Biografia:
Passò un'infanzia lieta e spensierata a S. Mauro di Romagna dove era nato nel 1855, ma era ancor fanciullo quando, nel 1867, suo padre fu assassinato da mano ignota. Questo, per il poeta, fu l'inizio di un periodo di sventure familiari: in pochi anni gli morirono una sorella, la madre e un fratello: una vera tragedia che lasciò tracce in tutte le sue opere. Il Pascoli compì i suoi studi prima nel collegio degli Scolopi di Urbino, poi a Rimini, Firenze e Cesena e nel '73 vinse una borsa di studio per l'Università di Bologna, dove ebbe come maestro il Carducci. Ma la precoce esperienza di dolore e di morte aveva influito sulla sua visione sfiduciata e malinconica della vita e del mondo e, nel 1876, la morte del fratello Giacomo e l'accresciuto disagio economico della famiglia gli suscitarono moti di ribellione, inducendolo a trascurare gli studi per partecipare alle lotte di rivendicazione sociale a fianco dei socialisti e degli anarchici. Nel '79, però, arrestato per pochi mesi per aver partecipato a manifestazioni estremiste e assolto, abbandonò ogni esaltazione politica per dedicarsi, con più accorta responsabilità, a terminare gli studi. Laureatosi nel 1882, insegnò nei licei di Matera e poi in quelli di Massa e di Livorno. Nel 1895 ebbe la cattedra universitaria per l'insegnamento della letteratura latina e greca a Bologna, poi a Messina e a Pisa e, nel 1905, succedendo al Carducci, quella di letteratura italiana di nuovo a Bologna. In questa città visse il resto della sua vita, anche se amò appartarsi spesso nella casa di Castelvecchio, presso Barga in Gafagnana dove, ritrovando la gioia del contatto con la campagna e con le cose semplici, compose molte delle opere più suggestive. Morì a Bologna nel 1912.
Le idee e la poetica
Il Pascoli nelle sue poesie più originali, trae ispirazione dalle cose della vita quotidiana, una vita contemplata anche negli aspetti più umili, come un immenso mistero in cui prevalgono sofferenze e dolore. Tuttavia l'accento malinconico della poesia pascoliana non assume mai toni drammatici, diventa piuttosto sensibile ricerca dell'assenza delle cose nella loro vita segreta. Il poeta dice il Pascoli, è come un fanciullino estatico che scopre le cose intorno a sé con meraviglia e, al di là della loro apparenza reale, ne intuisce i segreti e ne esprime le voci misteriose con immediata freschezza; poesia è quindi, trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima, ascoltare i loro palpiti.
Anche il linguaggio, nel pascoli più originale, è rapido, espressivo, antiletterario, con ritmi e cadenze che gli danno musicalità e ne sottolineano la profonda vibrazione (ben diverso perciò da quello classicheggiante e accademico).
Il paesaggio è protagonista di ogni lirica e le immagini che in esso vivono si prestano spesso a diventare simbolo di una realtà misteriosa (in Lavandare il paesaggio allude a solitudine e abbandono; in X Agosto le stelle cadenti sono il pianto del cielo per il male del mondo; in L'ora di Barga il suono delle ore è voce blanda che invita a pensare alla morte...).
Il Pascoli si può senz'altro considerare poeta del Decadentismo, sia per il ripiegamento intimo di fronte al senso dell'arcano e del mistero, sia per le suggestioni musicali e simboliche della sua poesia.
La poesia pascoliana è un importante presupposto per gli sviluppi della poesia italiana del Novecento che da essa trarrà il gusto delle piccole cose, delle impressioni rapide e intense di significati e di allusioni. Tuttavia, accanto alla produzione più lirica e originale del Pascoli, abbiamo anche una serie di opere retoriche, di tono vagamente predicatorio e solenne con cui il poeta cerca di dimostrare che la poesia deve avere una funzione sociale, come richiamo agli uomini ad essere più buoni e fraterni fra loro. La scienza dell'età del Positivismo, secondo il Pascoli, non porta sicurezza, ma accresce lo spavento dell'uomo di fronte al suo destino di dolore e di morte che nessuna conquista può vincere; perciò gli uomini sono sempre più sgomenti e insicuri e potranno trovare consolazione solo se deposte le loro ire, impareranno a vivere con sentimenti di fraternità e di amore per affrontare insieme il mistero doloroso della vita.
