Alcune espressioni possono essere scritte sia nella forma univerbata sia in quella separata, è il caso di "sennò" e "se no". Entrambi sono congiunzioni testuali da intendere come un'alternativa (usciamo o sennò possiamo anche rimanere a casa). Possono essere entrambi sostituiti dalle seguenti espressioni: "diversamente", "in caso contrario" e "altrimenti."
Senò è sbagliato (anche se magari qualche dizionario - molto liberale - dei nostri giorni lo riporterà ugualmente); sennò invece è la «naturale» grafia univerbata di se no, registrata da tutti i vocabolari. Naturale perché la congiunzione "se" è un monosillabo cogeminante, quindi provoca il raddoppiamento fonosintattico della consonante successiva.
Il senno (senza l'accento) ha tutt'altro significato ed è riferito all'avvedutezza, al buon senso e quindi alla capacità di ragionare. Es. Sei fuori di senno.
ESEMPIO:
- Sennò che fai?
- Se no cosa fai?
- Mi metto il vestito viola, sennò quello rosso.
Trovo brutto scrivere "se no": se parlo liberamente con gli amici, lo uso, ma nello scritto preferisco assolutamente usare dei sinonimi, come "altrimenti", "in caso contrario", "oppure".
Se proprio dovessi scegliere opterei per la forma univerbata sennò: da una parte segue la tendenza attuale (buona, per una volta!) all’univerbazione di sintagmi costituenti un’unità semantica a sé (menomale, vabbè, casomai, ecc.); dall’altra permette una distinzione (certamente superflua) tra sennò (altrimenti) e se no (contrario di se sí).