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Prima della Seconda Guerra Mondiale

Riassunto:


Una volta che Hitler fu nominato cancelliere, il nazismo iniziò a mostrare il suo volto aggressivo anche nel resto dell'Europa. nell'ottobre 1933 la Germani si ritirò dalla Società delle Nazioni, iniziativa che segnò il definitivo abbandono dallo spirito di Locarno. In seguito alla riannessione della Saar , Hitler iniziò a potenziare l'esercito (Wehrmacht) e nel marzo 1936 occupò la Renania, in aperta violazione del trattato di Versailles. Ciò nonostante Francia e Inghilterra non seppero reagire, esprimendo una generica condanna nei confronti dell'iniziativa tedesca. Nel frattempo Hitler cercava di stringere un accordo con Mussolini, Il quale, inizialmente vicino all'Austria, dopo la morte del cancelliere Dollfuss e soprattutto in seguito alla guerra d'Etiopia si trovò in una posizione di difficile isolamento e scelse perciò di allearsi con la Germania attraverso il cosiddetto Asse Roma-Berlino (1936). La Germania e l'Italia trovarono anche il sostegno del Giappone, che nutriva progetti di espansione soprattutto ai danni della Cina. In seguito all'occupazione della Manciuria, nel 1931, il Paese decise di uscire dalla Società delle Nazioni (1933) e pochi anno dopo aderì al patto definitivo Roma-Berlino-Tokyo (1937).
Tra gli anni Venti e gli anni Trenta si instaurarono un po' ovunque in Europa dei regimi totalitari, quasi tutti ispirati al fascismo italiano. In Austria, nel 1932 salì al potere Engelbert Dollfuss (1892-1934), che trasformò il Paese in senso autoritario e che dovette fronteggiare soprattutto i progetti tedeschi di annessione dell'Austria, in vista della costruzione della grande Germania. Nel 1934 un colpo di Stato organizzato da Hitler fallì all'ultimo momento, ma Dolfuss venne assassinato, e in seguito il Paese si ritrovò a essere sempre più esposto alle mire tedesche. Dittature sorsero nella penisola balcanica, dove da sempre i contrasti etnici e religiosi alimentavano tendenze nazionaliste e razziste: così avvenne in Iugoslavia, in Grecia, in Bulgaria. Anche l'Ungheria, la Polonia, le regioni baltiche, la Finlandia, la Romania videro l'ascesa di regimi di tipo militare, sostenuti da Mussolini e in seguito da Hitler. il fenomeno riguardò anche la penisola iberica: in Portogallo, nel 1926, si instaurò una dittatura guidata da Antonio de Oliveira Salazar (1889-1970), che durò ininterrottamente per ben 35 anni.
In Spagna regnava dal 1902 Alfonso XIII, con il sostegno di nobiltà, militari, latifondisti e gerarchie ecclesiastiche. Per osteggiare il movimento democratico e socialista, tali forze appoggiarono il colpo di Stato del generale Miguel Primo de Rivera, che instaurò un regime dittatoriale (1923-1930) simile a quello fascista italiano. Dopo il successo conseguito nelle elezioni del 1931 dalle forze democratiche, il re fu deposto e fu acclamata la repubblica. Nel corso del biennio rosso (1931-1933) vennero attuate alcune positive riforme, fra le quali quella agraria, mentre i provvedimenti per laicizzare lo Stato suscitarono il malcontento della popolazione, tradizionalmente legata alla Chiesa, e dettero modo alle forze reazionarie di guadagnare terreno, grazie anche alla creazione della Falange espanola, formazione simile ai fasci di combattimento di Mussolini. Mentre cresceva anche l'ostilità verso i comunisti e gli anarchici, nelle elezioni del 1933 le forze di destra ottennero un netto successo. Si formò così un governo reazionario, che smantellò le riforme di quello precedente (biennio rosso, 1933-1935). L'insuccesso spinse le forze antifasciste a superare le divisioni e a unirsi nel Fronte popolare (1936), che ottenne una schiacciante maggioranza alle successive elezioni e  poté dar vita a un nuovo governo.
In seguito alla vittoria del Fronte popolare, in Spagna si ebbero manifestazioni di violenza ai danni di chiese e conventi, cui corrisposero azioni terroristiche della Falange nei confronti di socialisti e anarchici, che in breve resero il Paese ingovernabile. A quel punto il generale Francisco Franco, con l'appoggio della Falange, di buona parte dell'esercito e dei nazionalisti, organizzò un colpo di stato, dando inizio a una guerra civile (1936-1939) che oppose il governo legittimo, trasferitosi a Valencia, a quello franchista, stabilitosi a Burgos, e che provocò un milione di morti. Mentre l'Italia e la Germania inviavano consistenti aiuti all'esercito franchista e le democrazie occidentali si limitavano a siglare un formale patto di non intervento, molti volontari europei e americani accorrevano in aiuto dei repubblicani del Fronte popolare, dando vita alle Brigate internazionali. Il loro generoso sacrificio non riuscì però a impedire la vittoria di Franco nel 1939.
L'atteggiamento aggressivo dell'Italia e della Germania aveva finito per prelevare sulla cauta politica della Francia e dell'Inghilterra, dimostrando la debolezza dei regimi democratici e offrendo a Hitler e Mussolini l'impressione di poter impunemente mutare i rapporti di forza esistenti in Europa. Forte di tali alleanze, il dittatore tedesco intraprese una politica di rapida espansione: nel marzo 1938 occupò l'Austria, che venne annessa alla Germania in seguito a un plebiscito (Anschluss); nel marzo del 1939 invase la Cecoslovacchia, dopo avere ottenuto nel 1938 la regione dei Sudeti, abitata prevalentemente da Tedeschi. Subito dopo, il 7 aprile 1939, anche Mussolini aveva voluto imboccare la via della prova di forza e aveva occupato l'Albania. Poco tempo dopo Hitler rivendicò dalla Polonia il 1° corridoio di Danzica. Le democrazie occidentali compresero allora che era necessario opporsi alle aggressioni di Hitler e stipulavano una serie di trattati di alleanza con gli Stati confinanti con la Germania. Poco dopo, il 22 maggio, l'Italia firmava con la Germania il Patto d'acciaio, un'alleanza militare che impegnava le due potenze a prestarsi reciproco aiuto in caso di guerra. Tre mesi dopo, il 3 agosto 1939, la Germania sottoscriveva un patto di non aggressione con l'Unione Sovietica (patto Molotov-Ribbentrop), in vista della futura spartizione della Polonia. Tale accordo fu determinato dalla necessità della Germania di proteggersi le spalle in caso di conflitto con le potenze occidentali e dal desiderio di Stalin di ottenere consistenti vantaggi territoriali, oltre a un periodo di tempo sufficiente per preparare il proprio Paese all'eventualità di una guerra contro la stessa Germania.


