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Inferno Canto 19 - Parafrasi

Appunto di italiano riguardante la parafrasi del canto diciannovesimo (canto XIX) dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.
La bolgia dei simoniaci, illustrazione di Gustave Doré

Nella terza bolgia i simoniaci sono conficcati a testa in giù nella pietra; lingue di fuoco bruciano loro le piante dei piedi. Dante ne interroga uno, papa Niccolò III; questi scambia il poeta per Bonifacio VIII, che dovrebbe prendere il suo posto nella buca spingendolo più in basso, ed inveisce contro di lui. Dante pronuncia un discorso contro i papi simoniaci.

In questa pagina trovate la parafrasi del Canto 19 dell'Inferno. Tra i temi correlati si vedano la sintesi e l'analisi e commento del canto.



Parafrasi

Simon mago, e voi miseri seguaci
che delle cose sante (di Dio), che dovrebbero
essere unite (spose) solo alla bontà, avidi (rapaci)
fate mercato (avolterate) per oro e argento,
ora è necessario (convien) che per voi suoni la tromba,
poiché state nella terza bolgia.
Giunti alla bolgia successiva (a la seguente tomba),
eravamo già saliti su quella parte del ponte roccioso (scoglio)
che cade a perpendicolo, giusto sul mezzo del fossato.
O somma sapienza, quanta è l’opera (arte)
che mostri in cielo, in terra e nel regno dei malvagi,
e con quanta giustizia (quanto giusto) la tua potenza (virtù) distribuisce (comparte)!
Io vidi, lungo le pareti (coste) e il fondo,
la roccia scura (livida) piena di buche,
tutte di ugual larghezza (d’un largo) e ognuna era circolare.
Non mi sembravano meno ampie o maggiori
di quelle che si trovano nel mio bel San Giovanni,
costruite per coloro che debbono ricevere il battesimo (battezzatori);
una delle quali, non sono molti anni,
io ruppi per uno che vi annegava:
e questa sia affermazione (suggel) che tolga d’inganno (sganni) ogni uomo.
Dall’imboccatura di ognuna di esse sporgevano (soperchiava)
i piedi e le gambe di un peccatore
fino alla coscia (grosso), mentre il resto era chiuso dentro.
Entrambe le piante dei piedi erano accese;
per cui le giunture si dibattevano con tanta forza,
che avrebbero spezzato funi di vimini attorte e corde intrecciate (strambe).
Come la fiamma su oggetti cosparsi di unto suole muoversi
solo sulla superficie (buccia) esterna (strema),
così era la fiamma lì, dai calcagni alle punte dei piedi.
«Chi è, maestro, colui che mostra il suo dolore
agitandosi più degli altri suoi compagni», dissi io,
«e che una fiamma più rossa (roggia) consuma (succia)?».
Ed egli a me: «Se tu vuoi ch’io ti porti
laggiù lungo la parete meno ripida (più giace),
saprai da lui notizie di sé e delle sue colpe (torti)».
Ed io: «Mi è grato (m’è bel), tutto quanto a te piace:
tu sei la guida, e sai che non mi allontano (parto)
dal tuo volere, e conosci bene quello che non si osa esprimere (si tace)».
Allora ci portammo sul quarto argine;
ci voltammo e scendemmo dalla parte sinistra (a mano stanca)
laggiù sul fondo irto di buchi e malagevole (arto).
Il buon maestro non smise di sostenermi
finché (sì) non mi posò (giunse) vicino alla buca (rotto)
di colui che mostrava il suo dolore con il piede (zanca).
«Chiunque tu sia che hai la parte superiore (’l di sù) capovolta,
anima sventurata conficcata (commessa) come un palo»,
cominciai a dire, «se puoi, parla».
Io ero nella posizione del frate che confessa
il perfido sicario (assessin), il quale, dopo che è stato calato a testa in giù in una fossa (fitto),
lo richiama per confessare chi armò la sua mano e così evitare la morte.
Ed egli gridò: «Sei già arrivato qui,
sei già arrivato qui, Bonifacio?
Il libro del futuro (lo scritto) mi ha mentito di parecchi anni.
Ti sei così presto saziato di quella ricchezza (quell’aver)
per la quale non hai esitato a prendere con l’inganno
la bella sposa (la Chiesa) e poi a disonorarla (farne strazio)?».
Io divenni come coloro che rimangono quasi interdetti (scornati),
perché non comprendono quanto è stato loro detto,
