Riassunto:
La destra era riuscita a governare dal 1860 al 1876 (aveva compiuto l'unità nazionale, annessione del Veneto e di Roma, unificato il mercato nazionale) però aveva creato oppressione nelle classi più povere e non difendeva gli interessi dei ceti industriali. La differenza tra destra e sinistra è che la destra rappresenta gli interessi dei commercianti agiati, dei proprietari terrieri e imprenditori agricoli. Invece la Sinistra puntava allo sviluppo industriale e al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, perché si sapeva che la povertà impediva l'acquisto dei prodotti industriali.
Nel marzo del 1876 divenne presidente del consiglio Agostino Depretis, il capo della Sinistra. E così l'industria ottenne le protezioni a cui aspirava, infatti lo stato elargisce cospicue sovvenzioni per lo sviluppo dell'industria pesante.
Nacquero le prime e industrie, la prima fu un'acciaieria, la Fermi (1879), le officine metallurgiche Ernesto Breda e gli stabilimenti chimici Pirelli (1872) prime centrali elettriche 1884.
La sinistra nel 1877 rende obbligatoria l'istruzione primaria, nel 1880 abolisce la tassa sul macinato, nel 1882 si estende il voto a 2 milioni di italiani.
Tra il 1883-86 fu limitato il lavoro dei fanciulli. Intanto si avviano delle inchieste statali per conoscere meglio l'Italia.
La nascita della sinistra era dovuta all'afflusso di molti deputati di destra, questo era il trasformismo ed era spesso un mezzo di corruzione e di clientelismo.
Nel 1881 la Sinistra fu contraria al fatto che la Francia avesse occupato la Tunisia e nel 1882 conclude un trattato con la Germania e l'Austria, la triplice alleanza.
Fallisce il primo tentativo di espansione coloniale.
La svolta reazionaria di fine ottocento
Dal 1850 al 1870 l'economia europea conobbe un grande sviluppo economico che si arresta dopo il 1870. Una delle cause della crisi agricola europea fu la concorrenza americana, che produceva molto a prezzi bassi. Così i governi europei attuarono una politica protezionista, cioè difendere l'economia, facendo pagare dei pesanti dazi doganali per i prodotti stranieri.
Dopo il 1880 anche in Italia agricoltura e industria vanno in crisi, perché il prezzo del grano si dimezzò, e l'industria legata all'agricoltura, dovette ricorrere a una politica protezionista, perché erano minacciati dalla concorrenza dell'estero.
Così dal 1887 la Sinistra si occupava anche di difendere il mercato interno e disciplinare la produzione. Intanto nel 1887 divenne capo del governo Francesco Crispi (ex mazziniano ed ex garibaldino) che accentrò nelle mani anche i poteri di ministro degli interni e esteri.
Il protezionismo danneggiò i lavoratori perché aumentava il prezzo del pane, che causò scioperi da parte degli operai e contadini organizzati dai socialisti.
Crispi fece reperire duramente tali malcontenti istituendo la legge marziale (potere assoluto ai militari). In Sicilia venne proclamato lo stato d'assedio e nel 1893 tramite i prefetti ci fu il controllo dell'ordine pubblico.
Il capitalismo italiano ha bisogno di materie prime e intensifica i rapporti con la Germania e con l'Austria. L'Italia riprende l'espansionismo coloniale in Abissinia, ma non ci riesce, infatti l'esercito è sconfitto ad Amba Alegi (1895) e Maccelle (1896) ed a Adua (1896).
Con quest'ultima sconfitta Crispi si dimette lasciando il paese in crisi. Nel 1897 esplose il malcontento nel ferrarese iniziarono agitazioni sindacali (scioperi). Il capo del governo Antonio di Rudini sostituto di Crispi lasciò prendere la decisione all'esercito e il generale Bava Beccaris (a Milano) sparò cannonate sulla folla. Così si rischia un ritorno al passato perché i politici volevano limitare la libertà di associazione e di stampa. Nelle elezioni del 1900 i radicali, i socialisti e i repubblicani ottennero la maggioranza e il capo del governo fu il liberale moderato Giuseppe Saracco. Umberto I viene assassinato da Bresci. Il nuovo re Vittorio Emanuele II che instaurò una politica più democratica che fu più favorevole agli operai.