Analisi prima della 2° guerra mondiale
L'autoritarismo in Europa
Nel corso degli anni Trenta alcuni aspetti caratteristici del fascismo, come la rigida direzione autoritaria dello Stato e lo spiccato anticomunismo, ispirano altri Paesi e altre forze politiche in Europa, che attuano sistemi di governo simili a quello italiano e tedesco, pur senza dare ai loro regimi una coloritura ideologica altrettanto marcata. Questo accade soprattutto nei Paesi dell'Europa centro-orientale, dove la minaccia sovietica sembra più concreta e le forze conservatrici hanno buon gioco a strumentalizzarla; ma un fenomeno simile si verifica pure in altri Stati in cui la tradizione democratica è poco o per nulla radicata, come l'Austria e i Paesi della penisola iberica.
La guerra civile spagnola
Proprio la Spagna è il Paese dove l'ascesa di questo tipo di regime è più violenta e ha maggiore risonanza internazionale. Il governo repubblicano, modernizzatore e anticlericale, trova l'opposizione della Chiesa e soprattutto dell'esercito, che nel 1936 inizia a combattere attivamente per riprendere il potere e riportarlo su tradizionali binari autocratici. Le truppe ribelli, guidate da Francisco Franco, trovano nell'Italia e nella Germania degli alleati preziosi, che inviano armi e soprattutto uomini per appoggiare la causa dei militari. Proprio sui campi di battaglia di Spagna si consolida l'unità d'intenti tra l'Italia e Germania, grazie a una vittoria che nel 1939 dà ai due regimi grande prestigio europeo.
La politica di distensione
A differenza dei soldati di Franco, le forze repubblicane spagnole non ricevono che scarsi e limitati aiuti dalle potenze occidentali: Francia e Inghilterra si trincerano dietro una rigorosa neutralità, permettendo soltanto la partenza di alcuni volontari, mentre gli unici aiuti consistenti arrivano da Mosca. L'atteggiamento di Londra e Parigi è emblematico del timore dei regimi democratici a impegnarsi in una nuova guerra: dopo le sofferenze del 1914-1918 l'opinione pubblica è nettamente contraria, ed essi non sono sicuri di poter contenere efficacemente Italia e Germania sul piano militare. Hitler sa approfittare di queste incertezze, avanzando richieste territoriali sempre più grandi, e trova le altre potenze europee pronte a cedergli intere regioni e interi Stati pur di evitare un conflitto globale. Nessuno sarà però in grado di evitare le conseguenze più tragiche.

