Su queste basi nacque la letteratura espressionista; tra i suoi autori citiamo il poeta austriaco Georg Trakl (1887-1914) e lo scrittore tedesco Alfred Doblin (1878-1957). Essa usava proiettili verbali, mescolanze di ogni tipo, contenuti bizzarri e paradossali, la scomposizione dei piani logici; i suoi temi preferiti erano incubi e ossessioni.
L'eredità più feconda dell'Espressionismo si avverte nelle opere di alcuni scrittori europei influenzati da questi fenomeni, ma che ancora non possono essere definiti espressionisti: tra loro, il drammaturgo svedese Aufust Strindberg, l'autore di Danza macabra (1901), il narratore irlandese James Joyce, il discusso scrittore francese Louis Ferdinand Celine.
In Italia i più vicini all'Espressionismo furono il già citato Federigo Tozzi e, più avanti, il romanziere Carlo Emilio Gadda; ma anche il gruppo degli scrittori vociani (Slataper, Jahier, Boine), aderenti cioè alla rivista fiorentina La Voce (1908-16), manifesta alcuni caratteri espressionistici.
L'Espressionismo suggerì soluzioni feconde anche in campo teatrale. Un precursore fu il tedesco Frank Wedekind (1864-1918), l'autore di Lulù (1904), musicato da Alban Berg e di cui il regista Georg Wilhelm Pabst diede nel 1929 una famosa versione cinematografica. Lulù è un fantoccio senza umanità simbolo del vuoto delle coscienze e della stupidità del male. All'Espressionismo si ispira il teatro grottesco dell'italiano Rosso di San Secondo (Marionette, che passione!, 1918). A esso, almeno in parte, si richiama anche l'impietosa messa a nudo delle mille contraddizioni del vivere operata da Luigi Pirandello nel teatro delle sue maschere nude. La sua espressione più famosa sarà Sei personaggi in cerca d'autore (1921), un dramma non a caso concluso con la morte in diretta di uno dei personaggi e la stridula risata, beffardamente grottesca, dell'ambigua protagonista, la Figliastra.