Il movimento operaio e il movimento cattolico
All'indomani della fondazione d'Italia, c'erano ben oltre 400 società di mutuo soccorso che si proponevano di migliorare le condizioni di vita degli iscritti, ma non erano né sindacati né rivoluzionari.
Intanto in Italia era giunto l'anarchico Michail Bakunin (1864) con lo scopo di far conoscere il programma internazionale sociale. Il socialismo cominciò a far presa sui braccianti e sui contadini poveri, quando ci furono lotte popolari contro la tassa del macinato. Il movimento operaio si organizzava in leghe (in quasi tutta Italia) in sindacati e camere del lavoro, gli iscritti erano soprattutto braccianti, contadini, operai.
A Genova nel 1892 nasce il partito socialista italiano, capeggiato da Filippo Turati, Camillo Prampolini, Andrea Bissolati e Andrea Costa.
I cattolici non parteciparono alla vita politica, ma si occupavano dei problemi sociali come la beneficenza, alle fondazioni delle aziende ecc.
La chiesa e i cattolici si trovarono davanti a duna questione sociale, e per risolvere bisognava avere un pensiero sociale che si opponesse al pensiero socialista. Nel 1891 papa Leone XIII fece un'enciclica Rerum novarum, che riconosceva un'equa distribuzione delle ricchezze e l'organizzazione in sindacati, nel rispetto dell'ordine e della proprietà. Così nascono i primi sindacati cattolici che riunivano i lavoratori cattolici. Nel 1901 il sacerdote Romolo Murri fondò un movimento cattolico, La Democrazia Cristiana che in breve tempo divenne un partito di massa, come quello socialista.
La destra era riuscita a governare dal 1860 al 1876 (aveva compiuto l'unità nazionale, annessione del Veneto e di Roma, unificato il mercato nazionale) però aveva creato oppressione nelle classi più povere e non difendeva gli interessi dei ceti industriali. La differenza tra destra e sinistra è che la destra rappresenta gli interessi dei commercianti agiati, dei proprietari terrieri e imprenditori agricoli. Invece la Sinistra puntava allo sviluppo industriale e al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, perché si sapeva che la povertà impediva l'acquisto dei prodotti industriali.
Nel marzo del 1876 divenne presidente del consiglio Agostino Depretis, il capo della Sinistra. E così l'industria ottenne le protezioni a cui aspirava, infatti lo stato elargisce cospicue sovvenzioni per lo sviluppo dell'industria pesante.
Nacquero le prime e industrie, la prima fu un'acciaieria, la Fermi (1879), le officine metallurgiche Ernesto Breda e gli stabilimenti chimici Pirelli (1872) prime centrali elettriche 1884.
La sinistra nel 1877 rende obbligatoria l'istruzione primaria, nel 1880 abolisce la tassa sul macinato, nel 1882 si estende il voto a 2 milioni di italiani.
Tra il 1883-86 fu limitato il lavoro dei fanciulli. Intanto si avviano delle inchieste statali per conoscere meglio l'Italia.
La nascita della sinistra era dovuta all'afflusso di molti deputati di destra, questo era il trasformismo ed era spesso un mezzo di corruzione e di clientelismo.
Nel 1881 la Sinistra fu contraria al fatto che la Francia avesse occupato la Tunisia e nel 1882 conclude un trattato con la Germania e l'Austria, la triplice alleanza.
Fallisce il primo tentativo di espansione coloniale.
