di Giacomo Leopardi
Commento:
La poesia è la quarta del cosiddetto "ciclo di Aspasia", una delle più dure e drammatiche della lirica leopardiana. E' qui espressa tutta l'amarezza e la delusione estrema per quello che il poeta stesso definisce "inganno estremo" ossia la fine dell'illusione amorosa per l'attrice Fanny Targioni Tozzetti che aveva alimentato le sue intime fantasie. Quell'amore in realtà non fu mai corrisposto. Il poeta si rivolge a se stesso, invitando il suo cuore a smettere di tormentarsi: quel desiderio che lo ha fatto palpitare ormai è spento e non ha più ragione d'essere alimentato. La delusione per questo "inganno" porta inoltre il poeta a disprezzare il mondo ("e fango è il mondo") e la natura, origine di tutto il male e il dolore verso cui l'uomo è destinato fin dalla nascita. Anche questa poesia è un'epsressione di quel pessimismo cosmico che conduce il Leopardi ad un atteggiamento di rifiuto e disprezzo progressivo e totalizzante: la poesia si conclude con una lapidaria affermazione sulla "infinita vanità del tutto", emblematico epilogo di una lirica costruita sulla negatività dell'esperienza umana.
Commento:
La poesia è la quarta del cosiddetto "ciclo di Aspasia", una delle più dure e drammatiche della lirica leopardiana. E' qui espressa tutta l'amarezza e la delusione estrema per quello che il poeta stesso definisce "inganno estremo" ossia la fine dell'illusione amorosa per l'attrice Fanny Targioni Tozzetti che aveva alimentato le sue intime fantasie. Quell'amore in realtà non fu mai corrisposto. Il poeta si rivolge a se stesso, invitando il suo cuore a smettere di tormentarsi: quel desiderio che lo ha fatto palpitare ormai è spento e non ha più ragione d'essere alimentato. La delusione per questo "inganno" porta inoltre il poeta a disprezzare il mondo ("e fango è il mondo") e la natura, origine di tutto il male e il dolore verso cui l'uomo è destinato fin dalla nascita. Anche questa poesia è un'epsressione di quel pessimismo cosmico che conduce il Leopardi ad un atteggiamento di rifiuto e disprezzo progressivo e totalizzante: la poesia si conclude con una lapidaria affermazione sulla "infinita vanità del tutto", emblematico epilogo di una lirica costruita sulla negatività dell'esperienza umana.