I geosinonimi sono quelle parole che hanno lo stesso significato ma che variano da zona a zona.
A questo proposito, Emilio Peruzzi in un suo saggio intitolato Una lingua per gli italiani ha scritto che la nostra lingua ha <<un vocabolario nazionale per discutere dell'immortalità dell'anima, per esaltare un tramonto, per sciogliere il lamento su di un amore perduto>> ma è priva di <<un vocabolario comunemente accettato e univoco per parlare delle mille e piccole cose della vita di tutti i giorni, quali sono per esempio le stringhe delle scarpe>> chiamate con il nome di aghetti, legacci, legaccioli, lacci, laccetti e lacciuoli secondo il territorio in cui si adoperano.
Il fenomeno di questa ricca sinonimia regionale è talmente vasto che c'è una disciplina specifica, l'onomasiologia, che studia i vari modi con cui nelle diverse regioni si definiscono cose e concetti.
Sappiamo così che la forma del pane allungato si chiama sfilatino a Roma, spoletta a Firenze, filoncino altrove; la gonna in Romagna e in Toscana si chiama sottana; l'appartamento in Toscana e Trentino si chiama quartiere, nel sud quarto o quartino; gli emiliani preferiscono calzetti a calzini, i toscani calzerotti, i romani pedalini e così via... dato che se ne possono fare molti altri di questi esempi.
La lotta tra geosinonimi, osserva Gianni Papini, è spesso risolta dai cataloghi commerciali: grazie a questi il milanese tapparella si è imposto su serranda e avvolgibile; lavandino ha prevalso su lavabo e acquaio; vasca ha fatto dimenticare tinozza e bagnarola.
A questo proposito, Emilio Peruzzi in un suo saggio intitolato Una lingua per gli italiani ha scritto che la nostra lingua ha <<un vocabolario nazionale per discutere dell'immortalità dell'anima, per esaltare un tramonto, per sciogliere il lamento su di un amore perduto>> ma è priva di <<un vocabolario comunemente accettato e univoco per parlare delle mille e piccole cose della vita di tutti i giorni, quali sono per esempio le stringhe delle scarpe>> chiamate con il nome di aghetti, legacci, legaccioli, lacci, laccetti e lacciuoli secondo il territorio in cui si adoperano.
Il fenomeno di questa ricca sinonimia regionale è talmente vasto che c'è una disciplina specifica, l'onomasiologia, che studia i vari modi con cui nelle diverse regioni si definiscono cose e concetti.
Sappiamo così che la forma del pane allungato si chiama sfilatino a Roma, spoletta a Firenze, filoncino altrove; la gonna in Romagna e in Toscana si chiama sottana; l'appartamento in Toscana e Trentino si chiama quartiere, nel sud quarto o quartino; gli emiliani preferiscono calzetti a calzini, i toscani calzerotti, i romani pedalini e così via... dato che se ne possono fare molti altri di questi esempi.
La lotta tra geosinonimi, osserva Gianni Papini, è spesso risolta dai cataloghi commerciali: grazie a questi il milanese tapparella si è imposto su serranda e avvolgibile; lavandino ha prevalso su lavabo e acquaio; vasca ha fatto dimenticare tinozza e bagnarola.