Fu sui fascicoli del Convito che uscirono, prima di essere raccolti in volume, molti dei Poemi conviviali di Pascoli, che dal nome della rivista prendono il titolo: l’aggettivo conviviali deriva infatti dal sostantivo convito, l’antico banchetto greco (conosciuto anche con il nome di simposio in cui si declamavano poesie accompagnate dalla musica.
Il canto di valori profondi e duraturi
Nati in tale contesto, i Conviviali riflettono una raffinata cultura classicistica e una veste letteraria impeccabile: Pascoli, non va dimenticato, era professore di latino e greco. Ma non c’è solo erudizione o formalismo, in questi poemetti. L’eleganza formale e i temi attinti dal patrimonio classico sono infatti utilizzati dal poeta come strumenti per un’accorata presa di posizione pessimistica contro i vizi dominanti nella civiltà contemporanea: la volgarità, l’ingiustizia, la disumanità, il caos.
Non c’è per solo fuga a ritroso e nostalgia, nei Conviviali. C’è anche un tentativo di difendere i valori e i sentimenti umani più duraturi: in Alexandros (1895) viene esaltata l’aspirazione all’oltre, in Gog Magog (1895) il contrasto fra istinto selvaggio e civiltà, in Anticlo (1899) la bellezza femminile, incarnata da Elena.
Le due figure più emblematiche sono quelle più antiche e mitiche, ovvero:
- Ulisse, che in L’ultimo viaggio, malgrado sia già vecchio, riparte per rivedere i luoghi delle sue avventure; ma i suoi ricordi non corrispondono più alla realtà;
- Omero, che in Il cieco di Chio (1897) accetta volentieri il male della cecità, in cmabio dell’amore e della seconda vista, quella dell’anima.
Su tutto aleggia, onnipresente, il senso della limitatezza e della caducità umana, che rende davvero moderno e suggestivo il classicismo di Pascoli.
Un eterno presente di dolore
Il poeta non nutre alcun interesse veramente storico per la classicità: sul mondo antico proietta le ansie e la sensibilità moderne. L’ambientazione preziosa, i riferimenti dotti favoriscono l’evocazione di atmosfere sognanti, perplesse, cariche di mistero: su tutto domina la percezione che nulla è stabile per riscattare il dolore e il nulla della vita. La sintesi più valida di questi motivi è espressa nel v.40 di Alexandros: e il canto passa ed oltre noi dilegua.