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Morte avversara, poi ch'io son contento - Dino Frescobaldi

Testo:

Morte avversara, poi ch’io son contento
di tua venuta, vieni,
e non m’aver, perch’ io ti prieghi, a sdegno,
né tanto a vil perch’ io sia doloroso.
Ben vedi che di piagner non allento,
e tu mi ci pur tieni
segnato del tuo nero e scuro segno,
però che sai che ’l viver m’è noioso.
Io son sicuro, e fui già pauroso,
di doverti veder, crudele, in faccia;
ed ora, se m’abraccia
da tua parte il pensier, il bascio in bocca.
. . . . [-occa]
Amor per quella che meco s’adorna,
e dicendo va e torna
infin che[d] io ragioni un poco a lui;
poi ne verrà costui - insieme ed ella,
e l’un per servo e l’altra per ancella.
Morte, lo giorno ch’io gli occhi levai
a quella che’l disio
naturalmente mi formò entro al core,
compita, al mio disio, d’ogni biltate,
immantinente ch’io la risguardai,
nello ’ntelletto mio
contento fue lo spirito d’amore
sol di veder la sua nobilitate.
Ma la sua nova e salvaggia etate,
crudele e lenta contro a mia fermezza,
per la sua giovinezza
m’ha tempo, in vanità girando, tolto.
Né io mi son però a dietro vòlto;
ma con quel lume ch’io l’accesi al viso,
mi son piangendo miso
a dir sì basso a la sua grande altura,
che, se [a] merzede giuvinetta e fera,
[l]i sdegni vinca l’umile manera.
Io la trovai della mia mente donna
così subitamente
come Natura mi die’ sentimento,
e canoscenza Amore ed intelletto,
poi gli occhi miei, quando la fecior donna,
sì amorosamente
guardaro in lei, veggendo a compimento
ogni beltate senza alcun difetto,
che li condusse a pianger lo diletto
sì dolcemente, che la vita aperse
e lo cor non sofferse.
Diedersi a pianger, veggendo la vista
ch’i’ ho perduta, e ciascun ora acquista
sì leggermente com’ i’ daria ’l sangue,
onde notrica l’angue
ch’alla punta del cor Amor mi tene,
[s]e[d] io potessi ben - vedere un’ora
come la mente mia quando l’adora!
La mente mia, trafitta e dirubata
da’ ladri miei pensieri,
che m’han promesso il tempo e non atteso,
veggendosi così distrutta, piange;
e la speranza vede scapigliata
sopra ’l disio ch’ieri
d’angoscia cadde tramortito e steso,
né far li può sentire Amor che ’l tange.
E se Pietà ch’agli occhi mi ripiange
di quella natural mi contradice
. . . . [-ice]
io sarò più possente d’ella, intanto
ch’un’ora, nel mio pianto,
mi manderò diritto al cor la spada:
ov’io sog[g]iacerò una volta morto,
poiché vivendo ne fo mille a torto.
Morte, a cui dico? Donna mi disdegna,
né la vita mi vale,
sì m’e rivolto, ciò ch’io chieg[g]io, incontra;
e la cagion qual sia no·lla vi celo:
i’ ho seguito Amor sott’ una insegna,
provando bene e male,
e tutte cose mi son sute contra
poi ch’io vidi a madonna il bruno e ’l velo.
Par che ’nfluenza di malvagio cielo
irasse il tempo e la sua giuventute,
tollendole salute,
acciò ch’un’ora ben no·ll’incontrasse.
Ma se Natura o Dio considerasse
li sofferenti, come far solea,
beato quel sarea
ched e’ potesse tanto ben pensare
quant’ al levar - del vel mi daria ’n sorte
colui ch’è scarso sol di darmi morte.



Parafrasi

O Morte, crudele nemica, poiché  sono contento che tu venga a me, vieni, e non sdegnarti con me perché ti prego, e non ritenermi vile perché mi lamento. Ben vedi come io non cesso di piangere, e tu continui a tenermi in vita, con impresso il tuo scuro segno, perché sai quanto mi è duro vivere. Io ora non ho paura, come prima. di doverti vedere in faccia, o crudele; e ora, se il pensiero di te mi sorprende, io lo abbraccio e lo bacio sulla bocca.
[...] Amor parlando della donna che per me si fa bella, va e torna nella mia mente, finché io non ragioni un poco con lui; così questi due [Amore e Morte] verranno insieme, l'uno come servo, l'altra come ancella.
Morte, il giorno in cui alzai gli occhi verso colei che naturalmente formò nel mio cuore desiderio, piena d'ogni beltà, non appena la guardai, nel mio intelletto fu felice lo spirito d'amore, solo al vedere la sua nobiltà. Ma la sua età giovane e ribelle, crudele e cauta contro la mia fedeltà, per la sua giovinezza mi ha fatto perdere tempo in vane speranze. Né per questo mi sono rivolto al passato, ma, con quella luce che si accese in me nel vederla, mi sono messo piangendo a dire, dalla mia umiltà alla sua altezza, che se lei giovinetta era sdegnosa, la mia umile implorazione l'avrebbe vinta.
Io la trovai signora della mia mente con la stessa rapidità con cui la Natura mi diede la sensibilità e Amore conoscenza e intelligenza. Poiché i miei occhi, quando la resero mia signora, la mirarono con tanto amore, vedendo in lei la bellezza compiuta e perfetta, che la felicità li indusse a piangere sì dolcemente che la mia vita si dischiuse e il cuore non soffrì. Gli occhi si misero a piangere vedendo il suo dolce aspetto che io ho perduto e che ognuno ora percepisce tanto facilmente: come darei il sangue di cui si nutre il serpente che Amore mi tiene alla punta del cuore se potessi veder[la] un'ora sola come si trasforma nella mia mente quando la pensa!
La mente mia, trafitta e derubata dai miei ladri pensieri, che mi han promesso un tempo felice e non hanno mantenuto, vedendosi così ingannata, piange; e vede distrutta la speranza di quel desiderio che ieri cadde ferito d'angoscia, e non può nemmeno fargli sentire Amore che lo tocca. Morte, a chi parlo? La mia donna mi disprezza, e la vita non mi importa più, tanto mi si è rivoltato contro quello che io chiedo; e non vi nascondo la causa: ho seguito Amore in una sola persona, provocando bene e male, e tutto mi è stato contro da quando vidi madonna portare il velo nero. Sembrò che influenza di una stella maligna funestasse il tempo propizio e la sua giovinezza togliendole salute, perché non avesse un'ora sola di felicità. Ma se la Natura o Dio considerassero chi soffre come solevano, sarebbe beato chi potesse pensare tanta felicità, quanta potrebbe darmene, quando la donna si togliesse il velo, Amore, avaro solo nel darmi la morte.



Commento

Non ha grandi pregi stilistici questa canzone, ma il suo linguaggio ha una drammaticità che pone quasi a confronto i temi tradizionali della nobiltà e della bellezza con un più nuovo sentimento del dolore. Si sente, in Dino, la volontà di affrontare la materia dello Stilnovo con immediatezza, senza aiuto di filtri letterari; un atteggiamento psicologico più libero rispetto alle convenzioni di una scuola; il bisogno, infine, di porre accanto all'immaginato, il vissuto. Interessante è, in questa luce, il sentimento drammatico della giovinezza che traspare dalla canzone.



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