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L'Evoluzione della Musica Italiana di Ieri e di Oggi

La musica leggera italiana è influenzata dal melodramma e dalla canzone napoletana

La nascita della musica leggera in Italia fu influenzata soprattutto dal melodramma e dalla canzone napoletana. Quest’ultima, pur avendo alle spalle una lunga tradizione, incominciò a diffondersi al di fuori della Campania solo dopo l’unità d’Italia.
Sia il melodramma sia la canzone napoletana proponevano delle melodie molto orecchiabili, da cantare a voce spiegata, su testi spesso di argomento amoroso o sentimentale. Queste caratteristiche costituiranno gli elementi della canzone melodica (o “all'italiana”).

Tra le due guerre il fascismo controlla gli sviluppi della musica leggera

Negli anni venti si diffondono anche in Italia i dischi e la radio, che permettono di ascoltare canzoni straniere e quindi mettono in crisi il predominio incontrastato della canzone melodica. Anche con il cinema sonoro si diffuse la conoscenza di stili musicali completamente diversi da quelli tradizionali.
Il fascismo, per, conduceva una politica di tipo nazionalistico anche in campo musicale, cioè ostacolava il più possibile la diffusione delle canzoni straniere. Il regime incoraggiava viceversa la diffusione di canzoni di stile tradizionale, di carattere allegro e spensierato, spesso dal contenuto banale e insignificante, che davano l’idea di un Italia in cui tutto andava bene e la gente non aveva problemi.
Alla fine degli anni trenta incominciavano però a diffondersi anche in Italia le cosiddette orchestre ritmiche che proponevano versioni italiane di grandi successi stranieri.

Dopo la seconda guerra mondiale nasce il Festival di Sanremo

Dopo la seconda guerra mondiale in Italia si diffusero velocemente tutte le mode straniere: dalle canzoni di Cole Porter e Frank Sinastra al jazz di Louis Armostrong e Benny Goodman, dalle colonne sonore dei film di Hollywood ai ritmi sudamericani della samba e della rumba.
Nel 1951, forse per rilanciare la tradizione canora nel nostro paese, nasce Sanremo il festival della canzone italiana. A Sanremo, fin dagli inizi, dominano i cantanti che ripropongono i testi e le melodie più tradizionali: Nilla Pizzi, Claudio Villa, Luciano Tajoli e Achille Togliani.
Trionfano canzoni con titoli come Grazie dei fior, Tutte le mamme, Vola colomba ecc.
I temi sono sempre gli stessi (l’amore, la mamma, qualche volta la patria) e per di più trattati con molta retorica: in pochi anni il festival di Sanremo diventa il simbolo dell’Italia sentimentale e lacrimosa.

Verso la fine degli anni cinquanta si ha la contrapposizione tra melodici e urlatori.
Verso la fine degli anni cinquanta si affermano alcuni cantanti italiani che prendono a modello i rockers americani come Elvis Presley, Paul Anka e i Platters. Nel ’58 Tony Dallara lancia Come prima, la prima canzone ritmica italiana, che assume cioè elementi della musica rock. Si determina così una spaccatura fra “melodici”, cioè cantanti che restano legati alla tradizione della canzone italiana, e “urlatori”, cioè cantanti che accolgono elementi tipici del rock and roll.
Fra questi ultimi si impone dapprima Peppino di Capri, che rinnova la canzone napoletana inserendovi dei ritmi rockeggianti; ma è Domenico Modugno, che nel ’58 trionfa a Sanremo con Nel blu dipinto di blu, a portare una decisa ventata di novità.
Il successo mondiale di questa canzone apre le porte della notorietà a cantanti come Mina, Adriano Celentano e Gianni Morandi che resteranno per decenni fra i cantanti italiani più conosciuti nel mondo.

