Osservate queste due frasi:
Marcus est iratus (Marco è arrabbiato). Livius deridet Marcum (Livio deride Marco). |
Marco in italiano è uguale in tutti e due gli esempi; in latino invece troviamo.
Marcus in funzione di soggetto. Marcum in funzione di complemento oggetto. |
Il nome latino aveva terminazioni diverse secondo le diverse funzioni: negli esempi sopra riportati la terminazione -us ci dice che Marco è soggetto, la terminazione -um che è oggetto.
Dalle parole Livius deridet Marcum possono uscire le seguenti combinazioni:
Livius deridet Marcum Livius Marcum deridet Marcum deridet Livius Marcum Livius deridet deridet Livius Marcum deridet Marcum Livius |
Queste sei frasi non creano confusione in latino, perché la terminazione in -us indica il soggetto e quella in -um l'oggetto. In tutte e sei le frasi dunque Livio e Marco mantengono i loro ruoli distinti. In italiano invece possiamo dire soltanto:
Livio deride Marco. |
perché se cambiamo l'ordine delle parole:
Marco deride Livio. |
cambia anche il significato della frase.
Come mai questa differenza? Il motivo sta nel fatto che quella m di Marcum che indicava l'oggetto era talmente debole (quasi un soffio nasale) che pian piano cadde e si ebbe Livius deridet Marcu. Più tardi cominciarono a cadere a poco a poco anche le altre consonanti finali per cui
Livius deridet Marcum. |
diventò
Liviu deride Marcu. |
Liviu e Marcu diventarono quindi uguali (più tardi la u si trasformò in o). Le funzioni del soggetto e dell'oggetto vennero allora affidate non più alla terminazione ma all'ordine delle parole nella frase. E quest'ordine in italiano è generalmente:
SOGGETTO: | Livio |
VERBO: | deride |
OGGETTO: | Marco |
Senza la disposizione delle parole in quest'ordine, non potremmo capire il senso della frase.
Osserviamo ora questi esempi:
Marcus cantat Marcum videt poter Marci scribit Marco | = Marco canta = vede Marco = padre di Marco = scrive a Marco |
Il nome Marcus si presenta in questi esempi latini con varie terminazioni secondo le diverse funzioni che compie:
Marcus Marcum Marci Marco | (soggetto) (oggetto) (specificazione) (termine) |
L'insieme di queste terminazioni o casi (in latino erano sei) si chiama declinazione.
Ebbene, con la caduta della consonante finale e il passaggio di -u in -o, le funzioni di soggetto, oggetto e termine erano espresse da un'unica forma, Marco, che assorbì piano piano anche le altre terminazioni; la declinazione latina scomparve e il nome si fissò nella sola forma: Marco.
Le frasi sopra riportate diventarono quindi: Marco canta, Marco vede, padre Marco e scrive Marco.
Esclusa Marco canta, le altre frasi erano però poco comprensibili.
A evitare confusione, per indicare la funzione espressa in latino dalle terminazioni o casi (-us, -um, -i, -o) si ricorse allora all'articolo e alle preposizioni (de, ad), mai usate in tal senso, che diedero poi origine ai nostri costrutti.
Ecco alcuni esempi di latino medievale:
vuni de Francia = vino di Francia dico ad Marcu = dico a Marco |
Resti dell'antica declinazione latina sono rimasti in italiano in alcuni pronomi:
LATINO | FUNZIONE | ITALIANO |
ego me mihi tu te | soggetto oggetto termine soggetto oggetto | io = io non lo vedo me = chiami me? mi = non mi parla tu = tu non c'eri te = cerca te |
Cade la -m, nasce l'italiano
Il soggetto in latino si chiama nominativo.
Il nominativo, o caso del soggetto, termina in latino in molti modi, l'accusativo, o caso dell'oggetto, termina quasi sempre in -m.
Dall'accusativo, per la caduta della -m (o di altra consonante finale), sono nate le parole italiane.
Ecco nella tabella sotto alcuni esempi:
NOMINATIVO | ACCUSATIVO | ITALIANO |
aquila nidus manus liber donum leo index series | aquilam nidum manum librum donum leonem indicem seriem | aquila nidu poi nido manu poi mano libru poi libro donu poi dono leone indice serie |
Le nostre parole in -o (nido, mano, libro ecc.) nell'italiano antico terminavano ancora in -u. Questa forma in -u è tuttora visibile in molti documenti dell'antico italiano. Il Cantico delle creature di san Francesco (1182-1226) inizia con:
Altissimu, onnipotente, bon Signore...
Nello stesso cantico troviamo:
nullu (nullo, nessuno) | bellu (bello) |
dignu (degno) | celu (cielo) |
ellu (ello, esso) | focu (fuoco) ecc. |
La terminazione in -u è viva ancora oggi nel sardo e in molti dialetti centro-meridionali:
primu (primo) | bonu (buono) |
acitu (aceto) | vecchiu (vecchio) |
donu (dono) | ottu (otto) |
filu (filo) | medicu (medico) |
spusu (sposo) | templu (tempio) |
bellu (bello) | longu (lungo) |
Come potete osservare, i nomi latini in accusativo, caduta la consonante finale, possono terminare in:
A. aquilam, coronam, teneram ecc. U. nidum, donum, corpus ecc. E. leonem, seriem, lumen ecc. |
sono i tre gruppi in cui si dividono i nomi italiani:
A. aquila, corona, tenera ecc. O. nido, dono, corpo ecc. E. leone, serie, lume ecc. |
Il plurale italiano dei nomi in -a e in in -o continua quello latino:
aquilae = aquile | nidi = nidi |
I nomi latini in -e (leonem) avevamo il plurale in -es (leones). Con la caduta della consonante finale singolare e plurale diventavano uguali: leone. Per evitare confusioni, pian piano il plurale dei nomi in -e fu attratto dal plurale dei nomi in -o, per cui si ebbero le forme italiane:
leone (singolare) | leoni (plurale) |
Solo l'italiano e il rumeno hanno derivato il plurale dal nominativo plurale latino; le altre lingue neolatine hanno mantenuto la s dell'accusativo plurale latino:
latino | campos |
italiano | campi |
rumeno | cimpi |
francese | champs |
spagnolo | campos |
portoghese | campos |
Molte parole nel passaggio dal latino all'italiano pur essendo rimaste immutate nella forma hanno però cambiato completamente significato.
Ecco alcuni esempi.
UNA VOLTA | OGGI |
villaus (contadino) | villano (maleducato) |
imbecillus (debole) | imbecille (stupido) |
salarium (razione di sale) | salario (stipendio, paga) |
paganus (paesano) | pagano (non cristiano) |
domus (casa) | duomo (chiesa principale) |
senior (anziano) | signore (uomo, ricco, padrone) |
Come mai? Le ragioni di questo cambiamento sono da cercarsi nella storia del costume e della civiltà: villanus era l'abitante della villa o casa di campagna, quindi il contadino, che veniva, sempre ritenuto dagli abitanti di città come persona ignorante e rozza; imbecillus (da in = senza e baculum = bastone) era chi non aveva appoggio, quindi debole; salarium indicava la razione di sale che venca data a ciascun soldato, alla qualse si aggiunsero poi l'olio, il vino e il grano e infine il denaro corrisponde al costo delle vettovaglie; paganus era l'abitante del pagus (paese, villaggio): siccome il cristianesimo si diffuse prima nelle città, i pagani erano i non cristiani delle campagne; domus (= casa) diede origine dei fedeli) da cui il nostro duomo; senior era il comparativo di senex (= vecchio) e significava quindi più vecchio da cui il significato di uomo anziano.