Situazione generale
L'esempio del fascismo italiano è contagioso: sul suo modello si affermano regimi simili in Portogallo (1923) e in Polonia (1926).
La Germania nazista decisa a espandere i suoi confini per ottenere lo spazio vitale necessario al popolo tedesco. provoca l'annessione dell'Austria e occupa i Sudeti. Nel 1939 invade la Polonia: l'Europa è sul punto di una nuova guerra.
Nella penisola balcanica si affermano dei regimi guidati dai militari, assimilabili a quelli fascisti: in Ungheria nel 1919, in Bulgaria nel 1923, in Iugoslavia nel 1929, in Romania nel 1930, e infine in Grecia nel 1935.
In Spagna, nel 1931, dopo quasi dieci anni di regime autoritario, viene proclamata la repubblica, ma nel 1936 le forze nazionaliste e conservatrici si coalizzano contro le forze democratiche. Inizia una vera e propria guerra civili (1936-1939), che si conclude con l'instaurazione di una dittatura con a capo Francisco Franco. Anche il resto del mondo è caratterizzato da una maggioranza di regimi totalitari: fra questi l'Urss (1917), il Giappone, la Cina (1928), l'Iran (1921) e la Turchia (1924). A partire dagli anni Trenta il fenomeno riguarda anche quasi tutto il Centro e il Sud America, con poche eccezioni come il Cile e il Venezuela.

Storia completa e dettagliata 


La violazione delle clausole di Versailles
L'ascesa del nazismo in Germania aveva portato in breve a un cambiamento radicale degli equilibri internazionali. Hitler infatti, non appena salito al potere, si mostrò deciso a superare gli accordi di Versailles, allontanando definitivamente la Germania dallo spirito di Locarno. Il primo passo di questo cambiamento fu il ritiro della Germania dalla Società delle Nazioni (ottobre 1933). Due anni dopo, la potenza tedesca si consolidò grazie all'acquisizione della Saar, avvenuta in seguito a un plebiscito tenutosi nel gennaio 1935, con cui la ricca regione mineraria fu annessa alla Germania al termine dei quindici anni di sfruttamento da parte francese fissato a Versailles. Questo successo convinse Hitler a intraprendere un'intensa politica di riarmo, procedendo appena due mesi dopo al ripristino del servizio militare obbligatorio, base essenziale del nuovo esercito (Wehmarcht). La Francia, l'Inghilterra e la stessa Italia, riunite in convegno a Stresa (11-14 aprile 1935), cittadina piemontese sul lago Maggiore, espressero la loro condanna nei confronti dell'iniziativa tedesca e stabilirono un'azione comune contro ogni violazione del trattato di Versailles, limitandosi però a ribadire la validità degli equilibri raggiunti nel 1924 a Locarno, senza prendere alcun provvedimento concreto contro la Germania nazista. Né Hitler incontrò ostali quando, nel marzo 1936, consapevole di andare contro un'altra clausola del trattato di versailles e approfittando della guerra etiopica in atto, ordinò alle sue truppe di occupare la Renania, smilitarizzata fin dal 1918.

L'avvicinamento di Hitler a Mussolini
Di fronte al rafforzamento tedesco sui confini occidentali, Francia e Inghilterra non seppero purtroppo fare altro che rinnovare le loro formali proteste. Naturalmente la mancanza di reazioni a livello europeo favorì le ambizioni di Hitler e lo convinse a cercare un'intesa con Mussolini. Questi, inizialmente ostile alla Germania, si era alleato fra l'altro con l'Austria del cancelliere Dolfuss, che cercava di preservare l'indipendenza del proprio Paese dai tentativi di espansione tedesca. Tuttavia il duce, dopo la morte di Dolfuss e soprattutto in seguito alla guerra d'Etiopia, si trovò in una posizione di difficile isolamento. Fu allora che le due potenze, accomunate da un espansionismo aggressivo e bellicista, giunsero a firmare l'accordo che prese il nome di Asse Roma Berlino (ottobre 1936). Poco tempo dopo avrebbero dato una prova concreta della loro concordanza di idee e di programmi nel corso della guerra di Spagna.

