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Tamara, Italo Calvino

Le città invisibili: Tamara

L’uomo cammina per giornate intere tra gli alberi e le pietre. Raramente l’occhio si ferma su una cosa, ed è quando l’ha riconosciuta per il segno d’un'altra cosa: un impronta sulla sabbia indica il passaggio della tigre, un pantano annuncia una vena d’acqua, il fiore dell’ibisco la fine dell’inverno. Tutto il resto è muto e intercambiabile; alberi e pietre sono soltanto ciò che sono.
Finalmente il viaggio conduce alla città di Tamara. Ci si addentra per vie fitte d’insegne che sporgono dai muri. L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose: la tenaglia indica la casa dei cavadenti, il boccale la taverna, le alabarde il corpo di guardia, la stadera l’erbivendola. (…) Anche le mercanzie che i venditori mettono in mostra sui banchi valgono non per se stesse ma come segni d’altre cose; la benda ricamata per la fronte vuol dire eleganza, la portantina dorata potere, i volumi di Averroè sapienza, il monile per la caviglia voluttà. Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città decide tutto quello che devi pensare (…)
Come veramente sia la città sotto questo fitto involucro di segni, cosa contenga o nasconda, l’uomo esce da Tamara senza averlo saputo.
(Italo Calvino, Le città invisibili)



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