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L'assassinio di via Belpoggio, Svevo


di Italo Svevo
Riassunto:

Protagonista è Giorgio, un giovane proveniente da famiglia agiata, ma indolente e pigro. Dopo aver frequentato per due anni il liceo, ora di mestiere fa il facchino e vive dividendo una misera camera con un collega, Giovanni. Senza premeditazione, commette un delitto: uccide un uomo che conosce appena, Antonio, e gli ruba un pacco di banconote. Vorrebbe fuggire in treno, ma vista una guardia, s'impaurisce e torna a casa. Il mattino dopo, terrorizzato, Giorgio legge la cronaca del delitto sul giornale cittadino. Giovanni gli rivela che è sospettato: una donna ha descritto l'assassino mentre fuggiva. Giorgio decide di far visita alla madre, ma apprende che è morta da giorni. Vuol cambiare aspetto e acquista un nuovo cappello, ma il suo atteggiamento insospettisce la commessa del negozio. Arrestato, confessa spontaneamente il delitto.

ANALISI DEL TESTO
Pubblicato a puntate sul quotidiano triestino l'indipendente nell'ottobre 1890, L'assassinio di via Belpoggio costituisce una prova decisiva dell'acquisita maturità artistica dello scrittore alle prese con la forma insolita del giallo. Si tratta di un racconto lungo, orchestrato in tre tempi:
1. La fuga e lo smarrimento di un assassino.
2. La crisi d'identità e un tentativo di fuga dalla realtà, nel ritorno alla casa della madre.
3. Gli ultimi scomposti tentativi di scampo, fino alla confessione finale.


COMMENTO
Svevo dedica la maggiore attenzione ad analizzare il protagonista, assassino per caso, incapace poi di gestire un atto così definitivo e forte: porta alla luce i suoi sensi di colpa e gli alibi che si costruisce per giustificare il proprio gesto e rappresenta la sua inettitudine, i suoi maldestri tentativi di fuga, che si risolvono infine in una completa paralisi della volontà e quindi nella non-azione. Giorno non s° perchè ha ucciso, prova sgomento davanti a un sé che si rivela inesplicabile; scopre di essere alle prese con un io che non controlla, un io sconosciuto che risponde a istinti ignoti: l'assassinio era venuto a dividere la sua vita in due parti e al di là di quell'avvenimento egli non ricordava le proprie idee, le proprie sensazioni, il proprio individuo che oscuramente, come si fosse trattato di cose non vissute ma udite raccontare. Giorgio forse ha scoperto l'inconscio.
Questo emergere dell'inconscio si rivela nel testo grazie a diversi elementi:

1. Nelle autogiustificazioni deboli del protagonista che si convince di essere buono, malgrado le apparenze: egli si giudicò anche meno degno di odio e di persecuzione, e provò una forte compassione di sé stesso; e in seguito mette avanti le torture da lui sofferte e che avrebbero attenuato la sua colpa.

2. Nella massiccia presenza di sogni, incubi e allucinazioni all'inizio del brano antologizzato, Giorgio ha la forte sensazione di vedere Antonio vivo; più avanti quando si sente afferrare per le braccia mentre qualcuno gli grida: <<in nome della legge|>> Ha una violenta allucinazione.

3. Nel senso di estraneità verso se stesso, che si rivela nel brano al momento in cui si cala sulla testa il nuovo cappello, ma questo gli stava in testa in equilibrio e malfermo gli dava immenso fastidio: in altre parole, Giorgio non riconosce più il suo corpo. Tale divisione o dissociazione è una delle riforme che fa emergere l'inconscio, e con esso un inizio di follia.
Il risultato di questi elementi è l'inettitudine. Giorgio non si ritrova più di fronte a se stesso: il suo io gli diventa sconosciuto. Questa crisi d'identità lo scuote al punto da renderlo incapace di qualunque efficace reazione. E' appunto un inetto, proprio come inetti saranno gli altri protagonisti di Svevo. Ha saputo uccidere, quindi per un istante ha creduto di essere un vincitore. Ma poi stenta a salvarsi: pensa troppo, perdendo tempo prezioso mentre gli eventi incalzano. Impacciato e confuso, maldestro e impaurito, la sua impotenza e a dominare gli eventi diviene, nel finale, una vera e propria paralisi ad agire.
Per lunghi tratti Svevo racconta secondo l'ottica del personaggio, come avverrà nei romanzi maggiori. Ciò si traduce in un ambivalenza narrativa. Svevo cioè alterna momenti in cui narra da un punto di vista esterno a momenti in cui allontanando l'oggettività dei fatti narrati, racconta dal punto di vista del personaggio.



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