L'allargamento dell'alleanza al Giappone di Hirohito
La Germania e l'Italia trovarono il sostegno non solo degli altri regimi dittatoriali che si erano costituiti nel frattempo in Europa, ma anche del Giappone. Nel primo dopoguerra quel Paese aveva conosciuto un impetuoso sviluppo industriale, basato sulla presenza di grandi concentrazioni economico-finanziarie chiamate zaibatsu, che esercitavano una forte influenza sulla vita politica del Paese: per questo, anche se nel 1925 era stato concesso il suffragio universale maschile, il Giappone era ancora molto arretrato per quanto riguardava la legislazione sociale e i diritti sindacali. Fra la fine degli anni e l'inizio degli anni Trenta si sviluppò inoltre un forte movimento nazionalistico, guidato dai militari e appoggiato dall'imperatore Hirohito, salito al trono nel 1926, che incoraggiava una politica estera più aggressiva, in particolare nei confronti della Cina. Inizialmente le potenze occidentali non ostacolarono i progetti espansionistici del Giappone, ma in seguito all'occupazione della Manciuria, nel 1931, le proteste della comunità internazionale si fecero più forti e spinsero il Paese a uscire dalla Società delle Nazioni (1933). Si giunse così in breve tempo a un avvicinamento del Giappone alla Germania di Hitler, ratificato nel novembre 1937 dalla costituzione su base triangolare di un Asse Roma-Berlino-Tokyo, intervenuto in concomitanza con l'inizio della guerra cino-giapponese.

Il diffondersi di dittature in Europa
Oltre che in Unione Sovietica, in Italia e in Germania, fra gli anni Venti e gli anni Trenta si instaurarono dei regimi totalitari in numerosi altri Paesi europei. Il difficile dopoguerra aveva messo in evidenza l'incapacità dello Stato liberale di dare una risposta al senso di precarietà diffuso fra le masse, colpite quasi ovunque da una pesante crisi economica. Fu così che l'uso della violenza per sedare gli scioperi e riportare l'ordine, nonché la soppressione delle libertà, il protezionismo e il dirigismo statale in ambito economico si rivelarono in molti Paesi le carte vincenti. I vari regimi dittatoriali si ispirarono quasi tutti al fascismo italiano, ma pur mantenendo con esso numerose analogie, ebbero anche delle caratteristiche proprie in ogni Paese.

L'Austria e la dittatura di Dollfuss
L'Austria, dopo la dissoluzione dell'impero seguita alla sconfitta nella prima guerra mondiale, attraverso un periodo di grande conflittualità sociale, che favorì la diffusione di movimenti di tali tendenze fu Engelbert Dollfuss (1892-1934), del Partito cristiano-sociale, nominato cancelliere nel 1932. Ben presto Dollfuss, le cui posizioni erano molto vicine al fascismo italiano, trasformò il Paese in senso autoritario, modificando la Costituzione e sciogliendo tutti gli altri partiti. Tuttavia, più dell'opposizione interna, il cancelliere austriaco dovette temere il nazismo e i progetti di Hitler di annessione dell'Austria, in vista della costruzione di una grande Germania. Per questo rafforzò la sua alleanza con l'Italia in funzione antitedesca. Hitler però non si scoraggiò e, facendo affidamento sulla presenza di nutrite frange di simpatizzanti nazisti all'interno del Paese, organizzò nel 1934 un colpo di Stato per abbattere il regime austriaco. Il tentativo fallì all'ultimo momento, anche grazie all'invio da parte di Mussolini di alcune divisioni al confine del Brennero, ma Dollfuss fu assassinato: da allora l'Austria iniziò a gravitare sempre più nell'orbita tedesca, fino a perdere la sua indipendenza quattro anni più tardi.

I regimi militari nei Balcani e nell'Europa orientale
Movimenti nazionalisti sorsero un po' ovunque anche nella penisola balcanica, dove da sempre i contrasti etnici e religiosi alimentavano tendenze nazionaliste e razziste. In Iugoslavia il re di origine serba Alessandro I governava in maniera autoritaria sin dal 1921; nel 1934 fu assassinato dagli ustascia, un movimento terroristico croato che da allora venne appoggiato dal fascismo e, in seguito, dal nazismo.
Anche la Grecia fra gli anni Venti e Trenta visse un periodo di forte instabilità politica. Nel 1924 la monarchia fu abolita, ma il nuovo regime repubblicano non fu in grado di riportare l'ordine nel Paese. Fu così che nel 1935 il re Giorgio II, tornato al potere l'anno precedente, affidò il governo al generale Ioannis Metaxas (1871-1941), il quale instaurò in breve tempo una dittatura. Qualcosa di simile accadde in Bulgaria, dove la svolta dittatoriale fu favorita dal sovrano Boris III in seguito a un putsh militare nel 1923. In Ungheria, dopo un fallito tentativo di rivoluzione bolscevica guidato da Bela Kun (1919), il potere era andato nelle mani dell'ammiraglio Miklos Horthy, che nel 1932 aveva chiamato al governo Gyula Gombos: questi simpatizzò fin dal principio con Hitler, a cui lo accomunava un accesso antisemitismo. Anche la Polonia (1926), le regioni baltiche e la Finlandia videro l'ascesa di dittature di tipo militare, seguendo l'esempio dell'Ungheria. L'ultimo Paese dell'Europa orientale a instaurare un regime autoritario fu nel 1938 la Romania, che insieme all'Ungheria fu anche il primo Paese a varare delle leggi antisemite dopo la Germania.

