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Analisi: Arano, Pascoli


di Giovanni Pascoli
Analisi del testo:

La prima terzina è ricca di minimi dettagli atmosferici e coloristici: la luminosità delle foglie rossastre, la nebbia mattutina che, nel freddo, sale fumando dai cespugli. La strofa s'incentra su una sintassi lenta, pausata, con un tono nostalgico ed evocativo. Non si sa chi sia a compiere l'azione di arare; essa si svolge al campo, non nel campo per maggiore indeterminatezza.
La seconda terzina porta al massimo risalto tale pacatezza dei gesti, che rammenta una consuetudine antica. La punteggiatura frantuma il discorso e lo costringe a frequenti pause e improvvise riprese. Il verbo arano, anche con la sua intonazione sdrucciola (accento sulla terz'ultima sillaba), posticipato rispetto alla prima strofa e collocato in principio del v.4, conferisce alla scena una sfumatura di monotonia e d'immobile solennità. Tale sensazione viene ripresa e amplificata dalla ripetizione successiva (a lente grida..le lente - vacche) e dall'aggettivo paziente alla fine del periodo.
Nella quartina finale lo sguardo si distoglie dal lavoro umano ed è invece attratto dal passero avido di gettarsi sui semi e dal canto acuto e scintillante del pettirosso: due emblemi della vita di natura.
A parlare, nella lirica, sono le cose; ma ciò che viene descritto non è l'aratura, bensì le sensazioni che essa suscita nell'animo: pochi frammenti, pochi gesti, colori e suoni. Lo sguardo di Pascoli è sempre soggettivo e in tal modo dà più valore a quanto dice. Nessun dettaglio è casuale: in ciascuno si rispecchia l'animo dell'autore, le sue impressioni. La scena è serena, ariosa, come i pampini rossi sui filari della vite. Il lavoro è faticoso ma concreto; lo sforzo lentamente ripetuto allontana la preoccupazione per il cibo sempre scarso e soggetto a mille minacce (in questo caso, gli uccelli che rubano i semi nei solchi).
Lo stile semplice e dimesso è in realtà il risultato di un attenta costruzione, a ogni livello:
- A livello lessicale: la semplicità del linguaggio è retta dai vocaboli colti e raffinati (roggio, mattinal, ché, saputo, irti, moro), che bilanciano le parole attinte invece dal mondo contadino (pampano, fratte, porche, marra).
-A livello ritmico/sintattico: il componimento si sviluppa con un ritmo irregolare sconosciuto alla tradizione poetica ottocentesca. Lo spostamento al v.4 del verbo principale arano, l'enjambement tra i vv. 4 e 5, le pause e le fratture accentuate nella seconda strofa dai segni d'interpunzione, sono tutti mezzi attraverso cui imitare il languore dello spettacolo campestre.
-A livello fonico: caratteristico di Pascoli è il ricorso all'onomatopea, che qui si evidenzia nel finale; il gioioso incontro delle vocali e delle consonanti (suo sottil tintinno) riproduce il suono argentino del pettirosso. L'immagine finale (come d'oro) ha un valore tutto e solo musicale. Alla fine la contemplazione agreste si risolve in puro canto.


SCHEMA METRICO: madrigale formato da 2 terzine e 1 quartina di endecasillabi, con rime prima incatenate (ABA CBC) e poi alternate (DEDE).



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