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Elisione o troncamento

A volte possono nascere dei dubbi sul troncamento e l’elisione; cioè ci si può chiedere se ci vuole o no l’apostrofo. Per non sbagliare si può seguire questo suggerimento pratico:
se la parola accorciata può stare davanti a un’altra che cominci per consonante si ha il troncamento, cioè non ci vuole l’apostrofo: buon anno, buon giorno, qual è, qual buon vento ecc.

Inoltre si può fare un’altra prova:
una parola tronca si può pronunciare da sola e mantiene il suo significato; signor, venir, buon ecc.
Una parola apostrofata non è invece autonoma: l’, gl’, senz’, ecc.



L’elisione

Se prendiamo la frase:
- E’ vietato lo uso della automobile allo interno della area dello ospedale.

La frase fa leggermente schifo da leggere, questo è dovuto alla vicinanza delle vocali da una parola all'altra.

La frase corretta deve essere:
- E’ vietato l’uso dell’automobile all'interno dell’area dell’ospedale. 

Letta così la frase non ha più un suono sgradevole poiché alcune parole hanno perduto le vocali finali; al loro posto c’è un segno, una specie di virgola in alto: l’, dell’, all’. Questo segno di punteggiatura si chiama apostrofo e indica un elisione (da elidere = eliminare), cioè la soppressione della vocale finale di una parola davanti a un’altra che comincia per vocale.

L’uso dell’elisione è spesso soggettivo, è cioè affidato al gusto e allo stile personale, per cui si può dire: pieno di entusiasmo o pieno d’entusiasmo, una ipotesi o un’ipotesi.



L’elisione è obbligatoria

Con gli articoli Lo e La e con le preposizioni articolate da essi formate (dello, della, nello, nella ecc.): l’uomo, l’aria, nell'orto, dell’isola ecc.
Con bello e quello: un bell'uomo, quell'altro.
Con Ci davanti a voci del verbo essere comincianti per e: c’era, c’erano ecc..
Con santo + nome che inizia per vocale: Sant'Andrea.
In altre formule fisse quali: tutt'altro, senz'altro ecc…

L’elisione è frequente con la preposizione di: d’amore, d’accordo, d’arancio, d’argento, d’oggi.
L’elisione è rara con la preposizione da, e per lo più è presente in forme fisse quali: d’ora in poi, fin d’allora, d’altra parte ecc.



A capo con l’apostrofo

Da quando cinquecento anni fa, l’umanista Bembo introdusse l’apostrofo e il celebre tipografo Manuzio lo diffuse attraverso la stampa, la polemica sull'uso di tale segno non si è mai spenta. Esistono sì delle norme grammaticali in proposito, ma gli autori danno un po’ di testa propria. C’è chi scrive questa idea, c’è chi preferisce quest’idea. Fin qui è questione di gusti e sui gusti non si discute. Non c’è fortunatamente alcun scrittore che ricorra al comune suggerimento grammaticale di scrivere “lo uomo” quando l’articolo lo viene a trovarsi in fin di riga. Non c’è cosa più strana infatti che scrivere diversamente da come si pronuncia, tanto più che si rifiutano di accettare questo anacronistico suono sia l’orecchio sia il gusto letterario. L’idea di tale forma è certamente nata dal cervello di qualche compositore poco scrupoloso e preoccupato solo di riempire la riga, accontentando il suo occhio. Così l’abuso si impose e fu anche accolto dai drammatici con la scusa che una parola terminante per apostrofo non è pronunciabile di per sé, ma solo unitamente a quella seguente. La si pensa che ciò avviene anche per le altre parole che si spezzano andando a capo. Certamente [ l’ ] in fin di riga è molto più bello e vivo di quel lo uomo, tanto più che nessuna lingua, all’infuori della nostra, ricorre a questi assurdi trucchetti tipografici. Il francese, per esempio, termina comodamente la riga con un apostrofo e nessuno grida allo scandalo. Non preoccupatevi perciò di quanto dicono certe grammatiche, evitate a tutti i costi termini orribili come nel caso di lo uomo.



Troncamento di una parola

Il troncamento è la caduta della vocale o della sillaba finale di una parola davanti a un’altra che comincia per consonante o per vocale (buon giorno, buon amico).
Il troncamento non vuole l’apostrofo. Anche per il troncamento c’è un uso obbligatorio e un uso soggettivo.



Il troncamento è obbligatorio

Con uno e composti (nessuno, alcuno) davanti a vocale o consonanti: un amico, un cavallo, nessun libro.
Con buono davanti a vocale o consonante: un buon amico, un buon libro.
Con bello e quello solo davanti a consonante: un bel cane, quel quaderno.
Con santo davanti a nome proprio cominciante per consonante: san Giovanni, san Martino.
Con frate davanti a nome proprio cominciante con consonante: fra Matteo.
Con suora davanti a nome proprio: suo Agnese, suo Teresa.



Eccezioni 

Attenzione, però, alle seguenti eccezioni e particolarità:
Davanti a parole comincianti per “s” impura (s + consonante), x, z, ps, gn il troncamento generalmente non avviene, uno studio, uno zingaro, uno psicologo, uno gnomo, uno bello scudo, quello xilofono, quello zaino, santo Stefano ecc. Ma si dice: san Stanislao, san Zeno, san Zenobio ecc.
Tale e quale non vogliono mai l’apostrofo né davanti a vocale né davanti a consonante: qual è la capitale del Belgio?, una tal allegria ecc. Si tratta, infatti, di troncamento e non di elisione.

Vi sono particolari troncamenti in vocale con apostrofo:
po’ (= poco) un po’ di latte
be’ (= bene) be’, vediamo
mo’ (= modo) a mo’ d’esempio
to’ (= togli) to’, prendi
ve’ (= vedi) ve’, chi si vede
te’ (= tieni) te’, prendi
ca’ (= casa) Ca’ Foscari


Abbastanza frequenti sono gli imperativi tronchi:
da’ (= dai)
di’ (= dici)
fa’ (= fai)
sta’ (= stai)
va’ (= vai)



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