Il caso del Portogallo
La nascita di regimi dittatoriali affini al fascismo fu un fenomeno che riguardò anche la penisola iberica. Il Portogallo, che dal 1910 aveva proclamato la repubblica, attraversava un periodo di grande instabilità e violenza. Dalla nascita della repubblica fino a metà degli anni Venti, infatti si erano succeduti ben quarantacinque governi, tutti appoggiati dai militare, caratterizzati da assassinii politici e continui tentativi di colpi di Stato. Nel 1926 una dittatura militare pose fine al governo repubblicano, ma le congiure di palazzo e i tentativi di rivoluzione non cessarono, segno che la lotta per il potere all'interno degli ambienti conservatori non si era esaurita. Fra le frange dell'estrema destra emerse gradualmente la figura di Antonio de Oliveira Salazar (1889-1970), che nel 1932 divenne capo del governo e l'anno successivo fece approvare una nuova Costituzione definita Estado Novo, ispirata al modello di Stato fascista. Il regime di Salazar durò per ben 35 anni, grazie all'appoggio della Chiesa e dei ceti agrari, e fu caratterizzato dalla totale assenza di libertà e dall'abolizione di ogni opposizione, con il supporto repressivo della polizia politica segreta.

La dittatura fascista di Primo de Rivera (1923)
Nella geografia dei regimi totalitari, un caso a parte per le conseguenze che le sue vicende ebbero sugli equilibri europei è rappresentato dalla Spagna. Il Paese agli inizi del Novecento si trovava in una situazione di grave arretratezza economica, dovuta in gran parte alla corruzione della classe dirigente e alla debolezza della monarchia: dal 1902 infatti regnava Alfonso XIII, sostenuto dai ceti conservatori e reazionari, nobiltà, militari, latifondisti, gerarchie ecclesiastiche, che da tempo detenevano il controllo del potere. Furono proprio queste forze ad appoggiare nel 1923 il colpo di Stato del generale Miguel Primo de Rivera (1870-1930), che instaurò in Spagna un regime dittatoriale (1923-1930) simile a quello fascista italiano. Dopo avere avuto dal re l'incarico di primo ministro, primo de Rivera sciolse le Camere, abolì la libertà di stampa e il diritto di sciopero, e nominò un governo di militari. Il suo regime godette inizialmente di un certo consenso, ma diventò ben presto inviso alle masse popolari, colpiti dalle difficoltà economiche conseguenti alla crisi del 1929. Ciò rafforzò l'opposizione, costituita da socialisti, radicali, repubblicani, democratici e comunisti, al punto da determinare la destituzione del dittatore.

La repubblica e le riforme del Biennio Rosso (1931-1933)
Nell'aprile 1931 si tennero nuove elezioni amministrative in cui i partiti di ispirazione repubblicana e socialista ottennero un tale successo da determinare la fine della monarchia e la proclamazione della repubblica. La fase iniziale della nuova repubblica (il cosiddetto biennio rosso, 1931-1933) fu caratterizzata da notevoli cambiamenti politici e sociali. Il governo repubblicano, infatti, attuò una rigida epurazione delle forze armate, che gli valse l'implacabile ostilità dei militari; nell'intento di laicizzare lo Stato introdusse inoltre una decisa legislazione anticlericale, che però non riscosse troppi consensi, essendo la maggioranza della popolazione legata alla Chiesa cattolica e da essa fortemente condizionata anche nell'indirizzo politico. Nello stesso tempo venne dato inizio alla tanto attesa riforma agraria, che prevedeva la confisca dei beni della corona e della nobiltà e l'esproprio (dietro un congruo indennizzo) dei grandi latifondi privati da suddividersi in favore degli agricoltori poveri.

I limiti del riformismo repubblicano
Fu inoltre programmato il passaggio da uno Stato rigidamente accentrato e unitario a uno Stato decentrato con il riconoscimento di ampi poteri alle diverse regioni, in primo luogo alla Catalogna e alle province basche, da tempo ormai in lotta per raggiungere l'autonomia. Purtroppo però anche queste due ultime riforme ebbero scarsi effetti, in quanto attuate in maniera caotica e disordinata: esse pertanto ottennero più che altro il risultato di inasprire l'avversione di nobili, latifondisti e nazionalisti. Nel frattempo il succedersi continuo di scioperi (provocati dal malcontento degli operai, che si consideravano trascurati dalla nuova repubblica) e il conseguente peggioramento della situazione economica in campo agricolo e industriale finirono per esasperare la popolazione.

