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A mia moglie - Saba: parafrasi, analisi e commento

Appunto di letteratura riguardante la poesia "A mia moglie" di Umberto Saba: testo, parafrasi, analisi del testo, figure retoriche e commento.

La poesia "A mia moglie" è stata scritta dal poeta Umberto Saba nel 1910 e fa parte della sezione del Canzoniere intitolata Casa e campagna, che comprende sei poesie scritte dal 1909-10. I temi trattati sono la celebrazione delle virtù femminili, l'intimità domestica e familiare, la bellezza e la bontà della natura.


Testo

Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell'andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull'erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così se l'occhio, se il giudizio mio
non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun'altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
Se l'incontri e muggire
l'odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l'erba
strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t'offro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi un santa
sembra, che d'un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l'angusta
gabbia ritta al vederti
s'alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest'arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un'altra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l'accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun'altra donna.



Parafrasi

Donna sei giovane come una gallina di color bianco, con le piume che si irrigidiscono per il vento, col collo che si abbassa per bere, e che scava la terra; ma il tuo lento camminare ti fa apparire come una regina che avanza sull'erba con possanza e sicurezza. Meglio dell'essere (o sesso) maschile e come tutte le altre creature (animali) femmine che si avvicinano a Dio.
Non vorrei sbagliarmi ma credo che tu (riferito alla moglie) sei unica nel mondo animale e non puoi essere paragonata a nessun altra donna.
Quando giunge la sera le galline già dormono e producono suoni che mi ricordano quei tuoi dolcissimi lamenti che fai quando qualcosa non ti va bene, e non ti rendi conto che la tua voce e simile al chiocciare dei pollai. Sei come la femmina del bue (giovenca), libera da ogni fastidio (dal peso della gravidanza), anzi gioiosa che se viene accarezzata nel collo lo sposta verso il colore rosaceo della sua pelle.
Se ti imbatti in lei e la senti muggire, è così lamentosa che strappi l'erba in dono per farla zittire. È così io ti offro il dono della poesia per quando sarai triste.
Tu sei come una cagna allungata ai piedi del padrone che contempla con dolcezza e ferocia (come l’amore per gelosia o difesa). Ai tuoi piedi sembra una santa che arde di una passione indomabile,  e così ti guarda, come se tu fossi il suo Dio e Signore.
Quando in casa o fuori, chiunque ti si avvicini, le mostra i denti per via della gelosia.
Tu sei come la paurosa coniglia, che ti alzi in piedi dentro la stretta gabbia, e tendi verso te le orecchie lunghe e irrigidite appena mi vedi arrivare con la crusca e il radicchio (cibo), mentre quando ne sei sprovvista rimani rannicchiata su te stessa, nascosta in cerca di angoli bui. Chi gli toglierebbe il cibo sapendo che si strapperà i peli per fare la tana ai suoi piccoli? Chi potrebbe pensare ti farti del male?
Tu sei come la rondine che ritorna in primavera e riparte in autunno, anche se non hai queste sue determinate capacità. Della rondine possiedi il suo modo di muoversi e di atteggiarsi, questo, cioè che mi sentivo ed ero vecchio e segnavi l’inizio di un'altra primavera.
Tu sei come la previdente formica, tipico racconto popolare che le nonne raccontano ai bambini mentre si recano in campagna.
Ti ritrovo anche nell'ape, e in tutti gli altri esseri animali femminili che avvicinano a Dio, ma non in nessun altra donna.



Analisi del testo

Metrica: sei strofe libere di settenari, con rari endecasillabi, quinari (due, ai vv. 19 e 52) e trisillabi (uno, al v. 26, che formerebbe tuttavia un endecasillabo se unito al settenario che lo precede; il bisillabo al v. 56 è l'unico fuori metro). Numerose le rime, liberamente e irregolarmente disposte.

