La nostra lingua nazionale si fonda sul dialetto fiorentino del Trecento, illustrato letterariamente da Dante, dal Petrarca e dal Boccaccio, e perciò adottato come lingua letteraria da tutti gli scrittori italiani. Ma alcuni dei suoi caratteri fiorentini si sono andati attenuando da quando, oltre Firenze, altri centri italiani hanno vivamente contribuito alla vita letteraria, e soprattutto da quando, dopo l’unificazione politica dell’Italia, si è affermata l’influenza della capitale e, negli ultimi decenni, l’uso dell’italiano si è esteso a tutti i cittadini anche come lingua parlata, producendo un forte scambio e conguaglio linguistico tra le varie regioni. La forma ulivo, uliva, che è fiorentina (Dante, nella Commedia, la usa tre volte) è un chiaro esempio di come le cose possano cambiare nel tempo.
Con i termini "olivo" e "ulivo" (maschile singolare) s'intende l'albero sempreverde tipico della zona mediterranea. Il maschile plurale per olivo è "olivi", per ulivo è "ulivi".
Con i termini "oliva" o "uliva" (femminile singolare) s'intende il frutto della pianta dell'olivo. Il femminile plurale è "olive".
Sembra che oggigiorno "ulivo", col derivato "uliveto", venga usato come varietà dialettale in alcune regioni della penisola italiana (es. la Toscana), come impiego nella liturgia cattolica (domenica degli ulivi, Monte degli Ulivi) e come ex partito politico italiano (L'Ulivo, di centro-sinistra).
L'uso letterario contemporaneo è orientato verso "olivo"; d'altra parte è evidente che olivo viene maggiormente usato pressoché in tutti i settori ed è destinato a diffondersi sempre più, come testimoniano le forme derivate olivicoltore, olivicoltura, olivastro che praticamente non prevedono la variante in u. Ad avvalorare la tesi si può andare a consultare un dizionario (anche online) aggiornato e notare che rinvia da "ulivo a olivo" come forma prevalente.