La Falange fascista e la vittoria della destra nelle elezioni del 1933
Nell'ottobre del 1933 José Antonio Primo de Rivera (1906-1936), figlio del dittatore Miguel, fondò la Falange espanola, ricalcata sui Fasci di combattimento di Mussolini. Nel frattempo anche i comunisti, di stretta osservanza marxista, si preparavano alla lotta aperta e, pur essendo minoritari, si mostravano decisi a trasformare la Spagna socialista. Il riformismo governativo, il consolidamento dello schieramento comunista e la presenza di un forte movimento anarchico, particolarmente diffuso in Catalogna, determinarono, in occasione delle elezioni del novembre 1933, un deciso spostamento dell'elettorato a destra e il conseguente ritorno al potere dei conservatori.

Il Biennio nero (1933-1935) e il fronte popolare (1936)
La svolta reazionaria dette origine al cosiddetto biennio nero, nel corso del quale furono smantellate le riforme realizzate dal precedente governo. Ciò non poteva essere accettato dalle sinistre, né dalle minoranze basche e catalane. L'anno 1934 fu pertanto travagliato da scioperi e tumulti, scoppiati in tutto il Paese e specialmente nella regione mineraria delle Asturie (5-17 ottobre), dove erano molto radicate le forze comuniste. per riportare l'ordine il governo ricorse al generale Francisco Franco (1892-1975), che intervenne alla testa della legione straniera, da lui stesso organizzata in Marocco. Lo scontro si concluse con una repressione durissima posta in atto dai miliari vincitori. A quel punto l'insuccesso indusse le sinistre a superare le divisioni interne e a procedere in modo unitario contro le forze reazionarie. All'inizio del 1936 i comunisti insieme a repubblicani, anarchici e socialisti crearono un Fronte popolare delle sinistre, di cui assunsero la direzione. Nel corso delle elezioni tenute il 16 febbraio 1936 il Fronte popolare colse un significativo successo, che gli assicurò la maggioranza e la possibilità di andare al governo.

La guerra civile e il colpo di Stato Franco (1936)
La nuova situazione governativa e parlamentare non contribuì però a placare le agitazioni e i disordini, che continuarono a susseguirsi nel Paese. Il governo non fu in grado infatti di controllare le numerose manifestazioni di violenza popolare ai danni di chiese, conventi, uffici pubblici e residenze private, né le azioni terroristiche compiute dai seguaci della Falange nei confronti di socialisti e anarchici. La Spagna pertanto divenne ingovernabile. Quando il 13 luglio venne assassinato José Calvo Sotelo (1893-1936=, leader parlamentare della destra e del partito monarchico, tutte le forze nazionaliste e conservatrici si coalizzarono e si sollevarono, dando inizio a una vera e propria guerra civile (1936-1939).
Il generale Franco aveva infatti organizzato la ribellione contro il governo del Fronte popolare: il 18 luglio 1936 sbarcò in Spagna dal Marocco e si diresse verso Madrid, forte dell'appoggio di molti reparti dell'esercito regolare.

I due contrapposti governi di Burgos e di Valencia
Il 30 settembre Franco fu nominato generalissimo e capo del governo nazionale, costituitosi nella città di Burgos (nella parte settentrionale del Paese). Sul territorio spagnolo si ebbe così la contemporanea presenza di due governi: da un lato quello franchista o nazionalista, appoggiato dalla maggioranza dell'esercito, dalla Falange, dall'alto clero, dagli industriali, dai latifondisti e da buona parte delle classi medie; dall'altro quello legale o repubblicano. Quest'ultimo, costretto a trasferirsi da Madrid a Valencia, aveva il sostegno delle masse operaie e contadine ed era presieduto da Francisco Largo Caballero (1869-1946), che guidava uno schieramento formato da repubblicani, socialisti, comunisti e anarchici. Proprio l'estremismo anticattolico dei gruppi anarchici, che furono protagonisti in Catalogna di molti episodi di violenza ai danni del clero, permise ai franchisti di assumere il ruolo di difensori della religione in un conflitto che finì per assumere carattere internazionale.

