Il pessimismo pirandelliano è netto e senza possibilità di riscatto. L’individuo è portato dal suo raziocinio a crearsi delle certezze per reagire al fluire della vita e al potere del caso, ma per questo tentativo, dice Pirandello, è come voler “cavar sugo dalle rape”. L’impossibilità di rendere prevedibile l’imprevedibile, predeterminabile il casuale, assoluto il relativo, non può che portare a una perenne inquietudine e all'inevitabile “scacco”. Il pessimismo nasce dall'impossibilità dell’uomo di conoscere se stesso e la realtà in cui è inserito e, perfino, di comunicare con chi gli è vicino. Oltre all'illusoria folgorazione di libertà, che non può che essere la fugace sensazione di un’istante, non c’è la sconfitta inevitabile a cui è destinato ciascuno. La sconfitta può essere diversa nella forma, ma immediabile e travolge non solo l’individuo, ma anche tutti i miti e i valori della società.