Nel castello di Atlante si attua un incontro scontro con la realtà che dà impulso al movimento narrativo del poema, come avveniva del resto nei poemi e nei romanzi cavallereschi medioevali. La caratteristica del castello di Atlante è la staticità, il fermarsi del tempo e ogni possibile dilatarsi dello spazio d'avventura, c'è un via vai di cavalieri, chiusi ciascuno nella follia esclusivista del proprio sogno, che li rende impermeabili l'uno all'altro (anche se Ariosto dà la colpa al mago). Questo castello rappresenta la non vita, il luogo della fissazione.
Commento:
Il castello di Atlante ha in sé un incantesimo più complesso: è luogo di apparizioni che riflettono ed estrinsecano delle oscillazioni (l'amata rapita che chiede aiuto) attraverso le quali viene sofferto l'irreale, mentre il reale non viene percepito o sembra rimosso. Così i cavalieri che passano accanto sono visti ma del tutto trascurati; ognuno di loro si lamenta di un furto subito ad opera del mago, ma non parla al vicino, chiuso e fisso com'è nell'ossessione del proprio desiderio o del proprio sogno; mentre la falsa Angelica che chiede aiuto diventa per Orlando l'unica realtà e ragione di vita. Il senso di irrealtà e solitudine è paradossalmente aumentato dal ricco addobbo di arazzi, di tappeti, letti ornati d'oro e di seta della stanza: uno sforzo vano per quel luogo disabilitato.
I cavalieri si muovono con avanti indietro labirintico come una vacua simulazione della vita. Il movimento assomiglia in qualche modo al roteare irreale dell'ippogrifo precedente, ma ora è applicato direttamente ai cavalieri impegnati in prima persona nell'incantesimo che si può dire lo subiscono e allo stesso tempo lo producono.
Il castello diviene così metafora trasparente dell'interiorità del vano affannarsi del desiderio sempre insaziato d'una sfuggente felicità e diviene il luogo di questa trama egoistica che solo ciascuno nel proprio sogno nel vano errabondo cammino del giudizio umano ingannato dalle sollecitazioni dei sensi e dall'apparenza.
Questo castello tiene lontano dalla vita che riflette la chiusura di ciascuno nel proprio egoismo che impedisce il contatto reale con gli altri e con le cose. Nella storia di Orlando questa fissità, conseguente al sogno incubo che provoca la partenza precipitosa da Parigi segno che le apparizioni fra dentro e fuori il castello proseguono e si ripropongono è l'anticamera della follia, cioè della solitudine e dell'incomunicabilità totale. All'evasione del piacere subentra, per sorta di logico sviluppo, la prigionia della passione, che moltiplica l'animo nel loro cerchio incentrato e estraneo dalla realtà.
Commento:
Il castello di Atlante ha in sé un incantesimo più complesso: è luogo di apparizioni che riflettono ed estrinsecano delle oscillazioni (l'amata rapita che chiede aiuto) attraverso le quali viene sofferto l'irreale, mentre il reale non viene percepito o sembra rimosso. Così i cavalieri che passano accanto sono visti ma del tutto trascurati; ognuno di loro si lamenta di un furto subito ad opera del mago, ma non parla al vicino, chiuso e fisso com'è nell'ossessione del proprio desiderio o del proprio sogno; mentre la falsa Angelica che chiede aiuto diventa per Orlando l'unica realtà e ragione di vita. Il senso di irrealtà e solitudine è paradossalmente aumentato dal ricco addobbo di arazzi, di tappeti, letti ornati d'oro e di seta della stanza: uno sforzo vano per quel luogo disabilitato.
I cavalieri si muovono con avanti indietro labirintico come una vacua simulazione della vita. Il movimento assomiglia in qualche modo al roteare irreale dell'ippogrifo precedente, ma ora è applicato direttamente ai cavalieri impegnati in prima persona nell'incantesimo che si può dire lo subiscono e allo stesso tempo lo producono.
Il castello diviene così metafora trasparente dell'interiorità del vano affannarsi del desiderio sempre insaziato d'una sfuggente felicità e diviene il luogo di questa trama egoistica che solo ciascuno nel proprio sogno nel vano errabondo cammino del giudizio umano ingannato dalle sollecitazioni dei sensi e dall'apparenza.
Questo castello tiene lontano dalla vita che riflette la chiusura di ciascuno nel proprio egoismo che impedisce il contatto reale con gli altri e con le cose. Nella storia di Orlando questa fissità, conseguente al sogno incubo che provoca la partenza precipitosa da Parigi segno che le apparizioni fra dentro e fuori il castello proseguono e si ripropongono è l'anticamera della follia, cioè della solitudine e dell'incomunicabilità totale. All'evasione del piacere subentra, per sorta di logico sviluppo, la prigionia della passione, che moltiplica l'animo nel loro cerchio incentrato e estraneo dalla realtà.