Opere principali:
Myricae: è una raccolta di liriche di argomento semplice e modesto, come dice lo stesso Pascoli, ispirate perlopiù a temi familiari e campestri. Il titolo è dato dal nome latino delle tamerici, umili pianticelle che sono prese come simbolo di una poesia senza pretese, legata alle piccole cose quotidiane e agli affetti più intimi. La prima edizione è del 1891.
Primi poemetti (1897), Canti di Castelvecchio (1903) e Nuovi poemetti (1909): sono raccolte di poesie strettamente legate agli argomenti di Myricae, in esse il Pascoli si rivela sensibile poeta dei campi e dell'intimità familiare, ma anche del mistero della morte e del cosmo.
Poemi conviviali (1904): questi poemetti traggono ispirazione dal mondo classico latino e greco e dal Cristianesimo dei primi secoli; il loro titolo è dovuto alla rivista Convivio sulla quale dapprima furono pubblicati.
Odi e Inni (1906): in essi il poeta canta soprattutto l'eroismo e la patria, l'appassionato anelito alla fraternità umana e alla giustizia sociale.
Tra le altre opere pascoliane di intonazione storico politica ma un po' retoriche, ricordiamo:
Poemi italici
Le canzoni di re Enzio
Poemi del Risorgimento
Un poso a sé occupa Carmina, una raccolta di poesie in latino particolarmente importante perché ci mostra un Pascoli esperto e sensibile che fu ripetutamente premiato nelle gare annuali di Amsterdam.
Passò un'infanzia lieta e spensierata a S. Mauro di Romagna dove era nato nel 1855, ma era ancor fanciullo quando, nel 1867, suo padre fu assassinato da mano ignota. Questo, per il poeta, fu l'inizio di un periodo di sventure familiari: in pochi anni gli morirono una sorella, la madre e un fratello: una vera tragedia che lasciò tracce in tutte le sue opere. Il Pascoli compì i suoi studi prima nel collegio degli Scolopi di Urbino, poi a Rimini, Firenze e Cesena e nel '73 vinse una borsa di studio per l'Università di Bologna, dove ebbe come maestro il Carducci. Ma la precoce esperienza di dolore e di morte aveva influito sulla sua visione sfiduciata e malinconica della vita e del mondo e, nel 1876, la morte del fratello Giacomo e l'accresciuto disagio economico della famiglia gli suscitarono moti di ribellione, inducendolo a trascurare gli studi per partecipare alle lotte di rivendicazione sociale a fianco dei socialisti e degli anarchici. Nel '79, però, arrestato per pochi mesi per aver partecipato a manifestazioni estremiste e assolto, abbandonò ogni esaltazione politica per dedicarsi, con più accorta responsabilità, a terminare gli studi. Laureatosi nel 1882, insegnò nei licei di Matera e poi in quelli di Massa e di Livorno. Nel 1895 ebbe la cattedra universitaria per l'insegnamento della letteratura latina e greca a Bologna, poi a Messina e a Pisa e, nel 1905, succedendo al Carducci, quella di letteratura italiana di nuovo a Bologna. In questa città visse il resto della sua vita, anche se amò appartarsi spesso nella casa di Castelvecchio, presso Barga in Gafagnana dove, ritrovando la gioia del contatto con la campagna e con le cose semplici, compose molte delle opere più suggestive. Morì a Bologna nel 1912.