La poesia è basata su una struttura assai semplice: ognuna delle sei strofe introduce il paragone tra la moglie e un animale (due animali nella sesta e ultima strofa):
  • Lina assomiglia alla gallina per il modo di camminare e per il tono della voce quando si duole;
  • a una giovenca gravida, il cui muggito lamentoso fa venire voglia di donarle qualcosa, per consolarla;
  • a una cagna fedele, che nel suo affetto non vede altro che il padrone;
  • alla coniglia, timorosa e indifesa, a cui nessuno può fare del male;
  • alla rondine, per la grazie giovanile con cui si muove (e anche perché è fedele al nido);
  • alla formica previdente, che accumula provviste e bada alla casa;
  • all'ape, che lavora instancabilmente.
I primi quattro sono animali domestici e la similitudine impostata dal poeta può sembrare provocatoria: si tratta infatti di animali il cui nome è spesso usato come offesa, soprattutto se riferito a una donna.
La gallina è emblema di scarsa intelligenza, la giovenca di scarsa bellezza, la cagna di scarsa pudicizia, la coniglia di scarso coraggio. Logico che, al suo apparire, la poesia suscitasse un po' di scandalo e allegre risate, come lo stesso Saba ricordò in Storia e cronistoria del Canzoniere. 
In realtà, il poeta capovolge il valore negativo di questi paragoni attribuendo alle femmine degli animali domestici una serie di virtù che culminano con l'affermazione "avvicinano a Dio".

Gli ultimi tre animali, descritti più brevemente, sono femmine solo linguisticamente (la rondine che torna in primavera può essere anche maschio; api e formiche sono praticamente asessuate). Il poeta considera la moglie simile a loro lodandola per la sua cura della casa e per l'operosità.



Figure retoriche

Similitudine: donna-gallina (v. 1)
Similitudine: donna-giovenca (vv. 25-26)
Similitudine: donna-cagna (vv. 38-39)
Similitudine: donna-coniglia (vv. 53-54)
Similitudine: donna-rondine (v. 69)
Similitudine: donna-formica (v. 77-78)
Similitudine: donna-ape (. 82)
Similitudine: "e così...in tutte le femmine di tutti i sereni animali" (vv. 83-84)
Similitudine: "come il suo Dio e Signore" (v. 46)


Anafora = "Tu sei come" (vv. 1, 25, 38, 53, 69, 77)

Assonanza = "scopre, soffre" (vv. 50-51); "orecchi, radicchi" (vv. 57-59); "cibo, nido" (vv. 63-66).

Anastrofe = "il collo china" (v. 4); "in terra raspa" (v. 5); "il giudizio mio" (v. 27); "libera ancora" (vv. 29-30); "il collo volge" (vv. 34-35); "che l'erba strappi" (vv. 36-37); "il mio dono t'offro" (vv. 42-43); "una santa sembra" (vv. 42-43); "Chi potrebbe quel cibo/ ritoglierle?" (vv. 63-64).. In questi versi viene posticipato il verbo.

Iperbato = "tanto è quel suono lamentoso" (vv. 33-34); "altri protende e fermi" (v. 58).

Figura etimologica ="gravida gravezza" (vv. 25-28).

Sinestesia = "rosa tenero" (vv. 30-31). La prima appartiene alla sfera sensoriale visiva, la seconda a quella tattile.

Poliptoto = "tutte tutti" (vv. 12-12); "tutte tutti" (vv. 83-84).

Metafore = "ha il lento tuo passo di regina" (vv. 6-7); "la tua voce ha la soave e triste musica dei pollai" (vv. 23-24); "Ai tuoi piedi una santa sembra" (vv. 42-43); "un'altra primavera" (v. 76).

Enjambements = vv. 1-2; 3-4; 4-5; 6-7; 8-9; 11-12; 12-13; 13-14; 15-16; 16-17; 18-19; 20-21; 21-22; 22-23; 23-24; 25-26; 27-28; 29-30; 30-31; 32-33; 33-34; 34-35; 36-37; 38-39; 39-40; 40-41; 42-43; 43-44; 45-46; 47-48; 48-49; 49-50; 51-52; 53-54; 54-55; 55-56; 57-58; 59-60; 60-61; 63-64; 64-65; 65-66; 66-67; 69-70; 71-72; 75-76; 77-78; 78-79; 79-80; 80-81; 82-83; 83-84; 84-85; 85-86; 86-87.

Gioco di parole: il coniglio non fa il nido, o per lo meno si costruisce la tana per i suoi figlioli, ma non il nido che è tipico degli uccelli.