e non sanno rispondere.
Allora Virgilio mi disse: «Digli presto:
‘Non sono, non sono colui che tu credi’»;
e io gli risposi come mi fu suggerito.
Per cui quello spirito contorse completamente (tutti) i piedi;
poi, sospirando e con parole rotte dal pianto,
mi disse: «Dunque che cosa (che) vuoi da me?
Se ti interessa (cal) tanto sapere chi io sia,
che per questo hai percorso la parete di roccia (ripa),
sappi che io rivestii il gran manto papale;
e fui davvero il figlio dell’orsa,
preoccupato tanto di favorir (avanzar) i parenti (orsatti),
che in terra (sù) misi le ricchezze (l’avere) in borsa e me stesso qui (all’Inferno).
Sotto il mio capo sono precipitati (tratti) gli altri
che mi precedettero nella simonia (simoneggiando),
appiattiti nelle fessure della roccia.
Anch’io precipiterò laggiù quando
sopraggiungerà colui che io credevo tu fossi,
allorché io feci quella domanda improvvisa (sùbito dimando).
Ma il tempo ormai in cui ho avuto i piedi arsi
e in cui sono stato così capovolto è maggiore
di quanto egli starà qui conficcato con i piedi infuocati (rossi):
poiché dopo di lui verrà, da occidente,
un papa di condotta più vergognosa, seguace di nessuna regola
per cui è giusto che ricopra me e Bonifacio.
Sarà un nuovo Giasone, di cui si legge
nel libro dei Maccabei; e come verso costui fu condiscendente
il suo re (Antioco), così verso quell’altro papa (Clemente V) lo sarà chi governa la Francia (Filippo il Bello)».
Io non so se in questa occasione (qui) fui troppo temerario (folle),
io che pure gli risposi in questo tono (metro):
«Deh, or dimmi: quale tesoro ha preteso (volle)
Nostro Signore da s. Pietro prima (in prima)
di affidare le chiavi in sua custodia (sua balìa)?
In verità (Certo) gli disse soltanto ‘Seguimi’.
Neppure Pietro e gli altri apostoli pretesero da Mattia
oro o argento, quando egli fu sorteggiato
al posto (loco) che lasciò vuoto (perdé) l’anima malvagia (di Giuda).
Sta’ dunque lì, ché meritatamente (ben) sei punito;
e custodisci gelosamente il denaro sottratto con frode (mal tolta),
che ti ha reso ardito contro il re Carlo.
E se non fosse che mi frena (vieta)
ancora il rispetto verso le sante chiavi
che tu hai avuto in affidamento (tenesti) durante la vita terrena (lieta),
io userei parole ancor più dure (gravi);
poiché la vostra avarizia corrompe (attrista) il mondo,
calpestando (calcando) i buoni ed elevando gli indegni (pravi).
Di voi pastori vide profeticamente (s’accorse) l’Evangelista (Giovanni),
quando (nell’Apocalisse) da lui fu vista colei
che siede sopra le acque (la Chiesa) prostituirsi con i sovrani;
quella che nacque con le sette teste (i sette doni dello Spirito Santo)
e trasse la sua forza (argomento) dalle dieci corna (i dieci comandamenti),
fino a quando la virtù fu amata dal suo sposo.
Dell’oro e dell’argento vi siete fatti un dio;
e che differenza (altro) sussiste tra voi e gli idolatri,
se non che essi adorano una divinità, e voi cento?
Ahi, Costantino, di quanto male fu origine (matre)
non già la tua conversione, ma quella donazione
che il primo papa (patre) che si arricchì (ricco) accettò da te!».
E mentre gli rivolgevo (cantava) tali accuse (note),
fosse l’ira che lo tormentava o la consapevolezza della colpa,
scalciava forte con ambedue i piedi.
Io credo davvero che alla mia guida piacesse (la mia invettiva),
tanto era felice l’aspetto (labbia) con cui sempre seguì (attese)
il suono di quelle accuse vere pronunciate.
Perciò mi prese fra le due braccia, e
dopo che mi ebbe sollevato al petto,
risalì per quella strada da cui era disceso.
E non si stancò di tenermi stretto,
finché mi portò sopra il punto più alto (’l colmo) del ponte (arco),
che costituisce un passaggio (tragetto) dalla quarta alla quinta bolgia.
Qui depose dolcemente il carico,
dolcemente (soave) in rapporto allo (per) scoglio accidentato (sconcio) e ripido (erto),
che sarebbe un difficile passaggio anche per le capre.
Di lì m’apparve un’altra bolgia.



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