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Novelle per un anno, Pirandello

Riassunto generale:
Luigi Pirandello, cominciò molto presto a scrivere racconti: già nel 1884, quando l'autore diciassettenne, uscì su un periodico il suo primo, breve bozzetto siciliano, Capannetta; l'ultima novella, Effetti d'un sogno interrotto, uscì sul Corriere della Sera nel dicembre 1936, due giorni prima che Pirandello morisse.
Scrisse in tutto 246 racconti, via via pubblicati su periodici e giornali diversi (preferibilmente dal 1909 in avanti sul Corriere della Sera). A un certo punto (1922) pensò di raccogliere quei racconti in un corpus unitario, che titolò Novelle per un anno.

Il titolo ci rivela l'intento di Pirandello di scrivere 365 novelle, una per ogni giorno dell'anno, suddividendole in 24 volumi: uno schema di sintesi che derivava dalle grandi raccolte medievali (come le novelle arabe delle Mille e una notte o il Decameron di Boccaccio) e che voleva suggerire l'idea di una perpetua narrabilità della vita umana. Questo progetto non fu realizzato; il crescente successo dei suoi lavori teatrali orientò infatti Pirandello, dal 1916-17 in poi, a comporre prevalentemente per le scene teatrali. Tuttavia non tralasciò mai del tutto la scrittura novellistica.

Le caratteristiche più evidenti delle novelle di Pirandello sono la brevità della narrazione, il piglio incalzante, l'essenzialità. I suoi racconti, del resto, nascevano per essere pubblicati su giornali e riviste, una destinazione che esigeva forte concisione espressiva. Il genere stesso della novella richiede ai narratori di concentrarsi su un caso singolare, eccentrico, su un unicum individuale, che attiri immediatamente l'attenzione. Ecco perché Pirandello prediligeva in particolare il genere della novella.
Più ancora del romanzo, con la sua misura lunga e articolata, il racconto gli consentiva infatti di fotografare i tanti frammenti della vita, gesti e destini molteplici, spesso casuali e incoerenti.

Sono famose le aperture improvvise delle novelle pirandelliane. La novella Pallottoline! comincia così: Ventotto agosto. Benone!. la novella Ma non è una cosa seria comincia così: Perazzetti? No.
Si potrebbe continuare con gli esempi. Gli attacchi di Pirandello tendono a spiazzare il lettore: un massimo di oggettività apparente (il fatto sembra accadere proprio lì, davanti a chi legge) viene combinata con informazioni ridotte al minimo (quel fatto è inesplicabile). Sembra che il narratore non sappia che cosa sta per accadere e che cosa dovrà raccontare; dunque sul lettore si rovescia una massa disordinata di informazioni: solo dettagli di primo piano, di cui nulla o quasi si capisce, perché gli sfugge la prospettiva più ampia.
Anche la presentazione degli antefatti è assai diversa dalle ordinate ricapitolazioni della narrativa tradizionale. Nelle novelle di Pirandello il passato riemerge per spezzoni e nel bel mezzo dell'azione, quasi fossero i personaggi, e non lo scrittore, a chiarirsi faticosamente le idee sulla vita e sul mondo.

Tutto ciò ci dice che Pirandello rifiuta l'onniscenza del narratore tradizionale, padrone del prima e del dopo, del come e del perché. Sceglie piuttosto una visuale soggettiva, il sapere scarso e confuso del personaggio; narra di sbieco, senza motivare adeguatamente reazioni e conseguenze, perciò le sue vicende risultano imprevedibili. la sua vena una visuale multi-prospettica, come se fossero in tanti (i personaggi) a narrare, e non uno solo (l'autore): in tal modo si frantumano i punti di vista e il lettore non si raccapezza più.

Pirandello supera così nettamente il Realismo e il Verismo ottocenteschi. Se la narrativa realistica, da Balzac a Flaubert a Verga, evidenziava un unico punto di vista, da cui tutto prende senso, Pirandello vuole invece denunciare l'ambiguità e l'irrazionalità del reale. Viene meno perciò, in lui la fedeltà al vero ed esplode l'assurdo: è il trionfo del relativismo.



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