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Gli occhiali d'oro, Bassani

di Giorgio Bassani
Riassunto:

Il romanzo breve gli occhiali d’oro (1958) narra la vicenda del medico Athos Fadigati, che esercita onorevolmente la sua professione a Ferrara, nel periodo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Bene inserito nell’agiata borghesia cittadina, Athos finisce però per diventare vittima di una diversità che lo condanna all’esclusione sociale: infatti, malignamente e senza fondamento, viene accusato di omosessualità. Via via si identifica apertamente nel ruolo che gli altri, gli hanno attribuito; arriva così a degradarsi, davanti a se stesso e alla società, con una scandalosa avventura. Alla fine non vedrà che il suicidio come unica via d’uscita da una situazione fattasi per lui insostenibile, e da un mondo che sente non appartenergli più.
L’io narratore segue la vicenda dello sventurato medico con commossa partecipazione (il racconto è svolto in prima persona). In Athos, Bassani si riconosce anche lui è un diverso, un escluso, in quanto ebreo. Il tema della persecuzione degli innocenti ritornerà nel più famoso romanzo il giardino dei Finzi-Contini (1962), nel contesto della deportazione degli ebrei voluta dal fascismo. Nel ritrovare le immagini del recente, tragico passato, la memoria si scontra con l’incoscienza con cui è ripresa la vita del dopoguerra, con la diffusa ansia di dimenticare, di ricostruire semplificando e mascherando il passato, negando le sofferenze, le crudeltà, le colpe recenti. Lo scrittore lotta tenacemente contro quest’ansia di cancellare, di dimenticare, che fa risorgere antichi veleni e ipocrisie, che reca nuovo oltraggio alle vittime del passato. Quel mondo provinciale e borghese, segnato dalla morte, costituisce lo sfondo di tutta la sua opera: con civilissima misura, con riservata eleganza, con nostalgia appassionata e con spirito critico, egli ne ricostruisce la vita, offrendo un fragile segno di resistenza agli orrori della storia contemporanea.

Gli occhiali d’oro - Capitolo 1 e 2 < Che cosa succedeva di Athos Fadigati…? >
Il romanzo breve di Bassani individua il motivo dell’omosessualità come forma di emarginazione in una società borghese. L’esempio del dottor Fadigati serve per esemplificare il modo in cui un certo gruppo sociale può magari tollerare mai politici e sociali, come l’ideologia fascista, ma non può tollerare l’infrazione alle proprie regole: in questo caso la (sola presunta) diversità sessuale.
All’inizio, Fadigati può vantare credenziali di affidabilità e di rispetto; ma la sua personalità viene accettata solo in virtù delle apparenze, di ciò che di lui emerge in superficie. La Situazione comincia a cambiare allorché diviene chiaro che egli non obbedisce al conformismo vigente in città, che impone regole ben precise (gli scapoli cenano al ristorante, si accompagnano a belle donne, se sono benestanti non si confondono con i popolani ecc.) Ma mano Athos viene escluso senza pietà dal riconoscimento del gruppo: la professione rettamente esercitata, la delicatezza personale, l’onestà, la cultura, nulla di tutto ciò può salvarlo. Prendono il sopravvento gli interrogativi e le indiscrezioni, le intrusioni indebite e i pettegolezzi, che offuscano gli elementi positivi. L’apparenza negativa diventa un marchio infamante; al rispetto borghese si sostituiscono le smorfie; all’amicizia, l’imbarazzo; ai complimenti, il sogghigno.
In questo passo emerge un punto centrale di tutto il romanzo: il giudizio d’innocenza o di colpevolezza non si basa sulla realtà dei comportamenti, ma sull’omologazione pubblica; il risultare ebreo, l’essere giudicati o l’apparire omosessuale, equivalgono a una rottura delle regole della convivenza, e come tale sono condannati senza sconti dall’opinione corrente.
Questa pagina esemplifica bene anche i caratteri narrativi e stilistici del romanzo. Risulta chiaro il superamento del modo di narrare tipico dei neorealisti, per diverse ragioni:
per il flashback retroattivo iniziale (Il tempo ha cominciato a dilagarli, eppure non si può ancora dire che siano pochi, a Ferrara, quelli che ricordano il dottor Fadigati);
Per il filtro tutto soggettivo attraverso cui l’io narrante delinea la vicenda (per ragioni di età, io che scrivo non ho fa offrire che una immagine piuttosto vaga e confusa dell’epoca); per il recupero degli eventi effettuato a distanza attraverso la memoria.
La prosa analitica, apparentemente grigia e impassibile, di Bassani vuole rappresentare l’incomunicabilità, l’estraneità tra gli individui. Il linguaggio neutro e impersonale pare aderire alle opinioni correnti: l’autore sembra identificare il proprio punto di vista con la maggioranza silenziosa e crudele che decreta l’esclusione del protagonista. Solo in controluce vediamo vibrare il suo sdegno, perché riconosce se stesso nella sofferenza dei propri personaggi. In tal modo lo stile diviene lo specchio dell’atrocità della vita.



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