Biografia:
Nacque a Santo Stefano Belbo (Cuneo) nel 1908 da una famiglia modesta e presto rimase orfano di padre. Compì i suoi studi a Torino dove si laureò in Lettere nel 1930 e si appassionò presto di letteratura inglese e americana, cominciando una intensa attività di traduttore con la casa editrice Einauidi di cui fu prezioso collaboratore. Impegno di Pavese, come di altri giovani letterati di quel tempo (siamo negli anni Trenta) era di sprovincializzare la cultura italiana, cioè di aprire di più le porte della nostra letteratura agli autori di altri paesi, ancora poco tradotti e poco conosciuti. Nel 1935, per idee antifasciste, Pavese fu confinato per tre anni a Brancaleone Calabro, ma ebbe un condono di due anni e, tornato a Torino, pubblicò la sua prima raccolta poetica Lavorare stanca. Ritiratosi a vivere in campagna alle prime avvisaglie della guerra, scrisse alacremente; subito dopo la Liberazione si iscrisse al Partito comunista, intendendo dare alla sua opera un più intenso impulso politico. La sua vita, però, fu sempre travagliata da un'intima lotta fra aspirazioni e realtà, fra la sua ansia di affetto e di amicizie e la difficoltà ad aprirsi con gli altri, fra un ideale politico sociale e la troppo angusta ideologia partitica. La sua inquietudine divenne sempre più consapevolezza di essere incapace a vivere, di essere isolato dal resto del mondo, di sentirsi perseguitato dal sentimento della morte e dal desiderio di suicidio. Infatti morì suicida, in un albergo di Torino, nell'agosto 1950.
Le idee e la poetica
Pur vivendo in epoca di neorealismo, Pavese non partecipò di questa corrente ma rimase piuttosto ancorato al bisogno di scavare nel fondo dei sentimenti umani alla maniera del Decadentismo, senza mai indulgere, però, ad alcun compiacimento, anzi manifestando spesso un intimo bisogno di genuinità e di freschezza. I temi fondamentali delle sue opere sono:
- il ricordo dell'infanzia;
- l'amore nostalgico per la terra natia;
- il sentimento dell'inconscio e della solitudine;
- un grande bisogno di amore;
- il fascino della morte.
Tutto ciò fu sintomo della lacerazione profonda della sua anima, in continua tensione fra aspettazioni e rinuncia, fra brama di vita e ansia di morire: specchio della crisi esistenziale in cui si riconobbero molti intellettuali del nostro secolo. Dal punto di vista stilistico, sia nella poesia sia nella prosa di Pavese si riscontra un linguaggio asciutto e scarno, essenziale. Il disinvolto uso della lingua, arricchita da forme dialettali e gergali, come si trova specialmente nei romanzi, derivò anche dalla sua esperienza di traduttore di opere anglo-americane e dalla concretezza espressiva, spesso aspra, dei loro autori che contrastava con la ricercatezza letteraria degli scrittori italiani del momento. Da questo, il fascino del suo esprimersi originale e sobrio.
Le opere principali che vogliamo ricordare sono:
Paesi tuoi (1941): romanzo in cui è vivo il dissidio dell'anima del poeta, combattuto fra il richiamo della sua terra di campagna, dove ha trascorso l'infanzia, e il fascino della città, dove ora vive.
Il compagno (1947): un romanzo in cui il narratore, tornato dalle Americhe si fa raccontare dall'amico Nuto gli avvenimenti del paese durante la sua lontananza; ne nasce un affresco di personaggi e di fatti realisticamente teneri o violenti.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951): una raccolta postuma di dieci liriche per una donna (Costance Dowling) che per il poeta sembra rappresentare tutto il bene e tutto il male possibile.
Il mestiere di vivere (1952): è il diario in cui Pavese, spietatamente, mette a nudo se stesso, fin nei più intimi pensieri. Fu pubblicato postumo.