La Spagna diventa il terreno di scontro fra fascismo e antifascismo
Franco sin dall'inizio della guerra civile poté fare affidamento sul supporto dell'Italia e della Germania: il governo fascista italiano si affrettò ad aiutare i generali ribelli inviando, oltre a un gran numero di aerei, navi, cannoni e automezzi, circa 50.000 uomini, presentati come volontari, pur trattandosi di soldati regolari; qualcosa di simile fece il governo tedesco, sia pure in misura minore: la Germania, dotata ormai di un potente esercito, intendeva sfruttare tale occasione per saggiare le possibilità di resistenza dell'Europa democratica.
Dall'altra parte i repubblicani spagnoli si trovavano in gravi difficoltà a causa di un'insufficiente preparazione militare e di gravi contrasti interni al Fronte popolare, come quello che nel 1937 oppose in uno scontro armato a Barcellona comunisti e anarchici e che si concluse con al vittoria dei primi e la dura repressione dei secondi. A supportare le forze repubblicane accorsero da altri Paesi numerosi volontari, che diedero vita alle Brigate internazionali: fra questi, lo scrittore americano Ernest Hemingway, oltre a numerosi fuoriusciti e antifascisti italiani. Tuttavia tale contributo, insieme agli aiuti che giunsero dall'Unione Sovietica e dalla Francia, risultò decisamente insufficiente.

Il patto di non intervento delle potenze europee (1936)
Fra l'altro la stessa Francia, allora guidata dal governo socialista di Leon Blum (1872-1950), preoccupata di salvaguardare le comunicazioni con le colonie dell'Africa del Nord, il 1° agosto del 1936 aveva proposto alle maggiori potenze europee un patto di non intervento nelle vicende spagnole. All'iniziativa aderirono l'Inghilterra, timorosa a sua volta di rivendicazioni spagnole su Gibilterra, nonché l'Italia fascista e la Germania nazista, le quali tuttavia si guardarono bene dal tenere fede all'impegno assunto, intervenendo sempre più decisamente nel conflitto. La Germania giunse addirittura a sperimentare con propri aerei (legione Condor) la validità dei metodi di combattimento che furono applicati poi ampiamente durante la seconda guerra mondiale, bombardando la città di Guernica, nella provincia basca della Biscaglia (aprile 1937), e causando la morte di numerosissimi civili.

La vittoria di Franco e l'inizio della dittatura (!939-1975)
Anche se le democrazie occidentali fecero ben poco a favore del legittimo governo repubblicano, timorose di scatenare un conflitto con la Germania nazista, le ripercussioni politiche ed emotive della guerra di Spagna andarono ben oltre i confini delle nazione: la mobilitazione di migliaia di uomini in difesa degli ideali repubblicani e contro il nazifascismo induce infatti diversi storici a considerare questa guerra come un sanguinoso prologo del secondo conflitto mondiale. Nel marzo del 1939, dopo quasi tre anni di durissimi combattimenti e bombardamenti costati circa un milione di morti, il governo del Fronte popolare si arrese al generale Franco, il quale divenne caudillo, ossia capo unico della Spagna. La dittatura durò fino al 1975, anno della morte di Franco. Nel 1969 egli aveva restaurato la monarchia (di cui però si era autoproclamato reggente) e aveva nominato suo successore il principe Juan Carlos I di Borbone, che alla sua morte fu incoronato re di Spagna.

L'annessione dell'Austria (marzo 1938)
L'atteggiamento aggressivo dell'Italia e della Germania aveva finito per prevalere sulla cauta politica della Francia e dell'Inghilterra (come era accaduto in Spagna ad esempio) e aveva rafforzato in Hitler la convinzione di poter impunemente mutare i rapporti di forza esistenti in Europa e nel mondo. Ecco perché, sbandierando il mito (a cui sapeva sensibile il suo popolo) della riunione in un unico Stato di tutti i Tedeschi e confidando nella propria abilità nel valutare le reali intenzioni e le possibili reazioni degli avversari, il 12 marzo 1938, a soli quattro anni del precedente tentativo, ordinò alle sue truppe di occupare Vienna. Di fronte alle rimostranze delle opposizioni e alle reazioni dell'opinione pubblica internazionale, Hitler, suo malgrado, accettò di sottoporre il fatto compiuto a un plebiscito da tenersi in Austria e in Germania il 13 marzo. Prima ancora che l'Europa si riavesse dalla sorpresa, il 10 aprile veniva proclamata l'annessione dell'Austria alla Germania (Anschluss), con il 99,08% in Germania. Mussolini, a differenza di quanto aveva fatto nel 1934 di fronte all'analogo tentativo di Hitler, accondiscese all'aggressione hitleriana ai danni dell'Austria. Tale comportamento costituì un evidente segno dell'asservimento della politica italiana a quella tedesca, anche se il riconoscimento dell'Anschlus era stato preceduto dall'esplicita garanzia di Hitler sull'assoluta intangibilità del confine del Brennero.

