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Il Paradiso, Divina Commedia


Riassunto:

Dante per descrivere l'itinerario del Paradiso fa riferimento ad una concezione dell'universo basata sulla cosmologia aristotelico-tolemaica, seconda la quale la terrà è posta al centro dell'universo e intorno ruotano nove sfere celesti contenuti l'una nell'altra, mentre una decima che le comprende tutte, l?empireo è la sede di Dio.
Il Paradiso descrive la sede e la condizione dei beati, che a differenza dei dannati e degli espianti del Purgatorio, non hanno sedi differenziate ma risiedono tutti nell'Empireo, cioè il cielo che comprende tutti gli altri nove ne è per così dice l'involucro esterno. Dall'Empireo i beati scendono verso Dante e si manifestano in quel cielo che è più in stretta relazione con la virtù che ognuno di loro ha praticato in modo particolare e obbedendo al criterio di diversità dell'armonia e il loro appagamento sta nell'accettazione della volontà divina.
I cieli in ordine sono: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Stelle Fisse e Primo Mobile.

I. Nel cielo della Luna, dove ci sono gli angeli, gli spiriti appaiono ancora labili parvenze umane, qui si trovano le anime di coloro che furono non per volontà propria, indipendenti ai voti, le più vicine spiritualmente alla Terra. (Qui incontra Piccarda Donati, conosciuta in vita da Dante, che di lei aveva chiesto notizie al fratello Farese nel Purgatorio).

II. Nel cielo di Mercurio compaiono gli arcangeli, cioè spiriti che operano il bene per amore di gloria (troppo attaccati dalle cose terrene) hanno forme di splendori e convergono numerosi verso di li staccandosi dal fondo luminoso del cielo. Anche qui canto e movimento di danza costituiscono tenui elementi di animazione narrativa (qui incontra Giustiniano che lotta per il bene terreno alla conquista della gloria eterna)

III. Nel cielo di Venere le anime degli spiriti amanti scendono incontro a Dio, sono rappresentate come luci che si muovono interiori.

IV. Nel cielo del Sole gli spiriti sapienti gli appaiono come fulgore Maria e il suo assenso corale alle risposte date al pellegrino, il silenzio in cui risuonano le parole condanna di S. Pietro.

L'ultimo cielo, il Primo Mobile, è un cielo velocissimo, uniforme in tutte le sue parti perché privo di corpi celesti, qui le nove gerarchie angeliche in forma di cerchi infuocati ruotano con diversa velocità attorno a Dio che appare come un punto luminosissimo.
La salita di Dante viene considerata come una specie di assunzione verso l'alto al di fuori di ogni legge naturale e in continuo superamento dei limiti della propria corporeità, c'è dunque un distacco psicologico e spirituale dal basso, cioè dalla terra verso Dio. Egli trova in una posizione di netta inferiorità rispetto alle anime beate, le quali spinte da carità gli offrono il loro avuto per sciogliere i suoi dubbi e affrontare il processo di crescita.
Gli incontri con le anime sono vissute dal pellegrino come un momento di ascesa, tappe verso la verità, non c'è l'interesse per le vicende individuali se non per quanto essi valgano in rapporto con il destino celeste. Non ci sono veri e propri dialoghi e la sua partecipazione si riduce ad una formale e rituale richiesta che ha come unico scopo quello di renderlo attivo nel processo di conquista intellettuale. Le sue diserzioni dottrinali si alternano a quelle delle anime trasformando dallo schema incontro colloquio in una lezione scolasticamente strutturata, focalizzando il problema, confutando l'errore e richiamando all'attenzione del discepolo la corretta argomentazione del vero, esempio nell'incontro con l'avo Cacciaguida si riassume il senso della vita e della missione poetica mentre i riferimenti al mondo terreno sempre più sfumati se in rapporto con le vicende individuali dei beati acquistano un significato di denuncia e profezia dalle più autorevole delle sedi all'intera umanità.
Dante pur essendo consapevole dei propri limiti desidera apprendere e si lascia guidare da Beatrice, la gentilissima, che diventa l'elemento chiave per l'elevazione morale, maestra di dottrina (verità), luce morale, simbolo religioso della grazia. Con ella nel Paradiso Dante realizza la metafora medioevale, il mito della donna come tramite tra l'uomo e Dio (percorso per arrivare a Dio).
L'ascesa viene descritta attraverso sensazioni di movimento rapidissimo di armonia e di luce, che gradualmente aumenta d'intensità e di cui è segnale anticipatore l'accresciuto fulgore del viso di Beatrice (l'Idea di movimento serve per mantenere la struttura del viaggio, la luce supera il dato ambientale e scenografico per assumere valenze simboliche).
Dante stenta ad adeguare la facoltà sensoriale al fenomeno e spesso non riesce a sostenere lo splendore della donna che attraverso lo sguardo lo guida e lo incoraggia nel viaggio e i suoi occhi ardono di carità ogni volta che Dante le permetterà di sciogliere i suoi dubbi e le anime beate hanno parvenze di gioire nell'accogliere il pellegrino. Il suo è un itinerario di conoscenza che dopo essere stato appagato ha ancora un vivo desiderio di sapore che non riesce ad esprimere a parole. La permanenza in lui dell'errore intellettuale lo differenzia dalle anime beate, ma lo accomunano l'atteggiamento contemplativo e a volta e statico e la tensione a Dio.
Nel Paradiso la condizione dei beati, ora privi di qualsiasi materialità "pure essenze"
impedisce a Dante il ricorso alla descrizione fisica (figure, atteggiamenti dei dannati), così come la natura dei cieli gli impedisce quella poesistica, il posto e il ruolo che questo materiale aveva nella altre due cantiche viene preso nel paradiso della luce che è l'elemento attraverso il quale essi si manifestano e dalle forme (croce, cerchi, che esse assumono). Per comprendere questa cantica bisogna considerare il codice linguistico basato sulla luce e dal calore, in quanto le anime ridono sfavillanti e la luminosità delle anime è tanto maggiore quanto più profonda si fa la visione di Dio in proporzione ai meriti di ciascuna e proprio nell'Empireo dove sono tutti raccolti in forma di candida rosa Dante realizza la contemplazione di Dio come folgorazione es esperienza ineffabile. (Altro elemento chiave è la misura il cui suono melodioso simile a un'orchestra, dove l'armonia è il risultato dei diversi movimenti dei cieli attorno al centro).



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