La svolta reazionaria di fine ottocento
Dal 1850 al 1870 l'economia europea conobbe un grande sviluppo economico che si arresta dopo il 1870. Una delle cause della crisi agricola europea fu la concorrenza americana, che produceva molto a prezzi bassi. Così i governi europei attuarono una politica protezionista, cioè difendere l'economia, facendo pagare dei pesanti dazi doganali per i prodotti stranieri.
Dopo il 1880 anche in Italia agricoltura e industria vanno in crisi, perché il prezzo del grano si dimezzò, e l'industria legata all'agricoltura, dovette ricorrere a una politica protezionista, perché erano minacciati dalla concorrenza dell'estero.
Così dal 1887 la Sinistra si occupava anche di difendere il mercato interno e disciplinare la produzione. Intanto nel 1887 divenne capo del governo Francesco Crispi (ex mazziniano ed ex garibaldino) che accentrò nelle mani anche i poteri di ministro degli interni e esteri.
Il protezionismo danneggiò i lavoratori perché aumentava il prezzo del pane, che causò scioperi da parte degli operai e contadini organizzati dai socialisti.
Crispi fece reperire duramente tali malcontenti istituendo la legge marziale (potere assoluto ai militari). In Sicilia venne proclamato lo stato d'assedio e nel 1893 tramite i prefetti ci fu il controllo dell'ordine pubblico.
Il capitalismo italiano ha bisogno di materie prime e intensifica i rapporti con la Germania e con l'Austria. L'Italia riprende l'espansionismo coloniale in Abissinia, ma non ci riesce, infatti l'esercito è sconfitto ad Amba Alegi (1895) e Maccelle (1896) ed a Adua (1896).
Con quest'ultima sconfitta Crispi si dimette lasciando il paese in crisi. Nel 1897 esplose il malcontento nel ferrarese iniziarono agitazioni sindacali (scioperi). Il capo del governo Antonio di Rudini sostituto di Crispi lasciò prendere la decisione all'esercito e il generale Bava Beccaris (a Milano) sparò cannonate sulla folla. Così si rischia un ritorno al passato perché i politici volevano limitare la libertà di associazione e di stampa. Nelle elezioni del 1900 i radicali, i socialisti e i repubblicani ottennero la maggioranza e il capo del governo fu il liberale moderato Giuseppe Saracco. Umberto I viene assassinato da Bresci. Il nuovo re Vittorio Emanuele II che instaurò una politica più democratica che fu più favorevole agli operai.
Il movimento operaio e il movimento cattolico
All'indomani della fondazione d'Italia, c'erano ben oltre 400 società di mutuo soccorso che si proponevano di migliorare le condizioni di vita degli iscritti, ma non erano né sindacati né rivoluzionari.
Intanto in Italia era giunto l'anarchico Michail Bakunin (1864) con lo scopo di far conoscere il programma internazionale sociale. Il socialismo cominciò a far presa sui braccianti e sui contadini poveri, quando ci furono lotte popolari contro la tassa del macinato. Il movimento operaio si organizzava in leghe (in quasi tutta Italia) in sindacati e camere del lavoro, gli iscritti erano soprattutto braccianti, contadini, operai.
A Genova nel 1892 nasce il partito socialista italiano, capeggiato da Filippo Turati, Camillo Prampolini, Andrea Bissolati e Andrea Costa.
I cattolici non parteciparono alla vita politica, ma si occupavano dei problemi sociali come la beneficenza, alle fondazioni delle aziende ecc.
La chiesa e i cattolici si trovarono davanti a duna questione sociale, e per risolvere bisognava avere un pensiero sociale che si opponesse al pensiero socialista. Nel 1891 papa Leone XIII fece un'enciclica Rerum novarum, che riconosceva un'equa distribuzione delle ricchezze e l'organizzazione in sindacati, nel rispetto dell'ordine e della proprietà. Così nascono i primi sindacati cattolici che riunivano i lavoratori cattolici. Nel 1901 il sacerdote Romolo Murri fondò un movimento cattolico, La Democrazia Cristiana che in breve tempo divenne un partito di massa, come quello socialista.