La conferenza di Monaco (settembre 1938)
Né con l'annessione dell'Austria Hitler poteva ritenersi soddisfatto. Poco dopo l'Anshluss, infatti, il Fuhrer intimò alla repubblica cecoslovacca la cessione del territorio dei Sudeti, con il pretesto che quella regione era abitata in prevalenza da una popolazione di nazionalità tedesca desiderosa di ritornare alla patria germanica. La Cecoslovacchia, pur essendo circondata da regimi dittatoriali solidali con la Germania, si sentiva protetta da un patto di alleanza con la Francia e perciò non sembrava disposta a subire tale imposizione. Tuttavia le altre potenze europee, spinte per l'ennesima volta dalla volontà di evitare la guerra, cercarono nuovamente un accordo. Il governo inglese incaricò il suo primo ministro Arthur Neville Chambelain (1869-1940) di avviare un tentativo di mediazione con Mussolini: nel corso di una conferenza internazionale tenuta a Monaco (29-30 settembre 1938) si riuscì a salvare la pace, ma a spese della Cecoslovacchia, che, con il consenso della Francia e dell'Inghilterra, si vide costretta a cedere il territorio dei Sudeti.

L'occupazione tedesca della Cecoslovacchia (marzo 1939) e quella italiana dell'Albania (aprile 1939)
Si trattò di un'ulteriore grande vittoria diplomatica per Hitler. Ormai deciso a non abbandonare la tecnica dei colpi di forza che gli aveva consentito di ottenere grande prestigio all'interno e una serie di consistenti successi all'estero, il dittatore invase la stessa Cecoslovacchia (15 marzo 1939), occupandone la capitale Praga, creando un protettorato tedesco su gran parte del suo territorio (Boemia e Moravia) e riconoscendo, solo però sul piano formale, l'indipendenza della Slovacchia, ridotta nella realtà a una repubblica satellite. Mussolini, temendo che la crescente potenza dell'alleato gli togliesse ogni capacità di iniziativa, si mosse a sua volta. Il 7 aprile 1939, senza alcuna giustificazione, le truppe italiane occuparono l'Albania, il cui sovrano trovò rifugio in Grecia. Questa operazione militare era stata già da tempo prevista e studiata: a favorirne l'attuazione fu anche il sovrano locale, re Zogu I, salito nel 1924 al vertice del Paese, che, divenuto indipendentemente dal 1920 e come tale ammesso ormai da alcuni anni sotto la diretta influenza dell'Italia.
L'Albania che costruiva per l'Italia l'unica conquista in territorio europeo diventò poi la base di partenza per la disgraziata campagna mussoliniana contro la Grecia.

Il Patto d'acciaio e il Patto di Molotov-Ribbentrop
Giunti a quel punto, alle potenze democratiche risultò finalmente chiaro che bisognava resistere agli atti di forza di Hitler e che era perciò necessario stipulare una serie di trattati di garanzia territoriale con gli Stati confinanti con la Germania. Incurante di ciò, Hitler il 28 marzo 1939 intimava dinanzi al Reichstag la cessione da parte della Polonia del cosiddetto corridoio di Danzica: Francia e Inghilterra fecero a loro volta valere gli impegni assunti e assicurarono alla Polonia la loro protezione. Ma era ormai troppo tardi. Il 22 maggio 1939 l'Italia, rappresentata dal ministro degli Esteri Galeazzo Ciano (1903-1944), genero di Mussolini, aveva stipulato con la Germania un trattato di alleanza militare, il Patto d'acciaio, che impegnava le due potenze a prestarsi reciproco aiuto in caso di guerra. Tre mesi dopo, il 3 agosto 1939, la Germania colse nuovamente di sorpresa tutta l'Europa sottoscrivendo un patto di non aggressione con l'Unione Sovietica, firmato dal ministro degli Esteri sovietico Vjaceslav Molotov e dal ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop. In realtà, in un'appendice segreta, il patto prevedeva anche la spartizione dell'Est europeo e della Polonia in due sfere d'influenza, una tedesca e una sovietica. Tale accordo, a dispetto dell'avversione che Hitler aveva sempre dimostrato per il comunismo, fu determinato dalla necessità della Germania di proteggersi le spalle in caso di conflitto con le potenze occidentali e dal desiderio di Stalin di ottenere consistenti vantaggi territoriali, oltre a un periodo di tempo sufficiente per preparare il proprio Paese all'eventualità di una guerra contro lo stesso Hitler, nei confronti del quale, per ovvie ragioni, non nutriva alcuna fiducia. Tutto ormai era pronto per la guerra imminente.



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