Le idee e la poetica
Il Pascoli nelle sue poesie più originali, trae ispirazione dalle cose della vita quotidiana, una vita contemplata anche negli aspetti più umili, come un immenso mistero in cui prevalgono sofferenze e dolore. Tuttavia l'accento malinconico della poesia pascoliana non assume mai toni drammatici, diventa piuttosto sensibile ricerca dell'assenza delle cose nella loro vita segreta. Il poeta dice il Pascoli, è come un fanciullino estatico che scopre le cose intorno a sé con meraviglia e, al di là della loro apparenza reale, ne intuisce i segreti e ne esprime le voci misteriose con immediata freschezza; poesia è quindi, trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima, ascoltare i loro palpiti.
Anche il linguaggio, nel pascoli più originale, è rapido, espressivo, antiletterario, con ritmi e cadenze che gli danno musicalità e ne sottolineano la profonda vibrazione (ben diverso perciò da quello classicheggiante e accademico).
Il paesaggio è protagonista di ogni lirica e le immagini che in esso vivono si prestano spesso a diventare simbolo di una realtà misteriosa (in Lavandare il paesaggio allude a solitudine e abbandono; in X Agosto le stelle cadenti sono il pianto del cielo per il male del mondo; in L'ora di Barga il suono delle ore è voce blanda che invita a pensare alla morte...).
Il Pascoli si può senz'altro considerare poeta del Decadentismo, sia per il ripiegamento intimo di fronte al senso dell'arcano e del mistero, sia per le suggestioni musicali e simboliche della sua poesia.
La poesia pascoliana è un importante presupposto per gli sviluppi della poesia italiana del Novecento che da essa trarrà il gusto delle piccole cose, delle impressioni rapide e intense di significati e di allusioni. Tuttavia, accanto alla produzione più lirica e originale del Pascoli, abbiamo anche una serie di opere retoriche, di tono vagamente predicatorio e solenne con cui il poeta cerca di dimostrare che la poesia deve avere una funzione sociale, come richiamo agli uomini ad essere più buoni e fraterni fra loro. La scienza dell'età del Positivismo, secondo il Pascoli, non porta sicurezza, ma accresce lo spavento dell'uomo di fronte al suo destino di dolore e di morte che nessuna conquista può vincere; perciò gli uomini sono sempre più sgomenti e insicuri e potranno trovare consolazione solo se deposte le loro ire, impareranno a vivere con sentimenti di fraternità e di amore per affrontare insieme il mistero doloroso della vita.
Opere principali:
Myricae: è una raccolta di liriche di argomento semplice e modesto, come dice lo stesso Pascoli, ispirate perlopiù a temi familiari e campestri. Il titolo è dato dal nome latino delle tamerici, umili pianticelle che sono prese come simbolo di una poesia senza pretese, legata alle piccole cose quotidiane e agli affetti più intimi. La prima edizione è del 1891.
Primi poemetti (1897), Canti di Castelvecchio (1903) e Nuovi poemetti (1909): sono raccolte di poesie strettamente legate agli argomenti di Myricae, in esse il Pascoli si rivela sensibile poeta dei campi e dell'intimità familiare, ma anche del mistero della morte e del cosmo.
Poemi conviviali (1904): questi poemetti traggono ispirazione dal mondo classico latino e greco e dal Cristianesimo dei primi secoli; il loro titolo è dovuto alla rivista Convivio sulla quale dapprima furono pubblicati.
Odi e Inni (1906): in essi il poeta canta soprattutto l'eroismo e la patria, l'appassionato anelito alla fraternità umana e alla giustizia sociale.
Tra le altre opere pascoliane di intonazione storico politica ma un po' retoriche, ricordiamo:
Poemi italici
Le canzoni di re Enzio
Poemi del Risorgimento
Un poso a sé occupa Carmina, una raccolta di poesie in latino particolarmente importante perché ci mostra un Pascoli esperto e sensibile che fu ripetutamente premiato nelle gare annuali di Amsterdam.