Spiegazione per parola:

  1. Incede: avanza (voce letteraria).
  2. Fra queste hai le tue uguali: la moglie non ha paragoni tra le altre donne, ma unicamente nel mondo animale, che per Saba è connotato da valori soltanto positivi.
  3. Assonna: il verbo è usato transitivamente, reca il sonno.
  4. Mettono voci: producono suoni.
  5. Onde: con le quali.
  6. Quereli: lamenti.
  7. La soave e triste / musica: l'enjambement sottolinea l'effetto quasi musicale del chiocciare serale all'interno del pollaio.
  8. Giovenca: la femmina del bue.
  9. Senza /gravezza: non appesantita, all'inizio della gravidanza. Il feto non è ancora cresciuto al punto di procurarle fastidio.
  10. Rosa / tenero: la sinestesia è evidenziata dall'enjambement.
  11. Se... muggire /l'odi: se ti imbatti in lei e la senti muggire.
  12. Una lunga / cagna: una cagna allungata per terra, ai piedi del padrone; la sua fedeltà è fata di dolcezza e ferocia, poiché l'amore può diventare gelosia o esprimersi come volontà di difesa.
  13. Una santa... Signore: la cagna contempla (riguarda) il suo padrone con lo stesso amore con cui una santa adora Dio. Al v. 43, infatti, fervore indica uno stato di entusiasmo religioso d'intensa partecipazione affettiva.
  14. Pavida: paurosa.
  15. Angusta: stretta.
  16. Che la crusca... si rannicchia: la coniglia si alza in piedi perché sa che te le porti il cibo (la crusca e i radicchi), ma quando le manca (di cui / priva) si rannicchia su se stessa, a conferma del suo carattere pauroso.
  17. Chi... chi... chi: chi mai, di fronte all'atteggiamento della coniglia potrebbe pensare di farle del male? La sequenza anaforica delle domande retoriche vivacizza il ritmo che nei versi precedenti era lento e quasi solenne.
  18. Quest'arte: questa abitudine, questa disposizione (ricorda il dantesco «ma i vostri non appreser ben quell'arte», nell'Inferno canto X, v. 51).
  19. Movenze: modo di muoversi e di atteggiarsi.
  20. Questo che: questo, cioè che.
  21. Mi sentiva ed era: mi sentivo ed ero. La desinenza in a alla prima persona dell'imperfetto indicativo era tradizionale nella letteratura italiana fino all'inizio del Novecento.
  22. Provvida: previdente.
  23. Escono alla campagna: si recano in campagna.
  24. Parla... la nonna: la formica è protagonista di molte favole popolari.
  25. Pecchia: ape (voce letteraria).



Commento:

La poesia, una delle più famose di Saba, fu scritta nell’estate del 1910, a Montebello, vicino a Trieste, dove il poeta si era stabilito con la moglie Lina. La lirica nacque dall’atmosfera di pace e quiete che in quel periodo caratterizzava la vita di Saba. La scelta di paragonare la moglie alle figure del mondo animale (la pollastra, la giovenca, la cagna, la coniglia, la rondine, la formica e l’ape) era una novità che all’epoca fece scandalo, provocando commenti ironici. Saba ricordò che, inizialmente, la poesia non piacque neppure alla moglie Lina. Ma spiegò di aver scelto questi termini di paragone perché gli animali per la semplicità e la nudità della loro vita, ben più degli uomini, obbligati da necessità sociali a continui infingimenti, avvicinano a Dio, alle verità cioè che si possono leggere nel libro aperto della creazione.

Significato:
L’accostamento tra donna e animali vantava una lunga tradizione poetica legata al filone satirico: già l’antico poeta greco Semonide (VII secolo a.C.), per esempio, aveva associato alla donna animali come la scrofa, la volpe, la donnola, la cagna, la cavalla, la scimmia, assumendoli come altrettanti simboli dei vizi e dei difetti femminili.
Saba in questa poesia, infrange coscientemente alcune regole di cortesia, che si osservano di solito nei confronti delle donne (per esempio: A una donna non si deve mai chiedere l'età).
Ma, a differenza di Semonide, non ha invece alcun intento parodistico o satirico, anzi: A mia moglie manifesta un tono di partecipe e accorata sincerità e in essa Saba tende a recuperare la dimensione naturale della donna, riscoprendo per esempio il suo ruolo positivo di madre, o le qualità legate alla sua discreta presenza nel quotidiano; in tal modo essa si avvicina a Dio. Tanto che la si può definire una poesia religiosa, seguendo l’indicazione di Saba stesso, secondo cui fu scritta come la recitazione di una preghiera. Questo è, per Saba, il punto più alto della riflessione.
Se l’accostamento agli animali non ha nulla di umiliante o di morboso, ciò dipende in primo luogo dal tono di infantile spontaneità che anima la lirica. Saba osservò che se un bambino potesse sposare e scrivere una poesia per sua moglie, scriverebbe questa. Del resto, nella poetica di Saba, un profondo legame univa poesia e infanzia, vista come età di spontaneità, innocenza, istintiva vicinanza alla vita comune.



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