Negli anni sessanta si affermano i primi cantautori

La contrapposizione fra melodici e urlatori non ebbe né vincitori né vinti. Il vero elemento di novità, negli anni sessanta, fu costituito da un gruppo di musicisti che prendevano a modello gli chansonniers (cantautori) francesi come Jacques Brel, Juliette Greco, Gilbert Becaud e altri, le cui canzoni parlavano un linguaggio più aderente alla realtà e nello stesso tempo recuperavano alcuni aspetti della tradizione popolare.
I cantautori italiani (così furono detti, poiché scrivevano i propri testi e le proprie canzoni, al contrario dei loro predecessori che si limitavano a interpretare canzoni scritte da altri) misero in discussione alcuni dei canoni tradizionali della musica leggera.
Le loro canzoni si basavano su un accompagnamento semplice, spesso affidato solo alla chitarra; inoltre davano la massima importanza al testo, affrontavano talvolta temi sociali, ma soprattutto rinnovavano il repertorio dei temi tradizionali come l’amore e la famiglia, evitando i luoghi comuni e le banalità.
I cantautori più importanti degli anni sessanta sono quelli appartenenti alla cosiddetta “scuola genovese”: Umberto Bindi, Gino Paoli, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Fabrizio De André; si affermano però anche i milanesi Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci, l’astigiano Paolo Conte e l’istriano Sergio Endrigo.

Negli anni sessanta nascono anche i primi complessi beat

Accanto ai cantautori, nella seconda metà degli anni sessanta si affermano anche in Italia i primi complessi, come i Giganti, i Dik Dik, l’Equipe 84, nati sull'onda del successo dei complessi beat inglesi e americani.
Questi gruppi inizialmente si limitarono a reinterpretare o a imitare le canzoni dei complessi stranieri, ma ben presto svilupparono uno stile originale, legato alla tradizione melodica italiana. Fra i gruppi più significativi di questa stagione musicale ricordiamo I ricchi e poveri, i Matia Bazar e i Pooh.
Alcuni complessi, come PFM e le Orme, accolsero invece le tendenze più sperimentali del rock, ma senza ottenere un grande successo di pubblico.

Negli anni sessanta emerge una nuova generazione di cantautori.

Mentre i complessi esauriscono in pochi anni la loro antica innovativa, i cantautori affermatisi negli anni sessanta riescono a lasciare un segno più duraturo, influenzando le generazioni successive di musicisti.
Durante gli anni settanta si afferma un nuovo gruppo di cantautori, primo fra tutti Lucio Battisti, il quale ottiene un grandissimo successo anche grazie alla collaborazione del paroliere Mogol.
A Roma emergono Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Riccardo Cocciante, Claudio Baglioni e Renato Zero; a Milano Eugenio Finardi e Roberto Vecchioni; a Napoli Edoardo Bennato e Pino Daniele; a Bologna Lucio Dalla e Francesco Guccini; a Genova Ivano Fossati e infine, in Sicilia, Franco Battiato.
Ciascuno di loro sviluppa uno stile personale e originale contaminazioni con il jazz e il folk; ma soprattutto questa generazione di cantautori si distingue dalla precedente perché attribuisce maggiore importanza alla musica, utilizza molti strumenti diversi (non più soltanto la chitarra) e arricchisce le proprie melodie con raffinati arrangiamenti.


Negli anni ottanta e novanta la musica italiana si apre alle esperienze internazionali

I cantautori degli anni ottanta, pur inserendosi nella scia della generazione precedente, adottano uno stile più internazionale e tentano di imporsi all'attenzione del pubblico europeo.
E’ il caso di Gianna Nannini, Vasco Rossi e Zucchero (Adelmo Fornaciari) che per primi arrivano a conquistare l’attenzione dei consumatori stranieri.
Si sviluppa intanto una nuova figura di cantautori, meno isolato e più aperto anche alle esigenze del grande pubblico. Il Festival di Sanremo comincia a dare spazio ai cantautori, contribuendo spesso al loro successo: Eros Ramazzotti e Jovanotti (Lorenzo Cherubini), per esempio, vengono portati alla ribalta proprio dal Festival nazionale, mentre Enrico Ruggeri, già stimato dalla critica, riesce a conquistare un pubblico più vasto attraverso la partecipazione al Festival di Sanremo.
Negli anni novanta, oltre a nuovi cantautori di valore spesso discutibile, si impongono grandi interpreti come Giorgia, che rilanciano il gusto per l’aspetto propriamente canoro della musica leggera.
Negli ultimi anni, infine sono emersi anche molti gruppi (Litfibia, Pitura Freska ecc.) che cercano nuove strade rielaborando generi musicali diversi come il rock, il folk e il rap.



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