Nacque a Santo Stefano Belbo (Cuneo) nel 1908 da una famiglia modesta e presto rimase orfano di padre. Compì i suoi studi a Torino dove si laureò in Lettere nel 1930 e si appassionò presto di letteratura inglese e americana, cominciando una intensa attività di traduttore con la casa editrice Einauidi di cui fu prezioso collaboratore. Impegno di Pavese, come di altri giovani letterati di quel tempo (siamo negli anni Trenta) era di sprovincializzare la cultura italiana, cioè di aprire di più le porte della nostra letteratura agli autori di altri paesi, ancora poco tradotti e poco conosciuti. Nel 1935, per idee antifasciste, Pavese fu confinato per tre anni a Brancaleone Calabro, ma ebbe un condono di due anni e, tornato a Torino, pubblicò la sua prima raccolta poetica Lavorare stanca. Ritiratosi a vivere in campagna alle prime avvisaglie della guerra, scrisse alacremente; subito dopo la Liberazione si iscrisse al Partito comunista, intendendo dare alla sua opera un più intenso impulso politico. La sua vita, però, fu sempre travagliata da un'intima lotta fra aspirazioni e realtà, fra la sua ansia di affetto e di amicizie e la difficoltà ad aprirsi con gli altri, fra un ideale politico sociale e la troppo angusta ideologia partitica. La sua inquietudine divenne sempre più consapevolezza di essere incapace a vivere, di essere isolato dal resto del mondo, di sentirsi perseguitato dal sentimento della morte e dal desiderio di suicidio. Infatti morì suicida, in un albergo di Torino, nell'agosto 1950.
Le idee e la poetica
Pur vivendo in epoca di neorealismo, Pavese non partecipò di questa corrente ma rimase piuttosto ancorato al bisogno di scavare nel fondo dei sentimenti umani alla maniera del Decadentismo, senza mai indulgere, però, ad alcun compiacimento, anzi manifestando spesso un intimo bisogno di genuinità e di freschezza. I temi fondamentali delle sue opere sono:
- il ricordo dell'infanzia;
- l'amore nostalgico per la terra natia;
- il sentimento dell'inconscio e della solitudine;
- un grande bisogno di amore;
- il fascino della morte.
Tutto ciò fu sintomo della lacerazione profonda della sua anima, in continua tensione fra aspettazioni e rinuncia, fra brama di vita e ansia di morire: specchio della crisi esistenziale in cui si riconobbero molti intellettuali del nostro secolo. Dal punto di vista stilistico, sia nella poesia sia nella prosa di Pavese si riscontra un linguaggio asciutto e scarno, essenziale. Il disinvolto uso della lingua, arricchita da forme dialettali e gergali, come si trova specialmente nei romanzi, derivò anche dalla sua esperienza di traduttore di opere anglo-americane e dalla concretezza espressiva, spesso aspra, dei loro autori che contrastava con la ricercatezza letteraria degli scrittori italiani del momento. Da questo, il fascino del suo esprimersi originale e sobrio.
Le opere principali che vogliamo ricordare sono:
Paesi tuoi (1941): romanzo in cui è vivo il dissidio dell'anima del poeta, combattuto fra il richiamo della sua terra di campagna, dove ha trascorso l'infanzia, e il fascino della città, dove ora vive.
Il compagno (1947): un romanzo in cui il narratore, tornato dalle Americhe si fa raccontare dall'amico Nuto gli avvenimenti del paese durante la sua lontananza; ne nasce un affresco di personaggi e di fatti realisticamente teneri o violenti.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951): una raccolta postuma di dieci liriche per una donna (Costance Dowling) che per il poeta sembra rappresentare tutto il bene e tutto il male possibile.
Il mestiere di vivere (1952): è il diario in cui Pavese, spietatamente, mette a nudo se stesso, fin nei più intimi pensieri. Fu pubblicato postumo.