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Riassunto: La Peste, Camus

di Albert Camus
Riassunto:

La Peste, la malattia che nei secoli ha falciato i suoi sterminati campi di uomini, ha mietuto i suoi milioni di vittime ed è riuscita scuotere la Storia di intere generazioni. La Peste, un bacillo che, ogni volta apparentemente annientato, torna a rigenerarsi nel tempo, nuovamente forte e prolifico. La Peste, metafora del Male che si nasconde nel cuore degli uomini e che mai si può cancellare definitivamente. Orano è una città dell'Algeria, nel quale le giornate scorrono calde e afose in un estate uguale a tutte le altre, ritmata dal via vai delle navi mercantili nel porto e dal vuoto di un'esistenza nella quale "ci si annoia e ci si applica a contrarre delle abitudini". Un topo morto lungo le scale, poi cinque sul marciapiede e infine migliaia che popolano di cadaveri ogni angolo della città: è la Peste che dilaga e che improvvisamente, come un ladro di notte, inizia la stagione della mietitura. Di fronte alla decine di uomini e donne ormai contagiati, nessuno vuole ammettere il dramma; le autorità e i medici si rifiutano di pronunciare l'orrendo nome nel vano tentativo di frenare il contagio. Ed è tardi quando la verità viene a galla e si prendono le prime misure di sicurezza. E' in questa città separata dal mondo da un cordone sanitario, dove si muore nell'orrore della peste e dove tutto manca, dal cibo agli affetti; è ad Orano che Camus fa agire il dottor Rieux, che racconta la cronaca dei fatti a partire dall'inizio del morbo fino al giorno della festa per la sua sconfitta. La fede religiosa, la volontà di chi non riesce ad "essere felice da solo", il semplice senso del dovere sono i protagonisti veri del romanzo; l'indifferenza, il panico, la burocrazia e l'egoismo sono invece gli alleati della Peste. Alla fine il racconto di Rieux sarà il resoconto di una battaglia vinta, ma non la "cronaca di una vittoria definitiva": "egli sapeva, infatti, quello che ignorava la folla e che si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore nè scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere e che forse sarebbe venuto il giorno in cui la peste avrebbe svegliato i suoi topi per madarli a morire in una città felice". La lettura di questo romanzo non è certo facile, soprattutto per l'abbondanaza di pagine dedicate alla descrizione dettagliata dell'avvento della peste e dei suoi effetti; arrivare alla fine, però, per me è stata una vera "conquista" personale, perchè alla luce dell'intera vicenda ho scoperto il senso profondo della metafora usata da Camus per descrivere l'origine di tante violenze ed ingiustizie delle quali è piena la storia e che sembrano radicate nel cuore degli uomini di ogni tempo. Inchiodata davanti alla televisione l'11 settembre del 2001, di fronte ad una tragedia così assurda e cinematografica, ho avuto un pensiero: è la Peste che torna a far morire i suoi topi in una città felice. Credo, cioè, che Camus abbia voluto lasciare un avvertimento quasi evangelico: vegliate, perchè la vostra beatitudine sarà turbata quando meno ve lo aspettate. In questo romanzo, però, nel pessimismo che dilaga, Camus lascia anche trapelare un sentimento di speranza, che è rappresentato da Rieux e da tutti gli abitanti di Orano che lottano con passione, fede, amore e tenacia contro il Male; per stessa ammissione dell'Autore, "quello che si impara in mezzo ai flagelli è che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare". Vale a dire: il Male non è vinto per sempre, ma abbiamo le armi per sconfiggerlo ogni volta e dimostrare che anche in mezzo alla battaglia ci possono essere mani e occhi che accarezzano anzichè uccidere.

La peste a Orano
Il brano da La Peste descrive il momento cruciale in cui, chiuse le porta della città perchè il morbo non si diffonda, tutti sono presi dal panico della prigionia. Il non poter rivedere le persone care che sono lontane, il non potere comunicare con loro, crea uno stato di tensione in cui i sentimenti si fanno più vivi e si chiariscono, e ogni uomo, prima distratto e superficiale, ritrova la coscienza di se stesso, dei propri affetti e anche della propria solitudine.
Il brano è impostato tutto sulla severa meditazione dell'autore, mente i fatti esterni sono quasi inesistenti. Lo stile è lineare, severo, come si conviene a chi cerca di scavare nelle più risposte emozioni umane, quasi con il rigore di una ricerca scientifica che rifugge da ogni compiacimento formale.
In questo brano che descrive Orano assediata dalla morsa della pestilenza sentiamo crescere a poco a poco la straziante solitudine della città, chiusa al contatto col resto del mondo. I cittadini che finore sono stati indifferenti gli uni agli altri e indifferenti alla vita, inconsapevoli spesso della forza dei loro stessi sentimenri, sono sospinti dalla paura e dalla sensazione di prigionia verso un crescendo di sensazioni che li avvicina in una unione solidale, unica vera forza contro il male oscuro dell'epidemia. Anche i sentimenti individuali si chiariscono, si rafforzano: ci si accorge di amare, di essere gelosi, di soffrire per gli altri. La segregazione a cui sono costretti gli Oranesi diventa una specie di forzato ritiro interiore in cui ognno è costretto a meditare, oltre ce immaginare e sperare. La fantasia galoppa con i treni che non possono né partire né arrivare, e la nostalgia si nutre di una memoria apparentemente inutile, ma essenziale alla vita per coloro che si vedono <<errare a ogni ora del giorno nella città polverosa, chiamando in silenzio le sere che erano i soli a conoscere, e le mattine del loro paese>>.
In questo brano di lucida descrizione di situazioni registrate con l'obiettività della cronaca, traspare anche la delicatezza dell'autore nel sentire i mali interiori delluomo, oltre che quelli esterni, e dalla sua sensibile indagine scaturiscono immagini di poesia.



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