Non tutti naturalmente sostengono le stesse posizioni, ma possiamo dire che nella cultura del primo Novecento ciò che domina è il senso della diversità, della novità, della rottura con il passato. L'uomo moderno ha conquistato la possibilità di un maggior benessere, ma è più teso e inquieto, in un mondo pieno di conflitti e di squilibri. In modi molto diversi anche gli artisti e gli scrittori fanno i conti con la modernità: alcuni per criticarla, altri per esaltarla, ma tutti con la volontà di esprimersi in un modo nuovo, rifiutando la tradizione. L'arte e la poesia devono trovare un linguaggio completamente nuovo.
Due movimenti poetici italiani, quello dei crepuscolari e quello dei futuristi esprimono due rapporti molto diversi con il mondo contemporaneo e usano due linguaggi molto lontani l'uno dall'altro: ma entrambi rompono con le forme tradizionali della poesia dell'Ottocento e inventano linguaggi poetici nuovi.
Rifiuto ed esaltazione della modernità: crepuscolari e futuristi.
I crepuscolari non amano la modernità, sentono che la tecnica, il dominio delle macchine, schiaccia l'uomo, lo rende impotente. Anche la funzione del poeta, secondo loro, diventa marginale: nel frastuono della civiltà delle macchine la sua voce non conta molto ed egli non può più attribuirsi alcuna grande missione. Non deve perciò nemmeno usare parole altisonanti, toni celebrativi, sublimi. La sua poesia parlerà di piccole cose, di oggetti umili e quotidiani, di situazioni banali, I crepuscolari compiono così una vera e propria rivoluzione del linguaggio poetico: esso si avvicina a quello della lingua parlata, costituendo in questo senso una netta frattura con la tradizione.
Dal lato opposto, gli artisti futuristi esaltano la civiltà moderna, sono affascinati dal mito della velocità e della macchina, esaltano la forza eroica dell'artista che non deve fermarsi a riflettere, a esprimere i propri sentimenti, ma deve immergersi nella vita e rappresentare oggetti materiali in continua trasformazione, come sono quelli prodotti dalle macchine.
Riassunto:
Quando il vecchio secolo muore e inizia il Novecento, in Europa e nel nord America, si è affermata la civiltà della macchina, della tecnica, della velocità. Le automobili sono prodotte in serie, viene inventato l'aeroplano che in pochi anni è in grado di trasvolare l'oceano. I trasporti e i collegamenti diventano più veloci e con essi si accelerano i ritmi del lavoro e della vita di tutti i giorni.
Protagonista di questo sviluppo è l'industria che cresce sempre più e ha bisogno di sempre maggiori sbocchi per le proprie merci.
Anche nel nostro paese, sia pure con ritardo, la modernizzazione avanza, le condizioni di vita e di lavoro migliorano, la società evolve, si riduce il numero degli analfabeti, nuovi ceti conquistano un modesto benessere e accedono alla cultura. Ma le tensioni, i conflitti, le disuguaglianze rimangono ancora molto forti. La miseria che colpisce il Meridione e, nel Settentrione, il Veneto e il Friuli, dà origine al fenomeno dell'emigrazione. Una massa imponente di italiani (circa otto milioni fra il 1901 e il 1913) è costretta a recarsi all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, in cerca di lavoro e di fortuna.
Inoltre è diventata più forte la competizione tra gli stati. Le potenze industriali si sono divise il mondo conquistando così mercati in cui vendere le merci prodotte dall'industria e territori da cui ricavare materie prime a basso costo realizzando in questo modo una politica di prestigio per acquisire posizioni di forza nei rapporti internazionali. Questo fenomeno, che viene chiamato imperialismo, si era sviluppato soprattutto negli ultimi decenni dell'Ottocento e ben presto porterà allo scoppio della prima guerra mondiale. In questa situazione, anche nella cultura e nella mentalità diffusa si affermano i concetti di potenza, conquista, dominio del più forte sul più debole, superiorità della razza bianca, supremazia della propria nazione sulle altre.
La rottura col passato
Riferendoci all'Italia, molti scrittori e artisti esprimono il bisogno di partecipare alla modernità e di contribuire alla trasformazione del mondo. Vogliono mettere la cultura al passo con le rapide innovazioni della tecnica e dell'industria. Ma non per aprirla a tutti, democraticamente, bensì spinti da un desiderio irrazionale, di controllo e dominio del mondo. Si afferma un tipo di intellettuale polemico, aggressivo, provocatorio.
Non tutti naturalmente sostengono le stesse posizioni, ma possiamo dire che nella cultura del primo Novecento ciò che domina è il senso della diversità, della novità, della rottura con il passato. L'uomo moderno ha conquistato la possibilità di un maggior benessere, ma è più teso e inquieto, in un mondo pieno di conflitti e di squilibri. In modi molto diversi anche gli artisti e gli scrittori fanno i conti con la modernità: alcuni per criticarla, altri per esaltarla, ma tutti con la volontà di esprimersi in un modo nuovo, rifiutando la tradizione. L'arte e la poesia devono trovare un linguaggio completamente nuovo.
Due movimenti poetici italiani, quello dei crepuscolari e quello dei futuristi esprimono due rapporti molto diversi con il mondo contemporaneo e usano due linguaggi molto lontani l'uno dall'altro: ma entrambi rompono con le forme tradizionali della poesia dell'Ottocento e inventano linguaggi poetici nuovi.
Rifiuto ed esaltazione della modernità: crepuscolari e futuristi.
I crepuscolari non amano la modernità, sentono che la tecnica, il dominio delle macchine, schiaccia l'uomo, lo rende impotente. Anche la funzione del poeta, secondo loro, diventa marginale: nel frastuono della civiltà delle macchine la sua voce non conta molto ed egli non può più attribuirsi alcuna grande missione. Non deve perciò nemmeno usare parole altisonanti, toni celebrativi, sublimi. La sua poesia parlerà di piccole cose, di oggetti umili e quotidiani, di situazioni banali, I crepuscolari compiono così una vera e propria rivoluzione del linguaggio poetico: esso si avvicina a quello della lingua parlata, costituendo in questo senso una netta frattura con la tradizione.
Dal lato opposto, gli artisti futuristi esaltano la civiltà moderna, sono affascinati dal mito della velocità e della macchina, esaltano la forza eroica dell'artista che non deve fermarsi a riflettere, a esprimere i propri sentimenti, ma deve immergersi nella vita e rappresentare oggetti materiali in continua trasformazione, come sono quelli prodotti dalle macchine.